Dramma della gelosia (tutti i particolari in cronaca): differenze tra le versioni

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== Trama ==
Buona parte del film rappresenta degli eventi ricostruiti sulla base delle testimonianze addotte a un processo, la causa del quale verrà chiarita solo alla fine. Oreste Nardi, muratore [[Roma|romano]] ormai maturo e un po' malridotto, comunista convinto, ad una [[Festa de l'Unità]] incontra e s'innamora, corrisposto, di Adelaide Ciafrocchi, una fioraia che ha un banco al [[cimitero del Verano]] a [[Roma]]. Tra i due nasce una passione di cui viene a conoscenza Antonia, la moglie di Oreste, molto più anziana di lui, che va per un chiarimento ad incontrare Adelaide, la quale malauguratamente la scambia per la mamma di Oreste. Ne nasce una zuffa e Adelaide finisce all'ospedale per la prima volta. Oreste, da buon attivista, partecipa ad una manifestazione del [[Partito Comunista Italiano|PCI]] dove viene manganellato assieme a Nello Serafini, un pizzaiolo [[Toscana|toscano]], di cui diventa amico e a cui incautamente fa conoscere Adelaide, che ben presto s'innamora, corrisposta, del toscano.

Nasce quindi una relazione a tre che Adelaide non riesce a risolvere poiché ama ambedue gli uomini. Adelaide, tormentata dai sensi di colpa, tenta il suicidio e così va in ospedale per la seconda volta, riuscendo però a salvarsi. La donna decide allora di abbandonare entrambi, e dietro consiglio di sua sorella Silvana, prostituta timorata di Dio, dà inizio a una relazione a scopo matrimoniale con un ricco e grossolano macellaio che però in seguito, nonostante le amorose premure di lui, abbandonerà. Infine la fioraia sceglie Nello, il giovane e attraente pizzaiolo con cui decide di sposarsi.

Nel frattempo Oreste ha perso il lavoro, e tenta con il malocchio orchestrato dagli zingari di riconquistare Adelaide, ma è tutto inutile. Oreste non ha più speranze, ormai sta perdendo il senno per la sua insana gelosia, e conduce una vita da barbone per sopravvivere. Proprio mentre dorme rifugiato nei Mercati generali, passano in auto Adelaide e Nello che vanno a sposarsi; costretti a fermarsi da Oreste che li ha riconosciuti e che vorrebbe partecipare al loro matrimonio, i due promessi sposi tentano di fuggire ma l'auto non si avvia. Ne nasce una violenta rissa, nella quale Oreste, armato di una cesoia, colpisce involontariamente Adelaide che va definitivamente, per la terza volta, in ospedale ormai morta. Il processo, quindi, verteva sull'omicidio preterintenzionale della donna da parte di Oreste. Quest'ultimo verrà condannato a soli sette anni, essendo riconosciuta l'attenuante della seminfermità mentale; dopo aver scontato la sua pena, finirà a vagabondare per la città, ormai uscito completamente di senno, impegnato in immaginarie conversazioni con l'amata Adelaide, convinto di averla per sempre al suo fianco.
 
== Critica ==
Ancora un film della cosiddetta "[[commedia all'italiana]]" che fin dal titolo, caratteristico degli articoli di cronaca giornalistica riguardanti drammi passionali, s'inserisce nel filone con personaggi tratti dalla subcultura popolare fatta di fotoromanzi e canzonette con in più il tentativo, non riuscito, di riallacciarsi ai film del neorealismo italiano inserendo nella storia un accento critico alla società del benessere degli anni [[1970|'70]] italiani. Sono evidenti i riferimenti a film che sfruttano la stessa atmosfera [[melodramma]]tica e [[proletariato|proletaria]]<ref>''È difficile viaggiare in questa doppia dimensione: la drammatica materialità di una condizione di povertà e il regno fantastico dell'immaginario di consumo furono il miracolo riuscito di [[Federico Fellini]] con [[Lo sceicco bianco]]. Ma è anche il prodigio di questo film, pieno di citazioni di «Roma popolare e democratica» come un comizio del Pci a San Giovanni e una [[festa de l'Unità]].'' ([[Walter Veltroni]] da ''Certi piccoli amori. Dizionario sentimentale di film'', [[Sperling & Kupfer|Sperling & Kupfer Editori]], Milano, 1988)</ref> ma con minore efficacia nel film di Scola, autore di una regia non particolarmente efficace ed originale<ref>''Due righe su un film reazionario, realizzato da tre geni "del monopolio della risata" (Scola, Age e Scarpelli. [I protagonisti] Parlano come caroselli e fumetti o con fraseologie contestatarie e politiche da cellula di borgata, mirano al modo di vivere e pensare borghese solo caricaturandolo, credono di vivere "grandi passioni" (che sono invece, come è noto, proprietà privata dei ricchi anche quelle e non s'addicono al volgo), si muovono disordinatamente come scarafaggi nell'immondizia, si mettono le dita nel naso...'' ([[Goffredo Fofi]] da [[Quaderni Piacentini]], n. 41, 1970)</ref>.
 
Viene riproposto anche qui l'accompagnamento alle vicende con un'interpretazione canora dei protagonisti come nel film "[[Straziami, ma di baci saziami]]" di [[Dino Risi]], con la novità di un testo elaborato ad hoc per gli interpreti. I protagonisti della storia appaiono disegnati con tratti eccessivi nella loro caratterizzazione: Marcello Mastroianni, per la prima volta diretto da Scola, appare stralunato e agitato, Monica Vitti, al suo ventiduesimo film, ormai ripete le movenze dei suoi tipici personaggi ingenui e insicuri. Si sente l'assenza dei grandi caratteristi che davano tono e colore ai film della commedia all'italiana. Neanche l'interpretazione di Giancarlo Giannini, giovane interprete finora di film ispirati a canzonette, appare di rilievo anche se da adesso verrà considerato un attore comico<ref>''Gli interpreti sono Monica Vitti, nelle enfasi, nelle iterazioni, nelle pittoresche stramberie della fioraia innamorata come l'eroina di un rotocalco da strapazzo; Marcello Mastroianni, tornato a ricalcare con successo le orme di certi suoi personaggi ormai lontani (quello dei [[I soliti ignoti|Soliti ignoti]], ad esempio, quello di [[Peccato che sia una canaglia]]); anche se sarebbe stato più plausibile senza quel trucco da [[memorie dal sottosuolo]] o da Tragedia della miniera. Il suo rivale è Giancarlo Giannini, stralunato e toscaneggiante quel tanto che il carattere voleva.'' ([[Gian Luigi Rondi]] da [[Il Tempo]], 1º maggio 1970)</ref>.