La Fornarina: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Botcrux (discussione | contributi)
Nessun oggetto della modifica
Riga 20:
Menzionato per la prima volta nella collezione di Caterina Nobili Sforza di Santa Fiora in una lettera del vice cancelliere Corasduz all'imperatore [[Rodolfo II]] del [[1595]], viene descritto come "una donna nuda ritratta dal vivo, mezza figura di Raffaele". Alla morte della contessa, nel 1605, raggiunge la collezione del genero Giovanni Buoncompagni, duca di Sora, dove è notato da [[Fabio Chigi]] che la definisce "non admodum speciosa". Fu acquistato poi dai [[Barberini]] ed è citato nei loro inventari a partire dal [[1642]]. Negli anni sessanta-settanta del Novecento venne trasferito per alcuni anni alla [[Galleria Borghese]]<ref name=D118>De Vecchi, cit., pagg. 198-199. Brown; Oberhauser (cit.), pag.39</ref>.
L'identità della modella è controversa. Prevale tuttora l'identificazione con [[Margherita Luti]], figlia di un fornaio di [[Trastevere]] in contrada Santa Dorotea, che sarebbe stata in quel periodo la donna amata da Raffaello e passata quindi alla storia col nome di "Fornarina".<ref>L'appellativo deriva dal romanesco "fornaro" corrispondente all'italiano "fornaio"</ref> È bene notare, tuttavia, che {{Citazione|[i]l nome di fortuna con cui [il quadro] è stato battezzato non è attestato prima del diciottesimo secolo e deriva dalla didascalia aggiunta in calce a un'incisione degli anni settanta del Settecento|Bette Talvacchia, ''Raffaello'', Londra, Phaidon, 2007, pagg. 122 e 126}}
Inoltre ada inizio Ottocento quattro diversi ritratti erano noti come ''Fornarina'': questo di Raffaello, la cosiddetta ''Fornarina della Tribuna degli Uffizi'' (oggi attribuita a [[Sebastiano del Piombo]]), la ''[[Dorotea (Sebastiano del Piombo)|Dorotea]]'' dello stesso Sebastiano ede una copia di quest'ultima sita in Verona<ref>David Alan Brown; Konrad Oberhuber, cit., pag. 41 con rinvio alla traduzione italiana della monografia di Quatremère de Quincy curata da Francesco Longhena, ''Istoria della vita e delle opere di Raffaello Sanzio da Urbino'', Milano, Sonzogno, 1829, pagg. 190-193 osservazioni del Longhena nella lunga nota a piè di pagina che iniziacomincia a pag. 191</ref>.
Non è sicuramente documentabile, ma somiglianze nei lineamenti del volto ([[fisiognomica]]) hanno accreditato l'ipotesi che Raffaello abbia usato la stessa modella in varie opere, qualicome il ''[[Trionfo di Galatea]]'', ''[[La Velata]]'' o la ''[[Madonna Sistina]]''<ref name=F134>Franzese, cit., pag. 134.</ref>. La critica rimane oggi divisa, specie nel raffronto con ''La Velata'' e la ''Madonna Sistina''. Ad esempio l'Acidini Luchinat parla in proposito di "gentile leggenda", affermando che "L'immagine si collega in realtà ada una serie di bellezze muliebri ideali, raffigurate da Raffaello nell'arco della sua attività artistica"<ref>Acidini Luchinat, cit., pag. 28</ref>. Tom Henry e Paul Joannides<ref>Accademici britannici e commissari della mostra dedicata alla pittura degli ultimi anni del Raffaello, svoltasi presso il [[Museo del Prado|Prado]] (12 giugno - 16 settembre 2012) ede il [[Museo del Louvre|Louvre]] (11 ottobre 2012 - 14 gennaio 2013)</ref> reputano impossibile che i due quadri, vale a dire ''La Velata'' e ''La Fornarina'', possano essere dello stesso artista foss'anche in momenti distinti del suo sviluppo stilistico. {{Citazione|Il y a des similitudes - petit menton, yeux bruns et nez assez long -, mais les yeux paraissent plus grands et les oreilles ont une autre forme. S'il s'agit de la même femme, sa nudité et son bracelet la rattachent directement à Vénus, incarnation de l'amour, et à Raphaël, mais les deux oeuvres sont si différentes qu'il nous paraît impossible d'y voir la main du même artiste, même à des dates différentes". "Ci sono delle somiglianze - mento piccolo, occhi castani e naso piuttosto lungo - ma gli occhi appaiono più grandi e le orecchie hanno una forma diversa. Se questa è la stessa donna, la nudità e il braccialetto la riportano direttamente a Venere, incarnazione dell'amore, e a Raffaello, ma le due opere sono così diverse che ci sembra impossibile vedervi la mano dello stesso artista, anche se in tempi diversi"|Tom Henry; Paul Joannides, cit., pag. 290}}
Occorre, tuttavia, distinguere le due tesi: la prima, concerne la diversa identità del modello della ''Velata'' e della ''Fornarina''; la seconda, concerne la diversa identità del pittore, Raffaello per la ''Velata'' e Giulio Romano per la ''Fornarina''<ref>Tom Henry; Paul Joannides, cit., pag. 282</ref>.
Sulle orme di [[Giovanni Morelli]] e, più tardi, di [[Konrad Oberhuber]], la prima tesi sembra vincere l'adesione anche di chi propende per l'autografia della Fornarina. Sulla seconda tesi, invece, il dibattito rimane ancora molto aperto. Infatti, l'attribuzione del dipinto a Raffaello è oggetto di discussione sin dal 1799<ref>[http://www.beniculturali.it/mibac/multimedia/MiBAC/minisiti/fornarina/menu.html La Fornarina. Analisi di un dipinto/Attribuzione]</ref>. Sembra prevalere sin qui l'ipotesi che si tratti di un lavoro a più mani secondo la prassi della bottega romana di Raffaello<ref>Campbell;Cole, cit., pagg. 393 e 656</ref>. In proposito, la critica è divisa sulla presenza di un intervento di [[Giulio Romano]]: alcuni critici enfatizzano il ruolo dell'allievo di Raffaello, mentre altri lo considerano marginale<ref>Per un chiarimento dei termini della disputa è utile riferirsi a: [[Cecil Gould]], ''Raphael versus Giulio Romano: the swing back'', The Burlington Magazine, vol. CXXIV, n°953, August 1982, pagg. 479-487</ref>.