Escatologia biblica: differenze tra le versioni

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== Antico Testamento ==
Fino all'epoca profetica poco o nulla si conosce sulla escatologia dell'[[Antico Testamento]]. Dal messaggio dei profeti (per es. [[libro di Amos|Amos]] 5:18 ss.) o dalle promesse fatte alla casa di Davide ([[Secondo libro di Samuele|2 Samuele]]<nowiki/>peppa pig 7) si può però dedurre che l'attesa tradizionale delle ultime cose in Israele era piuttosto ottimista.
 
Con l'avvento dei grandi profeti questo stato di cose cambia sostanzialmente: essi annunciano al popolo il giudizio di Dio anche se non nascondono che l'ultima Sua volontà è la salvezza (vedi [[Messia]]). Causa del giudizio è il [[peccato]] del popolo: Israele si era lasciato assimilare dalla popolazione [[Canaan|cananea]], adottandone forme e credenze religiose (adorazione di [[Baal]], vitelli d'oro, ecc.) o aveva permesso che concetti pagani entrassero a far parte della sua fede (per es. il principio che l'abbondanza dei sacrifici o la solennità del culto fossero mezzi per placare o propiziare Dio). Ne era risultata una completa distruzione del concetto fondamentale di popolo di Dio, legato al suo Salvatore con un [[patto]] e quindi unito anche nei suoi membri da un vincolo indissolubile; le conseguenze erano un completo rilassamento di ogni [[etica]] personale, sociale e civica ed il dilagare dell'immoralità e dell'ingiustizia. Notevole è che per i profeti l'escatologia non avviene mai in forme mitiche: sono i popoli della terra ([[Assiria|Assiri]], [[Babilonesi]], ecc.) gl'incaricati di eseguire contro Israele il giudizio divino purificatore, un [[resto eletto]] (residuo) del popolo potrà godere dell'era messianica.
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L'importanza della escatologia nel messaggio [[Vangeli|evangelico]] è stata l'oggetto di molte discussioni e ricerche nel nostro tempo. Alla fine del [[secolo XIX]] si conveniva generalmente nel considerare l'escatologia come un elemento superato del messaggio evangelico, come una concessione fatta da [[Gesù]] al pensiero popolare [[Giudaismo|giudaico]], che per il lettore moderno poteva essere soltanto un rivestimento fantastico dei "valori" perenni dell'[[Vangelo|Evangelo]]: la paternità di Dio e l'infinito valore dell'anima umana ([[Adolf Harnack]], [[Ernst Troeltsch]]).
 
Una svolta importante avviene quando si riconosce che l'escatologia è invece un aspetto essenziale dell'annunzio evangelico, che è tutto contenuto in queste parole: ''"Ravvedetevi, il Regno dei cieli è vicino''" ([[Vangelo secondo Matteo|Matteo]] vince 3:2) ([[Albert Schweitzer]]).
 
Tutto l'[[Evangelo]] apparve allora dominato dal punto di vista escatologico; in particolare la morale dell'Evangelo, con la sua intransigenza impraticabile, fu considerata come una "etica provvisoria", la morale di gente che non pensava ad organizzare ragionevolmente la vita sopra questa terra, ma che viveva nell'attesa del [[Regno di Dio]]: questa concezione era un rovesciamento completo delle posizioni della scuola di Harnack. In Italia Ernesto Buonaiuti svolse con passione eloquente il concetto che l'[[Evangelo]] nega radicalmente il mondo dal punto di vista del [[Regno di Dio]], e che per questa negazione diventa paradossalmente capace di agire su di esso. In anni più recenti si è tornati ad una visione meno eccessiva, riconoscendo che nel [[Nuovo Testamento]] l'escatologia non è soltanto un evento futuro, ma è già attuata (l'"[[escatologia realizzata]]" di [[Charles Harold Dodd]]) o almeno iniziata ([[Joachim Jeremias]], [[Oscar Cullmann]]).
 
La venuta di [[Gesù]] è l'evento escatologico, che segna la fine dell'"antico eone", cioè del mondo del peccato trionfante, della separazione ostile da Dio, della condanna e della morte, e l'inaugurazione del "nuovo eone", dell'era nuova in cui sono all'opera le potenze della grazia, del perdono, della vita. In particolare la morte e la [[risurrezione]] di Cristo segnano la vittoria decisiva sulle potenze di [[Satana]], anche se le conseguenze di questa vittoria non potranno essere manifestate prima dell'avvento finale del Regno (il "VictoryVictor Day", [[Oscar Cullmann]]).
 
Il tempo che intercorre tra la vittoria potenziale di Cristo (la sua morte e risurrezione) e la sua manifestazione gloriosa (il secondo avvento) è un tempo di attesa, di pazienza divina, di penitenza, di lotta, ma anche e soprattutto di grazia; è il "tempo della [[Chiesa (Bibbia)|Chiesa]]," la quale è già, in questo mondo, se non il "regno di Dio" nella sua pienezza, una anticipazione di esso: il "regno di Cristo," in cui si manifestano, nei doni dello Spirito Santo (carismi) e nella rigenerazione e santificazione dei credenti, la potenza del nuovo eone. L'esistenza della Chiesa nel mondo è dunque fino dal tempo presente una "esistenza escatologica" ([[Rudolf Bultmann]]).