Guerre romano-persiane: differenze tra le versioni

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{{Vedi anche|Guerra contro Antioco III e lega etolica|guerre mitridatiche}}
 
La guerra tra l'Occidente romano e l'Oriente cambiò in modo significativo gli equilibri delle forze politiche La [[Guerra contro Antioco III e lega etolica|guerra]] tra la [[de,,mmercaìqjfjk|Repubblica r]]<nowiki/>editerranee (da [[Cartagine]], al [[regno di Macedonia]]), confrontandosi prima con rispettivi obbiettivi militari. L'ambizione da parte di Roma prima, e di Bisanzio poi, a dominare il mondo era accompagnata da un senso di missione - come controllo strategico della frontiera [...], vi era sempre presente un elemento religioso-ideologico". Dai tempi di Costantino in poi, gli imperatori romani si proclamarono infatti protettori dei cristiani di Persia.<ref>Barnes (1985), p. 126</ref> Questo atteggiamento generò forti sospetti sulla fedeltà dei cristiani sudditi dell’Iran sasanide, e spesso contribuì all'inasprimento dei conflitti tra Romani e Persiani.<ref>[[Sozomeno|Sozomen]], ''Storia Ecclesiastica'', II, [http://www.freewebs.com/vitaphone1/history/sozomen.html#P3230_1341005 15]<br />* McDonough (2006), 73</ref> Una caratteristica della fase finale del conflitto, quando quella che era iniziata nel 611–612 come una guerra di saccheggi divenne una guerra di conquista, era la preminenza della croce come simbolo di vittoria imperiale e il fatto che la guerra contro i Persiani fosse considerata da Costantinopoli una sorta di crociata contro i miscredenti; Eraclio stesso si riferì a Cosroe come il nemico di Dio, e gli autori del VI e del VII secolo sono molto ostili all'Impero sasanide.<ref>Haldon (1999), p. 20; Isaak (1998), p. 441</ref> Questa tradizione di erudizione storica "pro-romana" prevalse per secoli, e fu solo recentemente che gli studiosi adottarono un altro approccio, e tentarono di illuminare la meno conosciuta posizione persiana.<ref>Dignas–Winter (2007), [http://assets.cambridge.org/97805218/49258/excerpt/9780521849258_excerpt.pdf 1–3] (PDF)</ref>
La guerra tra l'Occidente romano e l'Oriente cambiò in modo significativo gli equilibri delle forze politiche nel [[Mediterraneo]] antico, come ci racconta lo stesso storico greco [[Polibio]], contemporaneo agli eventi. La [[Guerra contro Antioco III e lega etolica|guerra]] tra la [[Repubblica romana]] ed [[Antioco III]] segnò l'inizio di una nuova fase, in cui Roma sottomise, una dopo l'altra le grandi potenze mediterranee (da [[Cartagine]], al [[regno di Macedonia]]), confrontandosi prima con l'Oriente dei [[Seleucidi]],<ref>{{Cita|Polibio|VI, 2.2.}}</ref> un secolo e mezzo più tardi con quello dei [[Parti]]. In questo lasso di tempo, Roma divenne inizialmente erede del [[regno di Pergamo]], trasformato in [[provincia romana]] a partire dal [[129 a.C.]] con il nome di [[Asia (provincia romana)|provincia d'Asia]], ed in seguito trovò il pretesto per poter cominciare la conquista dell'Oriente mediterraneo, in seguito alla minaccia giuntagli dal vicino [[Regno del Ponto]], governato dal re [[Mitridate VI]]. Quest'ultimo, al termine di un lungo [[guerre mitridatiche|trentennio di guerre]] fu sconfitto, sebbene fosse riuscito a fermare, almeno parzialmente e provvisoriamente, le mire espansionistiche romane in questa parte di Mediterraneo. L'esito dell'[[terza guerra mitridatica|ultima fase della guerra]], condotta da [[Gneo Pompeo Magno]], fu poi fatale non solo al re pontico, ma a tutto l'Oriente mediterraneo. I Romani dal canto loro portarono i [[limes romano|confini]] di Roma ancora più ad oriente, creando le province della Bitinia e Ponto, della Cilicia (strappata da Pompeo, insieme all'isola di Creta, ai pirati) e della Siria, e ponendo le basi per le successive campagne militari orientali contro i vicini [[Parti]].
 
