Apprendimento della seconda lingua: differenze tra le versioni

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Lo studio dei fattori interni al discente nel SLA riguarda primariamente l'istanza: "In che modo il discente ottiene [[competenza]] nella lingua di arrivo?". In altre parole, dati input ed istruzione efficace, con quali risorse interne il discente tratta questo input per produrre un'interlingua governata da regole?
 
=== Ricerche sul periodo critico ===
Si è dibattuto a lungo su come i bambini acquisiscano la propria lingua nativa e a quale livello ciò debba essere preso in considerazione nei metodi di insegnamento della lingua straniera. Sebbene le prove relative al declino dell'abilità di apprendimento della seconda lingua siano controverse, è convinzione comune che i bambini imparino la seconda lingua facilmente, mentre discenti d'età maggiore raramente raggiungono la piena fluidità nel parlare. Questa supposizione ha dato origine a dei dibattiti sul cosiddetto [[periodo critico]]. Originariamente [[Lenneberg]] tracciò nel [[1967]] il periodo critico per l'apprendimento della lingua nativa. Ci sarebbero anni in cui il nostro cervello è in grado di acquisire grammatiche mentali (2-12 anni). In seguito l'interesse è dirottato verso gli effetti dell'età nell'apprendimento della seconda lingua (SLA). Le teorie sul SLA illustrano i processi d'apprendimento e indicano dei fattori per un possibile periodo critico relativo al SLA, tentando in particolar modo, attraverso lo studio dei meccanismi [[psicologia|psicologici]], di dare spiegazione alle diverse attitudini di bambini e adulti, che intraprendono distinti percorsi di apprendimento. I risultati delle ricerche non sono stati univoci: alcune hanno concluso che i bambini in periodo pre-puberale apprendono la lingua facilmente, altre che il vantaggio spetta ai discenti d'età maggiore, mentre altre ancora si sono focalizzate sull'esistenza o meno di un periodo critico per il SLA. Studi recenti hanno riconosciuto che certi aspetti del SLA possono essere influenzati dall'età, mentre altri rimangono indipendenti da essa. L'obiettivo di questo studio è di verificare se la capacità di imparare nuovi vocaboli decresce con l'avanzare dell'età o meno.
 
Prima di prendere in esame degli studi empirici può essere utile rivedere le principali teorie sul SLA e le loro conclusioni circa le differenze nell'apprendimento dovute all'età del discente. Le teorie di Penfield e Roberts (1959) e di Lenneberg (1967), le più riduzioniste, sono fondate su studi su danni cerebrali: dei bambini che riportano lesioni prima della pubertà generalmente ristabiliscono e continuano a sviluppare le capacità di linguaggio, mentre è raro che degli adulti si rimettano completamente. Entrambe le teorie convergono sul fatto che i bambini hanno un vantaggio neurologico nell'apprendere le lingue e che la pubertà coincide con un punto di svolta in tale abilità, e affermano che l'apprendimento avviene principalmente, forse esclusivamente, durante l'infanzia, poiché oltrepassata una certa età il cervello perde plasticità e diviene rigido, influenzando negativamente le capacità di adattamento e riorganizzazione e rendendo quindi ostico l'apprendimento di una seconda lingua.
Penfield e Roberts sostengono che i bambini al di sotto dei nove anni sono in grado di imparare fino a tre lingue: l'esposizione precoce a lingue diverse stimola un riflesso nel cervello che permette loro di passare da una lingua ad un'altra senza difficoltà o necessità di elaborare traduzioni. Lenneberg afferma che se superata la pubertà non si è ancora imparata alcuna lingua, essa non può in seguito venire appresa normalmente in un modo funzionale. Egli supporta inoltre la tesi di Penfield e Roberts circa la presenza di alcuni meccanismi neurologici che sarebbero responsabili del cambiamento nelle abilità di apprendimento della lingua dovuto all'età. Ciò, secondo Lenneberg, coincide con la lateralizzazione del cervello e la specializzazione nel linguaggio dell'emisfero sinistro, che hanno luogo intorno ai tredici anni: le abilità motorie e linguistiche si sviluppano contemporaneamente, ma entro tale soglia d'età queste funzioni si separano e si radicano in diversi emisferi cerebrali, rendendo particolarmente difficile l'apprendimento del linguaggio. Lenneberg, inoltre, si basò sullo studio del recupero del linguaggio da parte di soggetti cerebrolesi. Affermava e dimostrava che nonostante le lesioni alle aree cerebrali del linguaggio, il bambino più è piccolo, più aumenta la probabilità che recuperi pienamente l'uso del linguaggio, mentre gli adolescenti in maniera molto inferiore. L'attività inconscia diminuisce notevolmente molto inferiore.
 
