Franco Antonicelli: differenze tra le versioni

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|titolo = Laurea in Lettere e Giurisprudenza
|professione = saggista
|partito = [[Sinistra Indipendente|Sinistra indipendente]]
|legislatura = [[Senatori della V Legislatura della Repubblica Italiana|V]] e [[Senatori della VI Legislatura della Repubblica Italiana|VI]]
|gruppo_parlamentare=PCI-PSIUP
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== Biografia ==
[[File:Antonicelli Germano.jpg|thumb|left|160px|Con Renata Germano nel giorno del matrimonio]]
Figlio di Donato Antonicelli, un alto ufficiale pugliese, e di Maria Balladore, una borghese benestante, visse alcuni anni dell'infanzia a [[Gioia del Colle]], ospite dello zio paterno. Arrivato nel [[1908]] a [[Torino]], frequentò il [[Liceo classico Massimo d'Azeglio]], dove fu allievo di [[Umberto Cosmo]], e vi ottenne la [[Esame di maturità|maturità]]. All'[[Università degli Studi di Torino|Università]] si laureò prima in [[Lettere e filosofia (facoltàdiscipline universitaria)umanistiche|lettere]] e successivamente, nel [[1931]], pensando di intraprendere la carriera diplomatica, anche in [[giurisprudenza]]. Durante i suoi studi conobbe molti esponenti dell'intellettualità torinese del tempo, come [[Augusto Monti]], [[Lalla Romano]], [[Leone Ginzburg]], [[Cesare Pavese]], [[Norberto Bobbio]], [[Massimo Mila]], [[Ludovico Geymonat]].
 
Il 31 maggio [[1929]] venne arrestato per aver firmato, con Cosmo, Geymonat, Mila e altri, una lettera di solidarietà a [[Benedetto Croce]], dopo che questi, oppositore in [[Senato]] dei [[Patti Lateranensi]], era stato definito da [[Benito Mussolini|Mussolini]] un « imboscato della storia »; dopo un mese di carcere, fu condannato a tre anni di [[confino]] ma la pena fu commutata in un'ammonizione.<ref>Commissione di Torino, ordinanza del 17.6.1929 contro Franco Antonicelli. In: Adriano Dal Pont, Simonetta Carolini, ''L'Italia al confino 1926-1943. Le ordinanze di assegnazione al confino emesse dalle Commissioni provinciali dal novembre 1926 al luglio 1943'', Milano 1983 (ANPPIA/La Pietra), vol. I, p. 77.</ref>
Lavorò come supplente nel Liceo d'Azeglio e fu anche precettore privato di [[Gianni Agnelli]]. Dal [[1932]] fu direttore della collana « Biblioteca Europea » dei libri dell'editore [[Carlo Frassinelli|Frassinelli]]. Per sua scelta, entravano così in Italia, per la prima volta, opere di [[Herman Melville]] e di [[Franz Kafka]], di [[Eugene Gladstone O'Neill]] e di [[James Joyce]], e anche il « [[Topolino]] » di [[Walt Disney]].
 
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[[File:Pavese Ginzburg Antonicelli Frassinelli.jpg|thumb|left|[[Cesare Pavese|Pavese]], [[Leone Ginzburg|Ginzburg]], Antonicelli e [[Carlo Frassinelli|Frassinelli]] a San Grato di Sordevolo negli anni Quaranta|alt=Pavese, Ginzburg, Antonicelli e Frassinelli a Castino (CN) negli anni Quaranta]]
Liberato nel marzo del [[1936]], nel [[1942]] fondò la casa editrice « Francesco Da Silva » - dal nome di un editore piemontese del Quattrocento - e s'impegnò, sollecitato dal [[Benedetto Croce|Croce]], a favore della riorganizzazione del [[Partito liberaleLiberale italianoItaliano|Partito liberale]]. Subito dopo l’[[Armistizio di Cassibile|8 settembre]] si trasferì a [[Roma]] dove il 6 novembre venne arrestato dai tedeschi e incarcerato a [[Carcere di Regina Coeli|Regina Coeli]]. Nel febbraio [[1944]] venne trasferito nel carcere di [[Castelfranco Emilia]] e fu rimesso in libertà il 18 aprile.
 
Rientrato a Torino, entrò a far parte, in qualità di rappresentante del Partito liberale, del [[Comitato di Liberazione Nazionale|Comitato di liberazione nazionale]] del [[Piemonte]], del quale assunse la presidenza nel [[1945]], diresse l'edizione del clandestino « Risorgimento liberale » - che alla [[Caduta della Repubblica Sociale Italiana|Liberazione]] prese il nome « [[L'Opinione (quotidiano)|L'Opinione]] » - e collaborò ai fogli « Risorgimento » e « Il Patriota », espressione dei gruppi partigiani liberali operanti in Piemonte.
 
