Repubblica partigiana di Alba: differenze tra le versioni

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La guarnigione fascista lasciò Alba il 10 ottobre in colonna pressoché ordinata, in direzione nord, e senza lasciare le armi, inseguita solo da alcuni radi colpi di mortaio. Le [[Brigate Garibaldi]] (la VI divisione, e soprattutto la 48ª brigata, il comando più vicino alla città) non erano state avvertite dell'azione degli autonomi ed erano anche fermamente contrarie per ragioni tattiche e di opportunità, ritenendo il passo prematuro "data la scarsa possibilità di difendere Alba nel caso di un ritorno offensivo del nemico in forze" e ritenendo un grave errore aver consentito ai fascisti di lasciare il presidio "con tutte le armi ed il materiale, mentre vi era la possibilità di prendere prigionieri 300 alpini ed un armamento importante" (D. Masera, "Langa partigiana '43-'45", Guanda, Parma, 1971).
 
La conquista di Alba, sostanzialmente, aveva dunque per gli autonomi una valenza soprattutto politica e di prestigio, perché i comandanti mlitarimilitari partigiani erano consci di non avere la possibilità di tenere a lungo la città.
 
Il comando della piazza venne assunto dal ten. Carletto Morelli, comandante della Brigata Belbo della 2ª Divisione Langhe (autonomi), mentre per l'amministrazione civile venne costituito il CLN con membri scelti tra i maggiori esponenti politici locali. Di concerto con le autorità civili vennero regolamentate le requisizioni di generi alimentari, le officine meccaniche cominciarono a produrre armi, venne stampato il primo giornale di Alba libera (la "Gazzetta Piemontese"), le distillerie cominciarono a produrre alcool (come succedaneo degli scarsissimi carburanti) e venne perfino celebrato un matrimonio "senza la citazione di alcun codice civile" (D. Masera, "Langa partigiana '43-'45", Guanda, Parma, 1971).