== Forze in campo, strategie e tattiche militari ==
{{Vedi anche|Esercito romano|Esercito partico|Esercito sasanide}}
 
Quando gli Imperi romano e partico si scontrarono per la prima volta, sembrava che la Partia avesse il potenziale per espandersi fino al [[Mar Egeo|Egeo]] e al Mediterraneo. Tuttavia, sotto Pacoro e Labieno, i Romani respinsero la grande invasione partica della Siria e riuscirono gradualmente ad avvantaggiarsi della debolezza del sistema militare partico, che, secondo [[George Rawlinson]], era adatto per la difesa dell’Impero ma non adatto per la conquista di nuovi territori. I Romani, dall'altra parte, stavano continuamente modificando la loro "grande strategia" da Traiano in poi, e furono da Pacoro in poi in grado di prendere l’offensiva contro i Parti.<ref>Rawlinson (2007), p. 199: "Il sistema militare partico non aveva l’elasticità di quello romano&nbsp;[...] Sebbene fosse sciolto e apparentemente flessibile, era rigido nella sua uniformità; non venne mai alterato; rimase sotto i trenta Arsaci come lo era stato sotto il primo, migliorato nei dettagli magari, ma essenzialmente lo stesso sistema." Secondo Michael Whitby (2000), p. 310, "le truppe orientali preservarono la reputazione militare romana fino alla fine del sesto secolo capitalizzando le risorse disponibili e mostrando una grande capacità di adattamento a una grande varietà di sfide".</ref> Come i Sasanidi nel tardo terzo e quarto secolo, i Parti di solito evitavano ogni difesa prolungata della Mesopotamia contro i Romani. Tuttavia, l'[[altopiano iranico]] non cadde mai, poiché le spedizioni romane esaurivano sempre il loro impeto offensivo una volta raggiunta la bassa Mesopotamia, e la loro estesa linea di comunicazioni lungo un territorio non sufficientemente pacificato li esponeva a rivolte e a contrattacchi.<ref name="Wheeler (2007), 259">Wheeler (2007), p. 259</ref>
 
Dal IV secolo in poi, i Persiani Sasanidi crebbero nella forza e assunsero il ruolo di aggressore. Essi consideravano molti dei territori annessi all'Impero romano in epoca partica e sasanide appartenenti per diritto alla sfera iraniana.<ref name="Fr473">Frye (2005), p. 473</ref> Everett Wheeler afferma che "i Sasanidi, amministrativamente più centralizzati dei Parti, organizzavano formalmente la difesa del loro territorio, sebbene essi non avessero un esercito permanente fino a Cosroe I".<ref name="Wheeler (2007), 259"/> In generale i Romani consideravano i Sasanidi una minaccia più seria dei Parti, mentre i Sasanidi consideravano l’Impero romano il nemico ''per eccellenza''.<ref>Greatrex (2005), p. 478; Frye (2005), p. 472</ref>
 
