Le castagne sono buone: differenze tra le versioni

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Carla ha una sorella, Teresa, che è il suo esatto contrario: assai disinibita, attrice di teatro sperimentale (durante una recita, lo spettacolo viene interrotto dall'irruzione della polizia che arresta tutti gli attori per oscenità), e con figlioletta a carico avuta da padre ignoto.
 
Luigi è molto scettico: è un uomo profondamente sfiduciato ("la maggior parte delle persone non vale neanche la pena di incontrarla"), mondano e superficiale, e non crede nella solidarietà umana:. In una sorta di reality-cam da lui girata in una strada di [[Milano]], dove un attore finge un malore e stramazza al suolo senza che nessuno lo soccorra,. Questo episodio sembrerebbesembra confermare le sue "teorie sulla sfiducia verso il prossimo", causandoma contemporaneamente provoca l'allontanamento di Carla.
 
Luigi così per qualche tempo si dedica al lavoro, e si fa negare in ufficio e al telefono. Solo poco dopo, pentito, ritorna da Carla e la accompagna insieme alla nipotina al suo paese natale. Qui, ospite della madre della ragazza e dei suoi amici, assapora per la prima volta quella vita semplice e spensierata di cui Carla parla sempre. Ma un nuovo rifiuto della ragazza a "concedersi" porrà fine alla parentesi felice.
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== Critica ==
Il contenuto del film, nettamente controcorrente rispetto al permissivismo e alla liberazione sessuale imperanti all'epoca, disorientò non poco i critici, soprattutto quelli della sinistra, già pronti a colpire questo Regista poco obbediente ai DIKTAT lanciati già in passato, rappresentando un'analisi sociale molto diversa rispetto a precedenti opere di Germi quali ''[[Divorzio all'italiana]]'' o ''[[Signore & signori]]'' dove il regista fustigava l'ipocrisia dei benpensanti.
 
Nonostante la buonadiscreta "prova attorialed'attore" di [[Gianni Morandi]] e la sceneggiatura di [[Leonardo Benvenuti]], [[Piero De Bernardi]] e [[Tullio Pinelli]], il film fu in larga maggioranza stroncato dai critici con definizioni come «''netta involuzione del regista''», «''nauseante ottimismo del film tanto da rammentare il cinema del ventennio di cui la pellicola è parente stretto''», «''rugiadoso semplicismo''», «''prodotto di consumo mistificatorio della realtà nostrana''» o «''retrivo moralismo piccolo borghese''».
 
Per nulla impressionato dalle stroncature, Germi difese convintamente i principi fondanti del suo film, affermando: «''È indiscutibile ormai il fatto che i critici non capiscono niente e su loro si può fare soltanto uno studio sociologico. Questa, se ce fosse stato bisogno, è una piccola prova della degenerazione culturale di cui essi sono l'espressione.''» <ref>Livia Madeo, ''Germi polemico difende le castagne'', La Stampa, 11 novembre 1970, pag.6</ref>