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{{vocetorna principalea|Duomo di Milano}}
{{Edificio religioso
|Nome = Basilica Maior
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Per '''Basilica Maior''' o '''Basilica di Santa Tecla''' a [[Milano]] si intende un'antica [[basilica]] paleocristiana, oggi non più esistente se non in minime parti, relative alla zona absidale corrispondenti all'area sotto il sagrato dell'odierno [[Duomo di Milano]]. Le porzioni superstiti rinvenute dagli scavi sono visitabili.
 
Era una basilica a cinque [[navate]]. Dai rilievi e dagli studi<ref name="Cita|Fiorio">{{Cita|Fiorio}}</ref> effettuati pare avesse una lunghezza totale di 67,60 metri e una larghezza di 45,30 metri<ref name= Sito>[http://www.duomomilano.it/it/infopage/basilica-di-santa-tecla/bca41a9d-b065-4873-a491-dc245023d037/ Pagina sul Sito ufficiale del Duomo]</ref>.
 
== Storia ==
Secondo alcuni studiosi fu costruita per volere dell'[[imperatore romano]] [[Costante I]] (figlio di [[Costantino I]]) nel [[345]] col nome ''Basilica Maior'' o ''Basilica Nova'' e la sua fondazione risalirebbe, quindi, al periodo [[Sant'Ambrogio|preambrosiano]], molto probabilmente intorno al [[350]], ai tempi dei vescovi Eustorgio e Dionigi. Insieme alla più antica [[Basilica vetus]] costruita un trentennio prima rientra nel complesso cattedrale di cui parla S. Ambrogio in una celebre lettera inviata nel [[386]] alla sorella Marcellina.<ref>{{ name="Cita|Fiorio}}<"/ref>. Tale lettera, assieme all'indagine archeologica sulle fondazioni (realizzata con la costruzione delle due metropolitane) costituisce una delle più importanti testimonianze e fonti di studio relative a questo edificio e alle sue fasi di sviluppo.
 
Altri studiosi la riferiscono al periodo ambrosiano o forse più tardi<ref>{{Cita|Lusuardi|pp.36-37}}</ref>.
 
Alla morte dell'imperatore Costante la basilica si trovò ben presto coinvolta nelle dispute tra gli [[arianesimo|Ariani]], sostenuti dal nuovo imperatore [[Costanzo II]], e i seguaci dell'ortodossia.
Nel [[355]] Costanzo, nel vano tentativo di far accettare le visione ariana del cristianesimo da lui tenacemente sostenuta, indisse infatti il [[Concilio di Milano (355)|Concilio di Milano]], convocato presso la ''Basilica Maior''. Vi partecipavano tra gli altri, oltre al vescovo milanese [[Dionisio di Milano|Dionisio]], anche [[Atanasio di Alessandria]], campione dell'ortodossia, ed [[Eusebio di Nicomedia]], campione dell'arianesimo. L'Imperatore, come già avvenuto al precedente [[concilio di Arelate]], inviò all'assemblea una lettera contenente le dichiarazioni ariane che si aspettava fossero controfirmate dai vescovi, i quali però ancora una volta le rigettarono<ref>R.P.C. Hanson, The Search for the Christian Doctrine of God: The Arian Controversy, 318-381, (in inglese) Continuum International Publishing Group, 2005. ISBN 0-567-03092-X</ref>, spingendo Costanzo ad esiliare, oltre ad Atanasio, anche il milanese Dionisio. L'Imperatore insediò quindi nella ''Basilica Nova'' come vescovo l'ariano [[Aussenzio di Milano|Aussenzio]].<br />
Per tutto questo periodo la basilica fu al centro dei contrasti tra la maggioranza trinitarista della popolazione e l'élite ariana, divenendo luogo di frequenti scontri, tanto da provocare l'intervento delle guardie di corte, incaricate di ristabilire l'ordine. Nel [[369]] la presa di posizione anti-ariana di [[papa Damaso I]] portò alla [[scomunica]] di Aussenzio, il quale rimase però saldamente ancorato alla cattedra milanese col sostegno dell'Imperatore fino alla sua morte, avvenuta nel 374. Nel [[386]] il vescovo ariano Mercurino Assenzio, sostenuto dall'imperatrice [[Giustina (imperatrice)|Giustina]], giunse a sfidare il nuovo vescovo milanese, ed ex [[governatore]] della ''[[Regio XI Transpadana]]'', [[Sant'Ambrogio|Ambrogio di Treviri]], sostenitore del trinitarismo, in un pubblico dibattito in cui richiedeva per gli Ariani l'utilizzo della [[Basilica Portiana]] (oggi [[San Lorenzo]]). Ambrogio, rifiutando di cederla, pose sotto assedio la chiesa con una gran moltitudine di milanesi tanto che, temendo tumulti, l'imperatrice Giustina riconsegnò la basilica al culto cattolico.
 
