Il peccato degli anni verdi: differenze tra le versioni

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|titoloitaliano = Il peccato degli anni verdi
|titolooriginale = Il peccato degli anni verdi
|paese = [[Italia]]<ref>Non riconosciuto tale dalla commissione di revisione cinematografica</ref>
|paese = [[Italia]]
|titoloalfabetico= Peccato degli anni verdi, Il
|annouscita = [[1960]]
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Così Elena decide di partorire da sola e crescere il bambino con l'aiuto di sua madre.
 
== Produzione ==
Il soggetto del film arrivò a Leopoldo Trieste in modo del tutto fortuito. In un bar di [[Pisa]], in compagnia di [[Totò]] e [[Gino Cervi]] durante la pausa della lavorazione del film ''[[Il coraggio]]'' gli si avvicina una ragazza, Lucia, che chiede un autografo "all'autore Trieste, non all'attore". Decisa inoltre a confidare una storia da lei vissuta, la storia di un assegno. Trieste le chiese il permesso di trarre da quella storia un soggetto cinematografico, proponendole inoltre di dividere a metà il guadagno prodotto da esso.<ref>[http://www.ilcorto.it/pdf/EtaOro6064.pdf Il peccato degli anni verdi] in ''L'età dell'oro'', p. 85-87 </ref>
 
Il produttore [[Carlo Ponti]] era intenzionato a dare il ruolo da protagonista a [[Jacqueline Sassard]], mentre il regista aveva scelto [[Carla Gravina]].
 
== Film apolide ==
La commissione di revisione cinematografica nega al film il certificato di nazionalità italiana, come da legge, poiché oltre i due terzi dei protagonisti è di nazionalità non italiana. Ritrovandosi di fatto un film apolide gli vengono negati tutti i benefici legislativi previsti, figurandosi verso gli esercenti un invito alla non distribuzione, avendo così una distribuzione estremamente limitata.<ref>[[il manifesto]] del 18 agosto 2002</ref><ref>[http://cortoin.screenweek.it/archivio/cronologico/2014/07/il-peccato-degli-anni-verdi_1960.php Il peccato degli anni verdi_1960] su Corto in corto - Lezioni gratuite per fare cinema</ref>
 
== Critica ==
{{Citazione|Al film sono, forse, di nocumento il modo di prendere un po' troppo alla lontana la storia vera e propria (il sotterfugio a cui ricorre l'autore per dare l'avvio, ci è apparso un po' troppo arzigogolato e meccanico) e una certa tendenza alla divagazione. Ma, come s'è detto, oltre ad aver centrato il problema, Trieste ha avuto momenti particolarmente felici: come nel dialogo tra la protagonista e la madre, come negli episodi che rivelano alla ragazza l'impossibilità morale di stringere un nodo definitivo senza possedere l'amore totale, esclusivo, del probabile futuro coniuge, che accetta solo perché pressato dai genitori. Un'opera, dunque, malgrado i suoi difetti, intelligente, polemica, coraggiosa, che torna ad onore del commediografo che debuttò con successo nell'ormai remoto 1946.|[[Gaetano Carancini]] su [[La Voce Repubblicana]], 22 gennaio 1961}}
 
{{Citazione|Un piccolo melodramma piuttosto scontato se non nella conclusione, sicuramente nello svolgimento: gli elementi anticonformistici (come la richiesta di risarcimento danni e la sospensione del matrimonio riparatore) vengono smorzati da una struttura poco compatta e da dialoghi privi di adeguata efficacia.|[[Paolo Mereghetti]] su ''Il Mereghetti''}}
 
== Note ==