Militarmente, i Sasanidi, come del resto i Parti, dipendevano fortemente dalla combinazione di arcieri a cavallo e [[catafratti]], la [[cavalleria pesante|cavalleria pesante corazzata]] fornita dall’aristocrazia. Essi aggiunsero ad essi un contingente di [[elefanti da guerra]] reperiti in India, ma la loro [[fanteria]] era qualitativamente inferiore a quella dei Romani.<ref>Cornuelle, [http://www.derafsh-kaviyani.com/english/sassanian.html An Overview of the Sassanian Persian Military]; Sidnell (2006), 273</ref> La cavalleria pesante persiana inflisse alcune sconfitte ai fanti romani, inclusi quelli condotti da Crasso nel 53&nbsp;a.C.,<ref>Secondo Reno E. Gabba, l’esercito romano venne riorganizzato in seguito alla battaglia di Carre (Gabba [1966], 51–73).</ref> Marco Antonio nel 36&nbsp;a.C., e Valeriano nel 260 d.C. La necessità di contrastare questa minaccia portò all'introduzione dei ''[[Catafratti|cataphractarii]]'' nell’esercito romano;<ref>Vegezio, III, ''Epitoma Rei Militaris'', [http://www.thelatinlibrary.com/vegetius3.html 26]<br />* Verbruggen–Willard–Southern (1997), 4–5</ref> come conseguenza, la cavalleria armata pesante crebbe in importanza in entrambi gli eserciti dopo il terzo secolo e fino alla fine delle guerre.<ref name="Fr473" /> I Romani avevano raggiunto un alto livello di sofisticazione negli assedi, e avevano sviluppato numerose macchine da assedio. Dall’altra parte, i Parti erano inetti nell'assediare; la loro cavalleria era più adatta alla tattica colpisci-e-fuggi. La situazione mutò con l’ascesa dei Sasanidi, che erano abili quanto i Romani nell’arte dell’assedio, e impiegavano l’[[artiglieria]], macchine sottratte ai Romani, terrapieni, e [[torri d'assedio]].<ref>Campbell–Hook (2005), 57–59; Gabba (1966), 51–73</ref>
 
Verso la fine del primo secolo&nbsp;d.C., Roma per proteggere i suoi confini orientali costruì una serie di fortificazioni lungo la frontiera; tale sistema di fortificazioni durò fino alle conquiste islamiche del VII secolo dopo essere stato migliorato da Diocleziano.<ref>Shahîd (1984), 24–25; Wagstaff (1985), 123–125</ref> Anche i Sasanidi fortificarono i confini con l’Impero romano. Secondo R.N. Frye, fu sotto Sapore II che il sistema di fortificazioni persiano venne esteso, probabilmente per imitare la costruzione da parte di Diocleziano di nuove fortificazioni nella frontiera orientale dell’Impero romano. I soldati romani impegnati al confine erano noti come ''[[limitanei]]'', e affrontarono più volte i [[Lakhmidi]] in [[Iraq]], i quali assistevano frequentemente i Persiani nei loro conflitti con i Romani. Sapore aveva l’intenzione di formare un esercito permanente di difesa contro altri Arabi del deserto, specialmente quelli alleati con Roma. Sapore costruì anche nuove fortificazioni in occidente per emulare il sistema romano dei ''limes'', che aveva impressionato i Sasanidi.<ref>Frye (1993), 139; Levi (1994), 192</ref>
 
Agli albori dell’Impero sasanide, esistevano vari stati cuscinetto tra i due imperi. Questi vennero man mano assorbiti dai due imperi, e nel VII secolo l’ultimo stato cuscinetto, quello dei Lakhmidi arabi di [[al-Hira]], venne annesso all’Impero sasanide. Frye nota che nel III secolo alcuni stati clienti giocarono un importante ruolo nelle relazioni tra Romani e Sasanidi, ma entrambi gli imperi li rimpiazzarono gradualmente con un sistema di difesa organizzato dal governo centrale e basato
sul ''limes'' e sulle città di frontiera fortificate, come Dara.<ref name="Fr 139">Frye (1993), p. 139</ref> Studi recenti hanno riaffermato la superiorità dei Sasanidi sui Parti per quanto riguarda l'organizzazione dell’esercito, le macchine da guerra e da assedio,<ref>[http://www.sciencedaily.com/releases/2008/02/080218155534.htm Excavations In Iran Unravel Mystery Of "Red Snake"], Science Daily; Levi (1994), p. 192</ref> e la loro abilità nella costruzione di opere difensive.<ref>Rekavandi–Sauer–Wilkinson–Nokandeh, [http://www.archaeology.co.uk/cwa-2/world-news/the-enigma-of-the-red-snake.htm The Enigma of the Red Snake]</ref>
 
== Contro i Parti (92 a.C.—224) ==
{{Vedi anche|Repubblica romana|Parti|guerre romano-partiche}}
 
