Pentecostalismo: differenze tra le versioni

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Un'apposita disposizione riguardava i pentecostali. Tale disposizione<ref>{{citazione necessaria|Prot. 600/158, Archivio di Stato serie PS GI busta 26 fasc. 299 1-c-z.}}</ref> – risalente al 9 aprile [[1935]] e a firma del sottosegretario all'interno [[Guido Buffarini Guidi]], controfirmata dal capo della polizia [[Arturo Bocchini]] – vietava il culto pentecostale in tutto il [[regno d'Italia|Regno]] in quanto «esso si estrinseca e concreta in pratiche religiose contrarie all'ordine sociale e nocive all'integrità fisica e psichica della razza».
 
In conseguenza a questa circolare avvennero molti arresti e invii al [[confino]] sia di semplici credenti sia di pastori pentecostali. Uno fra i più importanti, Roberto Bracco, fu arrestato diciassette volte. {{cn|Antonio Brunetti morì nel [[Campo di concentramento di Mauthausen-Gusen]].}}
 
Nel [[1953]], a dieci anni dalla caduta del fascismo e quasi a cinque dall'entrata in vigore della [[Costituzione della Repubblica Italiana]], il ministro dell'Interno [[Mario Scelba]] affermò in risposta ad un'interrogazione parlamentare che «l'esercizio del cosiddetto culto pentecostale non è ammesso in Italia». Tale disposizione fu dichiarata «non più in vigore» il 16 aprile [[1955]].<ref>Eugenio Stretti, ''Il movimento pentecostale. Le assemblee di Dio in Italia'', Roma, Claudiana, 1998 e [[Arturo Carlo Jemolo]], ''La libertà religiosa in Italia'', Roma, Nuovi argomenti, 2, 1953, pp. 45-46.</ref>