Epicarmo Corbino: differenze tra le versioni

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Fu [[deputato]] all'[[Assemblea Costituente della Repubblica Italiana|Assemblea Costituente]], e deputato alla [[Camera dei deputati|Camera]] nella [[Deputati della I Legislatura della Repubblica Italiana|I legislatura]].
 
==VitaBiografia ==
Nacque in un'umile famiglia [[sicilia]]na. Frequentò le scuole tecniche e, trasferitosi a [[Catania]], conseguì il diploma di [[ragioniere]]. Fu il fratello minore di [[Orso Mario Corbino]], il fisico direttore dell'Istituto Superiore di Fisica di Via Panisperna, maestro di [[Enrico Fermi|Fermi]], [[Bruno Pontecorvo|Pontecorvo]], [[Edoardo Amaldi|Amaldi]] (prima noti come “i ragazzi di Corbino”, appunto), e anch'egli uomo politico (fu ministro con [[Ivanoe Bonomi]] e [[Benito Mussolini]]). Diversamente da lui, però, Epicarmo fu sempre un convinto [[antifascismo|antifascista]] ed ebbe uno spirito [[liberalismo|liberale]].
 
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«Se Corbino non ci fosse bisognerebbe inventarlo», disse [[Alcide De Gasperi]]{{citazione necessaria}}.
{{chiarire|In questa veste}} “perseguì una politica economica fondata sulla parsimonia e sulla corretta amministrazione”, e si oppose in maniera intransigente al cambio della moneta (proposto dal comunista [[Mauro Scoccimarro]], [[ministro delle Finanze]]). Tale provvedimento servì a fermare l'inflazione (con l'aiuto decisivo del governatore della Banca d'Italia, [[Luigi Einaudi]]). Ma fu un provvedimento impopolare, e la sinistra lo impiccò in effigie in manifestazioni di piazza. Pur di non cambiare le proprie convinzioni, Corbino, che “mai avrebbe barato al gioco per restare in sella”<ref>[[Antonio Maria Fusco]], ''Il Mattino'', 26 aprile 1984</ref>, si dimise il 13 settembre [[1946]] dall'incarico governativo. Il 18 settembre [[1946]] fu nominato al suo posto [[Giovan Battista Bertone]].
 
Dal 10 maggio [[1948]] al 3 luglio [[1951]] fu deputato eletto nel gruppo parlamentare del Partito Liberale, poi dal 3 luglio [[1951]] al 24 giugno [[1953]] entrò nel Gruppo Misto al [[Parlamento]]. Successivamente formò un nuovo partito, l'[[Alleanza Democratica Nazionale]] (ADN), movimento nato per contrastare la cosiddetta [[legge truffa]] proposta dal governo, a cui egli non aderì (e alla quale aveva tentato di opporsi anche in aula, proponendo una soluzione di mediazione, denominata "ponte Corbino"). Nel [[1953]], contro la cosiddetta “legge truffa”, che istituiva un premio di maggioranza per i partiti, singoli o apparentati tra loro, che avessero ottenuto la maggioranza assoluta dei consensi popolari, Corbino, dissentendo dal [[Partito Liberale Italiano|PLI]], costituì l'[[Alleanza Democratica Nazionale]]. In questo modo si tolsero voti ai gruppi di centro (così come fece il gruppo Parri-Calamandrei a sinistra), e la legge non ottenne, anche se per poco, l'effetto sperato. Ma ciò non bastò a farlo eleggere al Parlamento. Per questo fu ribattezzato da [[Sandro Pertini]] il “Pietro Micca” della politica<ref>Ermanno Corsi, ''La Repubblica'', 26 aprile 1984</ref>.
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L'[[Alleanza Democratica Nazionale|ADN]] raccolse pochi voti (ma sufficienti, appunto, perché il premio di maggioranza previsto dalla nuova legge elettorale non scattasse), e Corbino non riuscì a tornare alla [[Camera dei deputati|Camera]]. Si ritirò quindi dalla vita politica, denunciando in un articolo sulla stampa che la [[partitocrazia]] aveva "ucciso la politica".
 
Dal [[1959]] al [[1965]] fu presidente del [[Banco di Napoli]], di cui diresse anche la rivista ''[[Rassegna economica]]''. In séguito, fino al [[1983]], Corbino diresse la [[Banca Provinciale di Napoli]]. Morì a [[Napoli]], in età avanzata, il 25 aprile [[1984]].
 
== Scritti ==