Biblioteca comunale Mozzi Borgetti: differenze tra le versioni

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'''LA STORIA'''
 
In seguito alla soppressione della [[Compagnia di Gesù]], il pontefice [[Papa Clemente XIV]], con breve del 15 dicembre 1773 concesse al Comune di [[Macerata]] il Collegio con la Libreria dei Gesuiti per formare una pubblica Biblioteca. Con un congruo sussidio di Papa Pio VI, propiziato dal cardinale Guglielmo Pallotta e con il sostegno di benemeriti cittadini il Comune poté dare alla Biblioteca sede confacente ed aumentare le raccolte librarie fra il 1784 e il 1787.
La biblioteca venne aperta agli studiosi il 31 marzo 1787. Per decreto di Gioacchino Murat, in data 19 marzo 1814, il fabbricato, già dei Gesuiti e le sue pertinenze passarono in piena e definitiva proprietà al comune.
Costituita inizialmente da circa 5000 volumi provenienti dal collegio gesuitico, dal lascito dell’avvocato Francesco Mornati e dalla pregevolissima collezione Mozzi, la Biblioteca si incrementò nel corso dell’800 con importanti donazioni tra cui, nel 1833, quella del Domenicano Tommaso Borgetti, con amministrazione separata alla “Mozziana” fino al 1855. Non mancarono lasciti di illustri maceratesi, fra i quali ricordiamo lo storico dell’arte Amico Ricci, di cui pervennero la ricca biblioteca e i manoscritti delle opere, con tutti i materiali di lavoro. Consistente l’apporto delle Biblioteche conventuali soppresse dopo l’Unità, da cui vennero incamerati 19000 volumi.
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La galleria traversa (Sala degli Specchi) al primo piano fu decorata a grottesche su progetto di Vincenzo Martini da Domenico Marzapani e Domenico Cervini. Sulle paraste lignee dipinte a mano sono da notare i sedici medaglioni opera del Martini con ritratti di filosofi e di uomini di Scienza: essi sottolineano il programma illuministico del primo bibliotecario, Bartolomeo Mozzi, che aveva prevista anche la creazione di un Museo universale donando una collezione di strumenti e di oggetti scientifici appartenuta al fratello Giuseppe.
Nella sequenza delle stanze il programma iconografico corrispondeva all’esigenza di indicare che lo studio delle scienze, “dissipando gradatamente le tenebre dell’ignoranza, dee tender principalmente a condur l’umano intelletto alla cognizione della vera e celeste sapienza”. Allo scopo, ci si ispirava all’Aurora di Guido Reni nelle prime due sale e si creava un’allegoria della Sapienza Divina nella terza stanza. L’entrata di quest’ultima, già Libreria del Collegio dei Gesuiti, è sovrastata da un fastigio, opera di Giuseppe Ciferri, con gli stemmi di Papa Pio VI, del cardinale Pallotta e della città. All’interno, gli arredi assai curati recano, sulla cimasa delle scansie, i busti a silhouette di sei papi e al centro delle pareti più lunghe due iscrizioni dedicate agli stessi protettori Pio VI e Guglielmo Pallotta.
Al centro di questa sala fu aggiunta, alla fine dell’Ottocento la scaffalatura lignea di Romolo Cappelloni decorata ad intaglio con lo stemma di [[Macerata]] fra due cornucopie destinata all’archivo priorale oggi all’Archivio di Stato.
 
'''LE RACCOLTE'''