Inferno - Canto tredicesimo: differenze tra le versioni

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Il canto si chiude con un verso lapidario, l'unico sulla biografia del dannato: "Io fei gibetto a me de le mie case", cioè "io feci la mia forca (gibetto è un francesismo da ''gibet'') nelle mie case", ovvero "mi impiccai in casa mia". La drammatica scena dell'appeso, anonimo come tanti fiorentini che in quegli anni di ''boom'' economico non stavano al passo e si toglievano la vita, è permeata del senso di solitudine del suicidio.
 
==Il contrapassocontrappasso==
I suicidi sono trasformati in piante, forma di vita inferiore, perché essi hanno rifiutato la loro condizione umana uccidendosi: perciò (per analogia) non sono degni di avere il loro corpo. Perfino dopo il Giudizio Universale essi saranno i soli a non rientrare nel proprio corpo, ma lo trascineranno e lo appenderanno ai loro rami. La questione del sangue e delle ferite è solo un accrescimento della pena o semmai va intesa come il fatto che essi, che versarono il proprio sangue, ora lo vedono versato per mano altrui.