=== Dal primo incontro, alla sconfitta romana di Carre (92-53 a.C.) ===
[[File:1965 Spruner Map of the Caucasus and Iraq in Antiquity - Geographicus - CaucusesIraq-spruner-1865.jpg|thumb|upright=1.4|Il teatro degli scontri tra [[Alto Impero romano|Romani]] e [[Parti]] (dal [[I secolo a.C.]] alla fine del [[II secolo|II secolo d.C.]]).]]
{{Vedi anche|Guerre mitridatiche|Guerra siriaca di Pompeo|Battaglia di Carre}}
{{Campagnabox Guerre romano-partiche}}
 
Nel [[92 a.C.]] si assistette ad un avvenimento storico per quell'epoca. La [[Repubblica romana]] ed il grande Impero dei [[Parti]] vennero a contatto in modo del tutto pacifico. Una delegazione inviata dal sovrano partico, [[Mitridate II di Partia|Mitridate II]], si incontrò sulle rive dell'[[Eufrate]] con [[Lucio Cornelio Silla]].<ref>[[Plutarco]], ''Vita di Silla'', 5; [[Tito Livio|Livio]], ''Periochae [[ab Urbe condita libri]]'', 70.6-7.</ref> Questo primo incontro fissò sull'Eufrate il confine tra i due imperi.<ref name="Piganiol298">André Piganiol, ''Le conquiste dei Romani'', Milano 1989, p. 298.</ref><ref name="Brizzi319">[[Giovanni Brizzi]], ''Storia di Roma. 1.Dalle origini ad Azio'', Bologna 1997, p. 319.</ref> Nel decennio [[70 a.C.|70]]-[[60 a.C.]] il nuovo re dei Parti, [[Fraate III]], approfittando della guerra tra Roma ed il [[Regno del Ponto]] ed [[Regno d'Armenia|Armenia]], riuscì ad annettere diversi territori perduti in precedenza. Fece, però, l'errore di appoggiare [[Tigrane II]] contro il generale romano, [[Lucio Licinio Lucullo]], e per poco non scatenò un primo conflitto con Roma. La guerra fu scongiurata dall'intervento tempestivo di [[Gneo Pompeo Magno]], giunto da poco in Oriente, e che riuscì a pacificare l'intera area ([[63 a.C.|63]]-[[62 a.C.]]).
 
In seguito al rinnovo del patto di collaborazione tra i tre componenti del [[primo triumvirato]] (nel [[54 a.C.]]), vale a dire [[Gneo Pompeo Magno]], [[Gaio Giulio Cesare]] e [[Marco Licinio Crasso]], a quest'ultimo toccò l'Oriente. Crasso, animato dal desiderio di gloria e di successi militari, decise di intervenire negli affari interni dei Parti, interferendo nella disputa tra gli eredi al trono del sovrano dei Parti [[Fraate III]], scomparso nel [[57 a.C.]], e con la prospettiva di spingersi, sulle orme di [[Alessandro Magno]], fino in [[India]]. Crasso, però, non aveva le capacità militari di Pompeo o di Cesare. Andò così incontro ad un disastro annunciato, paragonabile solo alla [[Battaglia di Canne|disfatta di Canne]]. A [[Battaglia di Carre|Carre]], nel [[53 a.C.]], egli fu sconfitto ignominiosamente. L'intera sua armata, composta da 7 [[legione romana|legioni]] (30/32.000 legionari) e 4.000 cavalieri, fu completamente annientata mentre la [[Siria (provincia romana)|Siria romana]], si trovò a difendersi dall'invasione partica ed a stento riuscì a resistere<ref>.{{cita|Dione|40.11-30.}}</ref>.
 