Delle vicende storiche medievali relative alla basilica abbiamo notizia nelle opere degli storici medioevali [[Bernardino Corio]] e [[Galvano Fiamma]]<ref>{{Cita|Chiesa|pp. 86ss}}</ref>. La basilica Maior seguì vicende simili alla “[[Basilica Vetus]]”; fu cioè distrutta da [[Attila]] nel 452, riparata da [[Eusebio di Cesarea|Eusebio]] nel 454, poi ben restaurata dal vescovo [[Lorenzo I]], nel 490-512; quindi distrutta ancora dai [[Goti]] nel 539, rimase un rudere nell'età longobarda, fino ad [[Angilberto II]] che nell'836 la ricostruì, intitolandola a [[San Salvatore]]. Fu poi distrutta dal grande incendio di Milano 1075, e quando fu rifatta sperimentò i primi abbozzi dello stile romanico e prese il nome di [[Santa Tecla di Iconio]]. Barbarossa la risparmiò nel 1162 e rimase in uso fino al 1458, quando iniziò la demolizione per la fabbrica del Duomo, iniziato nel 1386.
 
La parete del fianco nord con una fila di colonne attigue non fu demolita, ma fu trasformata dall'architetto Solari, nel [[portico dei Figini]], noto emporio commerciale, demolito a sua volta nel XIX secolo per aprire Piazza Duomo.
 
Nel 1461, lo stesso vescovo Carlo Nardini da Forlì si preoccupò della solenne traslazione nella nuova cattedrale della reliquia del [[Sacri Chiodi|Santo Chiodo]] della crocifissione di Cristo, fino ad allora conservata in Santa Tecla.
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La basilica Maior era lunga 67 m e larga 45 m. Come la Vetus, ebbe la lunghezza divisa in due parti da un grande arco, la parte verso l'abside si chiamava Tempio (poi mutò in Presbiterio) e la parte verso l'ingresso si chiamava Platea (poi mutò in Navata).
 
Si contavano 90 colonne monolitiche di marmo, provenienti dalle cave imperiali dell'Africa del Nord, ed erano diverse per forma e passo tra i colonnati della platea, e quelli del tempio.
 
Quando fu ricostruita nel IX secolo (dedicata al Santo Salvatore), ebbe lo stesso impianto paleocristiano e le stesse dimensioni del IV secolo. Quando però fu ricostruita dopo l'incendio di Milano del 1075 (dedicata a Santa Tecla), lo stile mutò da paleocristiano a primo romanico lombardo; la lunghezza della chiesa fu ridotta, per mancanza di colonne sane, cosicché la facciata fu arretrata di 14 metri rispetto all'originale.
 
L'abside della basilica Maior aveva pari ampiezza della navata centrale, era interamente decorata da mosaici (gli scavi hanno restituito alcuni resti, visibili nel museo del Duomo); ma quando fu ricostruita come Santa Tecla, fu realizzata un'abside più piccola.
 
Non è nota la funzione delle due cappelle rettangolari, laterali all'abside (forse accolsero in un primo tempo statue d'imperatore, che tradizionalmente aveva il ruolo di protettore e garante della religione cristiana dopo l'editto di Milano; egli per esempio convocava i concili, ai quali partecipava di persona o, più spesso, con i suoi legati). Nella ricostruzione come Santa Tecla, furono sostituite da piccole absidi, una per ogni navata laterale (dunque 5 absidi in totale).
 
