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Il primo è uno strumento [[idiofono]] proveniente dall'[[Antico Egitto]] ed era sacro alla dea [[Iside]], la quale si credeva fosse l'inventrice dello strumento. In [[Mesopotamia]] poteva essere di forma trapezoidale o quadrata e presentava l'immagine del Dio raffigurata sul manico. È uno strumento in metallo, con una parte a forma di ferro di cavallo, con un manico e delle aste, perciò il suono viene prodotto scuotendo il sistro. Il numero e lo spessore delle lamelle flottanti ne definisce e caratterizza l’altezza e l’intensità del suono; un suono che resta comunque - come in molti altri analoghi strumenti a sonagli - indeterminato, e cioè senza una precisa connotazione tonale. Si hanno notizie di sistri utilizzati in cerimonie già nella Bibbia ([[Vecchio Testamento]]) e prima ancora nella civiltà Egizia (era l’antico “seshesh”, di chiara origine [[Onomatopea|onomatopeica]]) da dove sembra sia stato importato in [[Palestina]] e successivamente in Grecia.
Questo strumento compare anche nella poesia di [[Giovanni Pascoli]], ''[[L'assiuolo]],'' nella poesia di [[Eugenio Montale]], ''Debole sistro al vento'' di ''[[Ossi di seppia]]
== Secondo caso ==
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