Codice (diritto): differenze tra le versioni

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== Storia ==
Nel mondo antico, con già leIn [[Raccolteetà imperialiantica]], si afferma l'idea di codice come libro di leggi, raccolte dall'autorità in un insieme unitario, promulgato con un unico atto in un momento storico, reso coerente anche attraverso la manipolazione del materiale legislativo preesistente e naturalmente incluso, e per ciò stesso con carattere innovativo rispetto agli atti preesistenti in esso raccolti. Auna partiredelle dalopere [[XVIIpiù secolo]]famose sifu notail l'impiego[[codice di ''codice'' per designare non tanto il libro in cui il diritto è riordinatoHammurabi]], quantouno lodei stessopiù dirittoantichi nelle sue connotazioniesempi di unitario etesto ordinatonormativo.
Il vocabolo è molto antico, era già diffuso nel [[diritto romano]], benché con un'accezione diversa da quella moderna. ''Codex'', infatti, era originariamente il nome delle tavolette cerate su cui prendere appunti, connesse in modo da formare una sorta di primitivo bloc-notes. Il latino ''codex'' aveva proprio il significato generico di ''libro compatto cucito sul dorso, che si legge voltando le pagine''. La particolare forma fece sì che il termine si applicasse poi al vero e proprio libro rilegato, quando esso cominciò a contendere il campo al rotolo di [[papiro]] (''volumen''). Tuttora, nella [[filologia]] classica, il termine "''codice''" designa appunto un [[manoscritto]] confezionato in questa forma.
 
Il vocabolo è molto antico, era già diffuso nelNel [[diritto romano]], benchéil con un'accezione diversa da quella moderna.termine ''Codex'', infatti, era originariamente il nome delle tavolette cerate su cui prendere appunti, connesse in modo da formare una sorta di primitivo bloc-notes. Il latino ''codex'' aveva proprio il significato generico di ''libro compatto cucito sul dorso, che si legge voltando le pagine''. La particolare forma fece sì che il termine si applicasse poi al vero e proprio libro rilegato, quando esso cominciò a contendere il campo al rotolo di [[papiro]] (''volumen''). Tuttora, nella [[filologia]] classica, il termine "''codice''" designa appunto un [[manoscritto]] confezionato in questa forma. A partire dal [[XVII secolo]] si nota l'impiego di ''codice'' per designare non tanto il libro in cui il diritto è riordinato, quanto lo stesso diritto nelle sue connotazioni di unitario e ordinato.già con le [[raccolte imperiali]],
In campo giuridico, invece, almeno dal [[III secolo]] si assiste ad uno slittamento di significato dal contenente al contenuto.
 
L'ulteriore specializzazione del vocabolo è il risultato di un processo (ideologico, politico, nonché linguistico) destinato a compiersi nei primi decenni del [[XIX secolo]] in gran parte dell'[[Europa]] e nei paesi extraeuropei che essa influenza nelle strutture organizzative. Il codice nel periodo precostituzionale era concepito come un libro di regole giuridiche organizzate secondo un sistema, caratterizzato dall'unità di materia corrispondente ad un settore dell'organizzazione giuridica, vigente per tutta l'estensione geografica dello Stato, rivolto a tutti i sudditi (o soggetti all'autorità politica statale), voluto e pubblicato dall'autorità, abrogante tutto il diritto precedente contrastante, nonché destinato a lunga durata. Questa specializzazione corrisponde contemporaneamente alla nascita di nuove forme giuridico-amministrative alla base della Codificazione moderna, cioè la presentazione nei vari Stati dei diversi Codici: ''[[diritto civile|civili]], [[diritto penale|penali]], [[diritto commerciale|commerciali]], [[codice di procedura civile|di procedura civile]] e [[codice di procedura penale|di procedura penale]]''. Queste strutture organizzative complesse, i diritti codificati e i codici, con i loro nomi tecnici e con la loro "''cultura''", sono dotate di un elemento ideologico e di una filosofia operativa che le spiega e riflette.
È impossibile, in tema di cenni storici, non rammentare il [[codice di Hammurabi]], uno dei più antichi esempi di testo normativo.
 
Nel mondo antico, con già le [[Raccolte imperiali]], si afferma l'idea di codice come libro di leggi, raccolte dall'autorità in un insieme unitario, promulgato con un unico atto in un momento storico, reso coerente anche attraverso la manipolazione del materiale legislativo preesistente e naturalmente incluso, e per ciò stesso con carattere innovativo rispetto agli atti preesistenti in esso raccolti. A partire dal [[XVII secolo]] si nota l'impiego di ''codice'' per designare non tanto il libro in cui il diritto è riordinato, quanto lo stesso diritto nelle sue connotazioni di unitario e ordinato.
 
L'ulteriore specializzazione del vocabolo è il risultato di un processo (ideologico, politico, nonché linguistico) destinato a compiersi nei primi decenni del [[XIX secolo]] in gran parte dell'[[Europa]] e nei paesi extraeuropei che essa influenza nelle strutture organizzative. Il codice nel periodo precostituzionale era concepito come un libro di regole giuridiche organizzate secondo un sistema, caratterizzato dall'unità di materia corrispondente ad un settore dell'organizzazione giuridica, vigente per tutta l'estensione geografica dello Stato, rivolto a tutti i sudditi (o soggetti all'autorità politica statale), voluto e pubblicato dall'autorità, abrogante tutto il diritto precedente contrastante, nonché destinato a lunga durata.
 
Questa specializzazione corrisponde contemporaneamente alla nascita di nuove forme giuridico-amministrative alla base della Codificazione moderna, cioè la presentazione nei vari Stati dei diversi Codici: ''[[diritto civile|civili]], [[diritto penale|penali]], [[diritto commerciale|commerciali]], [[codice di procedura civile|di procedura civile]] e [[codice di procedura penale|di procedura penale]]''. Queste strutture organizzative complesse, i diritti codificati e i codici, con i loro nomi tecnici e con la loro "''cultura''", sono dotate di un elemento ideologico e di una filosofia operativa che le spiega e riflette.
 
== Caratteristiche ==