Dopo il crollo del [[fascismo]], nel giugno del [[1945]], partecipò con [[Guido Seborga]], Norberto Bobbio, Massimo Mila, [[Francesco Menzio]], [[Giulio Einaudi]], Cesare Pavese e altri alla fondazione dell'« Unione Culturale » di Torino, che dopo la morte gli fu intitolata. La sua idea politica, favorevole a mantenere un'intesa con tutte le forze antifasciste nello spirito del [[Comitato di Liberazione Nazionale|CLN]], e la sua scelta repubblicana vennero in conflitto con la linea del partito, sostenitore della monarchia e deciso a rompere l'unità antifascista. Così, nell'aprile del [[1946]], lasciò il Partito liberale per la « Concentrazione democratica repubblicana » di [[Ugo La Malfa]] e [[Ferruccio Parri]], confluita dopo il referendum del 2 giugno [[1946]] nel [[Partito repubblicanoRepubblicano italianoItaliano|Partito repubblicano]], del quale divenne uno dei dirigenti con il congresso di [[Napoli]] del [[1948]]. Ma la scelta di allearsi con la [[Democrazia Cristiana]] alle elezioni del 18 aprile lo convinse ad abbandonare il partito.
 
[[File:Antonicelli-Trabucchi-Roveda.jpg|thumb|200px|Antonicelli, a sinistra, parla in piazza Vittorio a Torino il 6 maggio 1945. Al centro il generale [[Alessandro Trabucchi]] e a destra [[Giovanni Roveda]]]]
Con [[Alessandro Galante Garrone]], [[Paolo Greco]], [[Andrea Guglielminetti]], [[Amedeo Ugolini]] e [[Giorgio Vaccarino]] fondò il 25 aprile [[1947]] l'[[IstoretoIstituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea "Giorgio Agosti"|Istituto Storico della Resistenza in Piemonte]] e ne divenne il primo presidente. In quell'anno pubblicò nella sua casa editrice ''[[Se questo è un uomo]]'', il capolavoro di [[Primo Levi]] che era stato rifiutato da altri editori, fra cui Einaudi. Fu una delle ultime pubblicazioni della casa editrice Da Silva, che l'Antonicelli chiuse nel [[1949]]. Collaborò in questo periodo alla [[Rai|RAI]] e al quotidiano torinese « [[La Stampa]] », con articoli sulla [[letteratura francese]] e sul [[decadentismo]] italiano.
 
Nel [[1953]] aderì all'[[Alleanza Democratica Nazionale]], un raggruppamento di liberali e repubblicani contrari all'alleanza politica con la Democrazia Cristiana, che si batté contro la cosiddetta "[[legge elettorale italiana del 1953|legge truffa]]", la legge elettorale che prevedeva un premio alla lista che avesse ottenuto la maggioranza assoluta alle elezioni, e che fu abrogata in seguito alla sconfitta nelle elezioni del 7 giugno dei partiti centristi favorevoli alla legge. Prese posizione contro le discriminazioni politiche e sindacali effettuate dalla [[FIAT]] di [[Vittorio Valletta]] contro gli operai comunisti o iscritti alla [[Federazione Impiegati Operai Metallurgici|FIOM]] e nel [[1960]] sostenne che il [[governo Tambroni]], eletto con i voti della DC e del [[Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale|MSI]], rappresentava un pericolo per la democrazia italiana, tanto più dopo le manifestazioni di [[Fatti di Genova del 30 giugno 1960|Genova]], di [[Strage di Reggio Emilia|Reggio Emilia]] e di altre città nelle quali si ebbero anche dei morti tra i dimostranti. Avendo denunciato questi fatti in un discorso a [[Bologna]], Antonicelli fu processato per [[apologia di reato]]: condannato in primo grado con la condizionale, fu assolto in appello.
 
Nel [[1968]] venne eletto al [[Senato della Repubblica|Senato]] come indipendente nella lista del [[Partito Comunista Italiano|PCI]]-[[Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria|PSIUP]] per il collegio di Alessandria-Tortona. In quell'occasione fu costituito per la prima volta in Parlamento il gruppo degli indipendenti di sinistra e Antonicelli fu membro delle commissioni Difesa, Pubblica Istruzione e Vigilanza delle trasmissioni radio televisive. Fu rieletto nelle elezioni politiche del [[1972]], e prese parte alle commissioni Difesa e Vigilanza delle trasmissioni radio-televisive.
Il 21 maggio 1972, ad Ovada, in provincia di Alessandria, tenne l'orazione ufficiale in occasione dell'inaugurazione della Biblioteca Civica in seguito intitolata ai coniugi Marie ed Eraldo Ighina.