Agostino Gallo (agronomo): differenze tra le versioni

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Costretto dalle abitudini dei librai veneziani l'autore bresciano amplia, per ripubblicarla, l'opera, che si converte prima nelle Tredici giornate, la cui seconda edizione porta un'appendice di sette giornate, che in un'edizione successiva sono ricomposte, nel [[1572]], secondo un piano espositivo nuovo, nelle Vinti giornate. La discutibile correttezza dei librai veneziani ha obbligato l'autore a ristrutturare l'opera, nella versione definitiva un capolavoro che ripropone in veste originalissima tutto lo scibile agronomico.
 
Lo scibile agronomico di Gallo si fonda su quello dei grandi autori latini, in primo luogo di [[Lucio Columella]], il massimo agronomo dell'antichità, ma l'agricoltura che prende corpo nelle pagine dell'opera rinascimentale è radicalmetne diversa da quella del mondo latino, è la nuova agricoltura irrigua della [[Valle padana]], l'agricoltura in cui l'acqua spezza la sovranità del frumento inserendo nella rotazione le foraggere che consentono il più ricco allevamento, l'allevamento da cui derivano i formaggi Piacentini e Lodesani, gli antenati del [[Parmigiano Reggiano]]. È l'agricoltura in cui hanno conquistato il proprio posto, nei campi lombardi, il mais, pianta americana, il riso, coltura araba proveniente dall'[[Andalusia]], il [[gelso]], destinato al [[baco da seta]], una coltura fino a pochi decenni prima siciliana e calabrese, di cui Gallo comprende per primo le straordinarie potenzialità nel pedecollina prealpino.
 
Autentico teorico delle nuove colture foraggere, Gallo propone la prima analisi razionale della tecnologia casearia lombarda, la tecnologia del formaggio grana, una tecnologia unica nel vastissimo panorama caseario europeo.