=== Fallimento della vendetta romana (45-36 a.C.) ===
{{Vedi anche|Campagne partiche di Marco Antonio}}
 
[[Gaio Giulio Cesare]] poco prima di intraprendere una campagna militare contro i [[Parti]] e vendicare l'onore ferito di [[Repubblica romana|Roma]], fu ucciso alle Idi di marzo del [[44 a.C.]]<ref>{{cita|Dione| 43.51.}}</ref> Una guerra di tale portata nasceva però anche dalla sua brama di conquistare il mondo, ora che si sentiva invincibile, e dal desiderio di emulare il Grande [[Alessandro Magno|Alessandro]] conquistando tutto l'Oriente, non solo quindi per vendicare la sconfitta dell'amico [[Marco Licinio Crasso]].<ref>E. Horst, ''Cesare'', Milano 1982, p. 269.</ref> Cesare morì poco dopo i primi preparativi della "campagna" e questo progetto gigantesco poté essere ripreso pochi anni più tardi, senza successo, da [[Marco Antonio]]. Quest'ultimo, infatti, giunto in Oriente alla fine del [[38 a.C.]], cominciò a programmare una campagna di proporzioni colossali che però si risolse in un insuccesso totale nel [[36 a.C.]] Dei 100.000 armati che presero parte alla spedizione (di cui ben 60.000 legionari) tornarono in Siria solo 30.000 legionari e 5/6000 cavalieri iberi/celti.<ref>{{cita|Plutarco|49-50-51.}}</ref>
 
=== Segnali di pace tra i due Imperi: da Augusto ai Flavi (23 a.C.-96 d.C.) ===
[[File:Statue-Augustus.jpg|thumb|L'[[Augusto loricato]] o "di Prima Porta", statua dell'imperatore [[Augusto (imperatore romano)|Augusto]], ritratto in tenuta militare da parata. Sulla corazza è rappresentata la scena della consegna delle insegne legionarie di [[Marco Licinio Crasso]] da parte del re dei [[Parti]], [[Fraate IV]]]]
{{Vedi anche|Politica orientale augustea|campagne armeno-partiche di Corbulone}}
 
Al termine della fase finale della [[guerra civile tra Ottaviano e Marco Antonio]] che vide il [[Augusto|figlio adottivo di Cesare]] prevalere dopo la [[battaglia di Azio]] del [[31 a.C.]], quest'ultimo inviò in Oriente nel [[23 a.C.]] il suo più valido collaboratore, [[Marco Vipsanio Agrippa]], per trattare la restituzione di un ex sovrano parto e del giovane figlio del nuovo re, [[Fraate V|Fraate]]. Due anni più tardi fu la volta del figliastro di Augusto, [[Tiberio Claudio Nerone|Tiberio]],<ref>[[Strabone]], ''Geografia'', XVII, 821; {{cita|Dione|54.9, 4-5}}; [[Velleio Patercolo]] II, 94; [[Svetonio]], ''Vite dei Cesari - Tiberio'', 9,1.</ref> il quale riuscì a porre sul trono armeno il ''filo-romano'' [[Tigrane II]], e a recuperare le insegne imperiali. Fu un successo diplomatico paragonabile alle migliori vittorie ottenute sul campo di battaglia. [[Augusto (imperatore romano)|Augusto]], che aveva così deciso, di abbandonare la politica aggressiva di [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] ed [[Marco Antonio|Antonio]], era riuscito a stabilire relazioni amichevoli con il vicino impero dei [[Parti]], sebbene nell'[[1 a.C.]] si ebbe una nuova crisi lungo il fronte orientale, quando [[Artavaside III]], re d'Armenia filo-romano, fu eliminato dall'intervento dei [[Parti]] e dal pretendente al trono [[Tigrane IV]]. Anche questa volta, l'invio del giovane nipote [[Gaio Cesare]], portò le due potenze a trovare un accordo, riconoscendo ancora una volta all'[[Eufrate]], il ruolo chiave di confine naturale fra i due Imperi<ref>Cambridge University Press, ''Storia del mondo antico'', ''L'impero romano da Augusto agli Antonini'', vol. VIII, Milano 1975, p. 135; {{cita|Mazzarino|p. 81.}}</ref>. Tale incontro sanciva il reciproco riconoscimento tra Roma e la Partia, di Stati indipendenti con uguali diritti di sovranità.
 