La sopraelevazione della navata centrale, detta [[bema]], andava dall'arco di inizio Tempio fino a fondo abside (non c’era nelle navate laterali); in seguito quell'area prese nome di [[Presbiterio]], ovvero "area dei presbìteri" (= anziani, sacerdoti). Nella ricostruzione del IX secolo, fu realizzata la [[Cripta]] sotto il bema, e questa variante architettonica si protrasse per tutto il [[Medioevo]].
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===Peculiarità architettoniche===
La Maior fu costruita sul modello basilicale pur presentando significative variazioni dai canoni classici paleocristiani. Anzitutto l'orientamento non segue esattamente l'asse est-ovest, come richiesto dall'allora canone religioso, essendo allineato invece all'asse stradale. Inoltre la basilica si articola in cinque navate anziché tre (la chiesa larga fa rivolgere i fedeli in obliquo, mentre il canone prescriveva che fossero tutti rivolti ad est). Poi la navata centrale, non ebbe un unico pavimento in piano, dall'ingresso fino all'abside, ma una sopraelevazione ([[Bema (religione)|bema]]), con funzioni di ''palco'' di discussione del Concilio, usato in seguito per le predicazioni.
 
Con questo, da un lato rimaneva valido il canone architettonico di basilica, derivato dall'edificio civile pubblico della [[basilica]] romana: la chiesa è la casa dell'assemblea, non la casa di Dio; perché il Signore si rende presente nel segno dell'assemblea radunata. Dall'altro lato si mutò sensibilmente il significato di chiesa: se in precedenza l'accento era posto sulla funzione spaziale di rappresentare il cammino verso la “fede” (ecco il senso del percorso lineare tra i colonnati, dall'ingresso fino all'altare), ora prevaleva una dimensione più complessa, articolata su diversi piani: vi si entrava per l'adunanza liturgica (l'essere ''plebs adunata'' in prospettiva cultuale), ai piedi innanzitutto dell'altare, ma in seconda battuta anche del pulpito, da cui il pastore impartiva l'istruzione e annunciava i misteri della fede (si pensi alle catechesi mistagogiche di Ambrogio, tenute ai neofiti nella settimana dopo Pasqua o alle diffuse predicazioni quaresimali).
 
Come d'uso, in fondo alla navata centrale, vi era un'abside semicircolare, ma a lato d'essa furono realizzate due cappelle a forma rettangolare, moltiplicando così i poli d'attrazione che tuttavia rimanevano subordinati all'unico catino absidale.
 
La romanizzazione del cristianesimo primitivo, rappresentato per certi versi in questa chiesa, introdusse con più forza il culto dei santi (con la rappresentazione statuaria). Se può sembrare che questo avvenga in analogia al culto pagano, si deve tuttavia osservare che di fatto il culto dei martiri venne contrapposto intenzionalmente al culto degli antichi eroi pagani. Fin dalle origini neotestamentarie la comunità cristiana, che nel suo culto liturgico si rivolgeva ad un unico Dio in tre persone (pregava il Padre, per mezzo del Figlio, nello Spirito), aveva ammesso una speciale venerazione ai martiri, a coloro cioè che avevano "testimoniato" la fede in Cristo anche a costo della propria vita. Come nel mondo pagano, si usava compiere delle libagioni e recitare delle preghiere presso il loro sepolcro (o, se noto, nel luogo del martirio). Di qui, con il tempo, pur mantenendo intatta la centralità di cristologica in prospettiva della salvezza, la chiesa cristiana ammise alla venerazione – quali modelli di ''sequela Christi'' degni di imitazione – la Vergine Maria, gli apostoli, gli angeli, i santi e le sante, con le relative immagini di rappresentazione.
 
==Parti visibili==
Parte delle fondazioni di questa chiesa, sono visitabili nel sotterraneo del Sagrato del Duomo di Milano. La parte rimasta sotto la piazza Duomo, è campionata con reperti nelle vetrine della metropolitana, e nel museo del duomo. Nella visita sotto il Sagrato, si riconoscono le absidi romana e medioevale e si scorge accanto il battistero ottagonale di San Giovanni, del IV sec.
 
Questo battistero di S. Giovanni alle Fonti, fu costruito da Sant'Ambrogio nel 386, di fronte alla Basilica Vetus (e perciò lo vediamo accanto all'abside della Maior), per sostituire quello vecchio. In questo nuovo, S.Ambrogio battezzò [[Agostino d'Ippona|S.Agostino]] il giorno di pasqua 387.
Nel Museo del duomo, sono presenti pannelli didattici, disegni e reperti archeologici, che danno una dettagliata illustrazione storica, strutturale e delle ornamentazioni.
{{vedi anche|Battistero di San Giovanni alle Fonti}}
 
==Note==
<references/>
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{{Portale|Architettura|cattolicesimo|Milano}}
 
[[Categoria:Basiliche di Milano]]
[[Categoria:Architetture paleocristiane di Milano]]