Disobbedienza civile: differenze tra le versioni

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L'obiettivo di chi attua questa [[strategia]] di lotta è quello di evidenziare, mediante la propria disobbedienza, l'ingiustizia, a suo avviso palese, della norma di legge e le conseguenze che essa comporta. In seguito a un atto di disobbedienza civile, come per ogni violazione di legge, segue il relativo accertamento in sede penale; nell'ambito del processo, gli esponenti di questo tipo di lotta possono perciò proseguire la propria azione politica, denunciando pubblicamente i motivi per cui ritengono errata la legge che contestano.
 
In ogni caso la disobbedienza civile non può considerarsi una motivazione attenuante o esimente rispetto alla sanzione penale, che deve necessariamente seguire l'avvenuta violazione di legge, fino all'eventuale cambiamento della legge stessa; ma ciò solo se si considera la "ragion di stato" come istanza superiore a quella della coscienza dell'individuo. Se invece si parte dal presupposto che lo [[statoStato]] è una costruzione umana, che non è infallibile, e che è diritto dovere dei cittadini di vigilare affinché esso non abusi del suo potere, allora, in questa prospettiva la disobbedienza civile appare salvifica e meritoria.
 
== Cenni storici ==
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Uno dei primi testi che proponeva la disobbedienza civile come efficace metodo di contrasto della tirannia fu il [[Discorso sulla servitù volontaria]] di [[Etienne de La Boétie]], composto attorno al [[1550]].
 
[[Henry David Thoreau]] con il saggio ''[[Disobbedienza civile (saggio)|Disobbedienza civile]]'' (''Civil Disobedience'') datato [[1849]] fu il primo a parlare di disobbedienza civile in un'opera che ispirò successivamente [[Mahatma Gandhi|Gandhi]]. Negli Usa i diritti civili dei neri, pur concessi sulla carta, sono stati resi effettivi solo dalle campagne di disobbedienza civile di massa degli [[anni 1960|anni sessanta]] del novecento. L'emancipazione nazionale indiana non sarebbe stata possibile senza le azioni di disobbedienza civile di [[Gandhi]], che parlava anche di resistenza civile. Lo stesso Gandhi affermava: "noi cessiamo di collaborare coi nostri governanti quando le loro azioni ci sembrano ingiuste. Questa è la resistenza passiva".<ref>M.K. Gandhi - "Teoria e pratica della non violenza" ed. Einaudi- pag.&nbsp;14.</ref>
 
In Italia ebbe una buona notorietà il saggio del [[1965]] ''L'obbedienza non è più una virtù'' di [[Don Lorenzo Milani]], che appoggiava l'[[obiezione di coscienza]] contro il servizio militare.
 
Uno dei massimi analisti (oltre che fautore) della disobbedienza civile contemporanea è lo storico radicale americano [[Howard Zinn]]. Nella sua celebre raccolta di saggi ''Disobbedienza e democrazia'', egli ci ricorda come "È giusto disobbedire a leggi ingiuste, ed è giusto disobbedire alle sentenze che puniscono la violazione di quelle leggi" <ref>Howard Zinn, "Disobbedienza e democrazia", ed. Il saggiatore, pag. &nbsp;236</ref>. Nello stesso testo l'autore ci mostra poi, con resoconti e testimonianze, come molti diritti civili negli Usa siano stati conquistati solo con la disobbedienza: le stesse giurie, chiamate dallo stato a giudicare i disobbedienti, pronunciavano verdetti di assoluzione (''jury nullification''), dopo essere state sensibilizzate dalla disobbedienza civile stessa, a dimostrare che l'obiezione di coscienza può essere più importante della ragion di stato.
 
Fra gli esponenti politici che si sono resi attivamente partecipi di campagne di disobbedienza civile, in Italia sono particolarmente noti gli attivisti del [[Partito Radicale (Italia)|Partito Radicale]], a partire dal leader [[Marco Pannella]] e da [[Emma Bonino]], i quali hanno utilizzato questa forma di lotta per affermare il diritto all'[[aborto]] e la diffusione dell'[[antiproibizionismo]], in particolare in materia di legalizzazione delle droghe leggere. La disobbedienza civile è invocata dal movimento [[NO TAV]] in [[Val di Susa]].