Giorgio Pisanò: differenze tra le versioni

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Il 20 aprile 1945 raggiunse la Valtellina dove si stava organizzando il [[Ridotto Alpino Repubblicano]] e il 27 aggregato alla colonna guidata dal maggiore [[Renato Vanna]] della [[Guardia Nazionale Repubblicana di Frontiera]] ne condivise le vicende fino allo scioglimento.
 
Fu preso prigioniero dai partigiani il 28 aprile 1945 a Ponte Valtellina e imprigionato nel carcere di [[Sondrio]]<ref>{{cita|Pisanò Io fascista|p. 72}}</ref> dove documentò le fucilazioni dei propri compagni di prigionia presenti in quel momento nel carcere<ref>{{cita|Pisanò Io fascista|p. 83 e seguenti}}</ref> e che durarono fino al 13 maggio<ref>{{cita|Pisanò Io fascista|p. 96}}</ref> quando i [[carabinieri]] sottrassero i prigionieri ai partigiani<ref>{{cita|Pisanò Io fascista|p. 98}}</ref>. Dal 29 agosto al 26 ottobre 1945 rimase in prigionia nel [[Carcere di San Vittore|carcere milanese di san Vittore]]<ref>Paolo Leone, I campi dei vinti, Cantagalli editore, 2012, p 114</ref>. Fu poi trasferito nei campi di concentramento alleati [[Campo 'R']] di [[Terni]] e [[Rimini]] dove restò fino a novembre [[1946]].
 
Terminata la prigionia, raggiunse la famiglia, oramai stremata in seguito all'epurazione del padre, a Lucino. Per aiutare la famiglia iniziò l'attività di contrabbandiere fra Italia e Svizzera. Pisanò riscoprì la politica ed incontrò la professione della sua vita: il giornalismo.