Mimesi: differenze tra le versioni

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Il concetto antico di mimesi comincia ad essere messo in discussione a partire dal '700 con la scuola empiristica inglese di Edmund Burke che rifiuta che la mimesi possa riguardare la poesia che si riferisce ai sentimenti e alle emozioni. Per Rousseau tutta l'arte va ricondotta nell'ambito dei sentimenti e delle passioni. Nella letteratura tedesca da F.G. Klopstock e Novalis a E.T.A. Hoffmannla la forza della poesia si basa essenzialmente sull'immaginazione. Kant infine anticipa le tesi romantiche elaborate dai fratelli Schlegel fino a W. von Humboldt e a J.G. Fichte, svalutando nella Critica del giudizio del tutto il concetto di mimesi perché nell'"arte bella" non ci sono regole e imitatori poiché il genio è la felice sintesi di immaginazione e intelletto, di spontaneità e regole non scritte, per cui l'artista gode di un'assoluta libertà creativa dove l'intelletto è presente ma non più come costrizione razionale, come avviene nel campo della conoscenza, ma come capacità di realizzare l'opera secondo il proprio naturale gusto estetico.
 
Nel XX secolo sul principio dell'imitazione sono state composte importanti opere tra cui quelle di E.[[Erich Auerbach]], sulla mimesi in letteratura <ref>In particolare, Auerbach ha dedicato alla questione il più famoso dei suoi scritti, ''[[Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale]]'' ([[1946]]), che si apre con il confronto tra la rappresentazione del mondo nell'[[Odissea]] e nella [[Bibbia]], per arrivare, attraverso l'analisi di varie opere, alla letteratura europea del XX secolo, con ''To the Lighthouse'' (''[[Gita al faro]]'') di [[Virginia Woolf]].</ref>, e di R. Arnheim, E.H. Gombrich e N. Goodman, sulla mimesi nelle arti figurative.
 
==Note==