Confederazione Generale del Lavoro: differenze tra le versioni

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Sul piano sindacale, con il [[Patto di Palazzo Vidoni]] del 2 ottobre [[1925]], la [[Confederazione generale dell'industria italiana|Confindustria]] ed il [[Confederazione nazionale delle corporazioni sindacali|sindacato fascista]] si leggitimarono reciprocamente quali unici rappresentanti di capitale e lavoro<ref>[http://www.archivionline.senato.it/scripts/GeaCGI.exe?REQSRV=REQPROFILE&REQCARDTYPE=24&ID=1692124 Archivio Storico CGIL Nazionale]</ref>. Infine con la legge n. 563 del 3 aprile [[1926]], si stabilì che soltanto i sindacati fascisti, potevano essere "legalmente riconosciuti", fu istituita una speciale Magistratura per la risoluzione delle controversie di lavoro e si cancellò il [[diritto di sciopero]].
Il 21 aprile [[1927]] fu approvata la '''Carta del Lavoro''' dove sono contenuti i principi sociali del [[fascismo]], la dottrina del [[corporativismo]], l'etica del [[sindacalismo fascista]] e la [[politica economica fascista]].
Il 4 gennaio del [[1927]], in seguito ai provvedimenti emessi dal fascismo, il vecchio gruppo dirigente della CGdL, tra [[Ludovico D'Aragona]], che era stato Segretario generale dal 1918 al 1925, e [[Rinaldo Rigola]] decise l’auto-scioglimento dell’organizzazione<ref>[http://www.archivionline.senato.it/scripts/GeaCGI.exe?REQSRV=REQPROFILE&REQCARDTYPE=24&ID=1692124 Archivio Storico CGIL Nazionale]</ref>.
La loro decisione fu fermamente osteggiata dai comunisti e dai socialisti di sinistra, [[Bruno Buozzi]], Segretario generale dal 1925, ricostituì la '''CGdL''' nel febbraio [[1927]] a [[Parigi]].
Nello stesso mese a [[Milano]], i comunisti diedero vita, seppur clandestinamente, alla loro '''Confederazione Generale del Lavoro'''.
Pertanto fino alla caduta della dittatura fascista, convissero due CGdL: una di ispirazione riformista e l'altra comunista.
 
Conclusosi il periodo in cui fu Segretario il socialista [[Ludovico D'Aragona]], all’inizio del [[1927]], alcuni dirigenti socialisti riformisti della Confederazione Generale del Lavoro (CGL) decisero l’auto-scioglimento dell’organizzazione. Ritenevano che l’affermazione del [[regime fascista]] impedisse la libera attività sindacale. La loro decisione fu fermamente osteggiata dai comunisti e dai socialisti di sinistra, che cercarono di mantenere in vita, seppur clandestinamente, la vecchia Confederazione sindacale. L’iniziativa ebbe una vita faticosa, sia a causa della repressione fascista sia a causa delle giravolte dell’[[Internazionale comunista]] (IC) che, nel [[1929]], con la tattica del socialfascismo, indusse i militanti comunisti italiani a operare nei sindacati fascisti e, nel [[1935]] (VII Congresso dell’IC), con la tattica del [[Fronte popolare]], spinse per la riconciliazione con il sindacalismo riformista, nella prospettiva dell’unità sindacale, da realizzarsi con la caduta del regime fascista. Quando avvenne, nell’estate [[1943]], la situazione sociale in Italia era assai tesa e impedì ai partiti democratico-borghesi, verso i quali convergeva il [[Partito Comunista Italiano]] di [[Palmiro Togliatti]], di prendere in mano la situazione.
 
=== Il periodo bellico ===