Metodo (filosofia): differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
FrescoBot (discussione | contributi)
m Bot: sintassi dei link e modifiche minori
Riga 28:
[[Cartesio]] nel suo ''[[Discorso sul metodo]]'' enuncia sinteticamente le quattro regole del suo metodo: non prendere per vero se non quello che appare chiaro e distinto alla nostra mente, scomporre con l'analisi il problema da risolvere nelle sue parti più semplici e risalire con la sintesi alle nozioni più complesse e infine la verifica da realizzare con l'[[enumerazione (matematica)|enumerazione]] (controllo dell'analisi) e la revisione (controllo della sintesi).
 
Sebbene Cartesio indicasse solo nell'analisi la «''vera via attraverso la quale una cosa è stata metodicamente e come a priori scoperta''»<ref>Cartesio, ''Meditazioni metafisiche'', 1641, Seconde Risposte</ref> e giudicasse secondario l'utilizzo negli argomenti metafisici del metodo sintetico-euclideo, invece negli ambienti cartesiani si sviluppò la tendenza ad estendere il metodo sintetico a ogni aspetto della filosofia così come indicava [[Louis Mayer]] nella sua prefazione alla dimostrazione geometrica delle prime due parti dei ''Principi di filosofia'' (1644), opera cartesiana che sarà pubblicata nel 1663 da Spinoza, che applicherà proprio quel metodo sintetico-euclideo nell' [[Ethica]] ''more geometrico demonstrata'' (post. 1677).
 
Una certa fortuna ebbe nella Germania del XVIII secolo il metodo geometrico che [[Christian Wolff (filosofo)|Wolff]] tentò di applicare ai più diversi aspetti del sapere sino a quando con [[John Locke]] il metodo di analisi delle idee descritto nel ''Saggio sull'intelletto umano'' (1690) diviene il punto di riferimento della filosofia che si rifaceva così al metodo sperimentale. Infatti Locke confermava la convinzione del razionalismo cartesiano che attribuiva carattere di verità assoluta alle conoscenze geometriche-matematiche e [[logica formale|logiche formali]] ma escludeva che queste connessioni tra le idee volessero poi dire conoscere la realtà:
Riga 34:
Esiste dunque una verità come connessione di idee, e una verità dove le idee corrispondono alla realtà: questa verità non è più assicurata dal razionalismo di tipo cartesiano ma deve essere messa al vaglio dell'esperienza.
 
[[Immanuel Kant]] però contesterà che il metodo euclideo possa valere per una metafisica che pretenda di presentarsi per certezza di conoscenza come una scienza analoga alla fisica galileiano-newtoniana poiché «''le definizioni filosofiche non sono che esposizioni di concetti dati, mentre quelle matematiche sono costruzioni di concetti originariamente foggiati''», le prime si originano «''analiticamente, per scomposizione (senza certezza apodittica della loro compiutezza), le seconde, invece, sinteticamente''», con la conseguenza che «''in filosofia non è lecito prendere a modello la matematica, muovendo dalle definizioni, tranne che a titolo di esperimento''»<ref>I.Kant, ''Critica della ragion pura'', (1781), ''Dottrina trascendentale del metodo'', cap. I, sez I</ref>.
 
==Età contemporanea==
Riga 44:
 
Il [[Circolo di Vienna]] nel XX secolo s'incaricherà di elaborare un metodo scientifico parte integrante della nuova [[filosofia della scienza]] che dovrà analizzare le trasformazioni concettuali derivate dalle scoperte della [[fisica quantistica]] e relativistica, dallo studio dei fondamenti della matematica e sul ruolo [[assioma]]tico della logica formale per cui la filosofia scientifica:
{{Quote|...è empiristica e neopositivistica: si dà solo conoscenza empirica, basata sui dati immediati. In ciò si ravvisa il limite dei contenuti della scienza genuina. Secondo, la concezione scientifica del mondo è contraddistinta dall’applicazione di un preciso metodo, quello, cioè, dell’analisi logica <ref>H. Hahn - R. Carnap - O. Neurath, ''La concezione scientifica del mondo'', Laterza, Bari, 1979. (Manifesto del circolo di Vienna'', 1929)</ref>».}}
 
Ai principi espressi dal neopositivismo quali quello della verifica empirica di un'asserzione, dell'uso del metodo scientifico e dei procedimenti analitici basati sulla logica formale [[Karl Popper]] ha contrapposto la constatazione che la scoperta scientifica non avviene per un passaggio dalle osservazioni empiriche all'elaborazione della teoria ma dalla iniziale posizione di ipotesi che devono essere verificate dai fatti tramite tentativi di [[falsificazionismo|falsificazione]]. Questo vuol dire che «''la base empirica delle scienze oggettive non ha in sé nulla di "assoluto"''» date le caratteristiche di provvisorietà delle ipotesi scientifiche.
 
Dalle posizioni di Popper si è sviluppato nel secondo Novecento un dibattito teorico che in particolare con [[Thomas Kuhn]] che ha evidenziato come non possono indicarsi regole univoche per il metodo scientifico e come non sia possibile una definizione razionale e una commensurabilità delle teorie scientifiche: ne deriva così un antiempirismo per cui i cosiddetti "fatti" sono sempre «carichi di teoria» e i «paradigmi» scientifici in contrasto tra loro «ci dicono cose differenti sugli oggetti che popolano l’universo e sul comportamento di tali oggetti <ref>T. Kuhn, ''La struttura delle rivoluzioni scientifiche'' (1962)</ref>». Diventa perciò determinante per la conoscenza l'analisi della storia delle scienza mettendo da parte l'idea che vi sia un reale progresso scientifico. Con [[Paul Feyerabend]] la teoria di Kuhn viene estremizzata sino a sostenere una visione "anarchica" della conoscenza
{{Quote|La scienza è un'impresa essenzialmente anarchica: l'anarchismo teorico e umanitario è più aperto a incoraggiare il progresso che non le sue alternative fondate sulla legge e sull'ordine.<ref>P. Feyerabend, ''Contro il metodo: abbozzo di una teoria anarchica della conoscenza'', 1975 p.26</ref>}}
per cui ''anything goes'', «''qualsiasi cosa può andar bene''»<ref>P. Feyerabend, ''op.cit.</ref>poiché non vi è un'implicita razionalità nella scienza che tanto meno può presumere di prevalere su le altre attività dell'uomo.