Riforma cluniacense: differenze tra le versioni

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In questo senso il movimento cluniacense si poneva nel solco della tradizione che si era espressa nello [[Pseudo-Isidoro]] (prima metà dell'[[VIII secolo]]), una raccolta ({{citazione necessaria|in parte composta da materiale falsificato}}) di decreti, decisioni sinodali, lettere papali, che si riproponeva di rafforzare la posizione dei vescovi soprattutto rispetto al potere secolare, insistendo sull'idea di un papato forte, nel quale si vedeva la migliore garanzia, in particolare per le diocesi più piccole.
 
Con il [[secolo XI]], ed in particolare sotto l'abate Odilo, si verificò nella riforma cluniacense una svolta riguardo alla politica ecclesiastica.
Essa ebbe origine dalla frequente presenza di monaci cluniacensi a [[Roma]], dove il problema non era tanto l'ingerenza da parte delle autorità secolari, quanto un papa che, pur capo spirituale della Chiesa, non era per nulla libero dai condizionamenti del potere laico: in particolare l'elezione del papa era, di fatto, in mano all'aristocrazia romana, oltre che soggetta ad altre influenze extraecclesiastiche di vario genere. La lotta contro queste interferenze, contro la [[simonia]] e il [[Nicola di Antiochia|nicolaismo]] mutò la natura della riforma: l'opera di [[Umberto di Silvacandida]], di [[papa Alessandro II|Anselmo da Lucca]] e di [[Papa Gregorio VII|Gregorio VII]] fecero sì che il pensiero cluniacense esercitasse una profonda influenza sulla [[Riforma gregoriana]].