Dall'analisi di [[bambini ferini]] si sono raccolte prove che vanno a sostegno della teoria di un periodo critico determinato biologicamente. Una delle maggiori fonti di evidenza del periodo critico, proviene dallo studio dei bambini selvaggi, bambini che hanno vissuto dalla nascita in una forma di segregazione sociale. Un esempio classico è ''[[Genie (bambina ferina)|Genie]]'', una bambina che ha vissuto senza alcuna interazione sociale da un anno d'età alla sua scoperta, quando aveva ormai tredici anni (età post-puberale): la bambina non aveva sviluppato alcuna lingua, e dopo sette anni di riabilitazione non raggiunse ancora la competenza linguistica. Un altro caso preso in considerazione è ''Isabelle'', che è stata imprigionata con la madre sordomuta fino a sei anni e mezzo (età pre-puberale): neanche ''Isabelle'' aveva appreso una lingua, ma, a differenza di ''Genie'', acquisì velocemente le normali abilità di linguaggio attraverso una sistematica assistenza specialistica. Un altro caso molto noto è Victor, il bambino selvaggio dell'Aveyron, trovato all'età di 11-12 anni. Fu preso sotto le cure di Itard, medico presso la scuola per i sordi. Dopo l'intenso addestramento, Itard, riuscì a far riemergere le capacità cognitive e sociali del bambinbambino. Per quanto riguarda il linguaggio, riuscì solamente ad acquisire pochi vocaboli.
 
Studi di questo genere sono comunque problematici, dal momento che l'isolamento può essere causa di ritardi mentali o disturbi emozionali, che possono mettere in discussione le conclusioni tratte nell'ambito linguistico.
 
Altre ricerche hanno messo in discussione l'approccio biologico: Krashen (1975), rianalizzando dati clinici utilizzati come prove, giunse alla conclusione che la specializzazione cerebrale si verifica molto prima di quanto calcolato da Lenneberg - se il periodo critico esistesse realmente, quindi, esso non coinciderebbe con la lateralizzazione. Ciononostante, indipendentemente dalle problematiche connesse alle prove originarie addotte da Lenneberg e laalla dissociazione del fenomeno di lateralizzazione con quello del periodo critico, quest'ultimo rimane un'ipotesi plausibile nella spiegazione delle discrepanze sussistenti tra l'apprendimento della lingua nativa e quello di una seconda lingua, ipotesi tra l'altro sostanziata da studi seguenti.
 
In opposizione agli studi di natura biologica, l'approccio comportamentale indica che le lingue vengono apprese come qualsiasi altro comportamento, ossia attraverso il [[Condizionamento (psicologia)|condizionamento]]. [[Burrhus Skinner|Skinner]] (1957) ha descritto minuziosamente come il condizionamento operante, attraverso l'interazione, sviluppa delle connessioni con l'ambiente e poi, come anche esplicato da Mowrer (1960), esso applichi le idee all'acquisizione della lingua. Mowrer ha inoltre ipotizzato che la lingua viene imparata per mezzo di un'imitazione gratificata dei ‘modelli'modelli della linguàlingua' (che per essere tali devono avere un rapporto emozionale con il discente), poiché l'imitazione apporta delle sensazioni piacevoli che fungono da [[rinforzo]]. Dal momento che nel corso della vita vengono continuamente stabilite nuove connessioni tra il comportamento e l'ambiente, è possibile sviluppare nuove abilità, tra cui l'apprendimento di una lingua, in qualsiasi età.
 
Allo scopo di fornire una spiegazione per le differenze di apprendimento rilevate tra bambini ed adulti, Felix (1985) afferma che i bambini, i cui cervelli creano innumerevoli nuove connessioni ogni giorno, potrebbero gestire il processo di apprendimento della lingua molto più efficacemente degli adulti. Tale ipotesi, ad ogni modo, rimane indimostrata, e non è ritenuta una spiegazione affidabile in questo ambito. Tra le perplessità connesse alla metodologia comportamentale, oltre al fatto che alla sua base giace la supposizione, non comprovata, che l'apprendimento verbale avvenga attraverso lo stesso processo di quello non verbale, vi è, come notato da [[Pinker]] (1995), l'evidenza che quasi ogni frase espressa è una combinazione di parole originale, mai pronunciata precedentemente: di conseguenza l'apprendimento della lingua non può consistere solamente di composizioni di parole imparate attraverso la ripetizione e il [[Condizionamento (psicologia)|condizionamento]], ma bisogna che nel cervello vi siano dei mezzi innati che permettano la composizione di un'infinita quantità di frasi a partire da un vocabolario limitato.