Ad Oriente la situazione politica, dopo un periodo di relativa tranquillità successivo agli accordi tra Augusto e i sovrani partici, tornò a farsi conflittuale: [[Fraate IV]] ed i suoi figli morirono mentre a Roma regnava ancora Augusto, e i Parti chiesero dunque che [[Vonone I di Partia|Vonone]], figlio di Fraate inviato tempo prima come ostaggio, potesse tornare in Oriente, per salire sul trono [[arsacidi di Partia|arsacide]].<ref>{{cita|Tacito|II, 2.}}</ref> Il nuovo sovrano, però, estraneo alle tradizioni locali, risultò inviso ai Parti stessi, e fu quindi cacciato da [[Artabano II]], e costretto a rifugiarsi in Armenia. Qui i re imposti sul trono da Roma erano morti, e Vonone fu dunque scelto come nuovo sovrano; tuttavia, ben presto Artabano fece pressione su Roma perché Tiberio destituisse il nuovo re armeno, e l'imperatore, per evitare di dover intraprendere una nuova guerra contro i Parti, fece arrestare Vonone dal governatore romano di [[Siria (provincia romana)|Siria]].<ref>{{cita|Tacito|II, 4.}}</ref>
 
A turbare la situazione orientale intervennero anche le morti del re della [[Cappadocia]] [[Archelao di Cappadocia|Archelao]], che era venuto a Roma a rendere omaggio a Tiberio, di [[Antioco III di Commagene|Antioco III]], [[re di Commagene]], e di [[Filopatore di Cilicia|Filopatore]], re di [[Cilicia]]: i tre stati, che erano [[Regno cliente (storia romana)|vassalli di Roma]], si trovavano così in una situazione di instabilità politica da non sottovlautare.<ref>{{cita|Tacito|II, 42.}}</ref>
 
La difficile situazione orientale rendeva necessario un nuovo intervento romano, e Tiberio nel [[18]] inviò il figlio adottivo, [[Gaio Giulio Cesare Claudiano Germanico|Germanico]], a cui fu concesso l<nowiki>'</nowiki>''imperium proconsolaris maius'' su tutte le province orientali. Giunto in Oriente, Germanico, con il consenso dei Parti, incoronò ad [[Artaxata]] un nuovo sovrano d'Armenia al giovane [[Artaxias III|Zenone]], figlio del sovrano del [[Ponto (geografia)|Ponto]] [[Polemone I del Ponto|Polemone I]] e soprattutto ''filoromano''.<ref>{{cita|Tacito|II, 56, 1-3.}}</ref> Stabilì, inoltre, che la Cappadocia fosse istituita come [[Cappadocia (provincia romana)|provincia]] a sé stante, e che la Cilicia entrasse invece a far parte della provincia di Siria.<ref>{{cita|Tacito|II, 56, 4.}}</ref> Germanico aveva così brillantemente risolto tutti i problemi che avrebbero potuto far temere l'accendersi di nuove situazioni di conflitto nella regione orientale. Germanico accettò di rinnovare l'amicizia con i Parti, e acconsentì dunque all'allontanamento dalla Siria di Vonone, che aveva stretto un legame di amicizia con il governatore Pisone.<ref>{{cita|Tacito|II, 58, 2.}}</ref>
 
[[File:Pseudo-Corbulo Musei Capitolini MC561.jpg|upright=0.8|left|thumb|Busto di [[Gneo Domizio Corbulone]], generale romano al tempo dell'imperatore [[Nerone]].]]
 
La sistemazione dell'Oriente approntata da Germanico garantì la pace fino al [[34]]: in quell'anno il re Artabano II di Partia, convinto che Tiberio, ormai vecchio, non avrebbe opposto resistenza da Capri, pose il figlio [[Arsace I di Armenia|Arsace]] sul trono di Armenia dopo la morte di Artaxias.<ref>{{cita|Tacito|VI, 31.}}</ref> Tiberio, allora, decise di inviare [[Tiridate III di Armenia|Tiridate]], discendente della dinastia arsacide a contendere il trono partico ad Artabano, e sostenne l'insediamento di [[Mitridate di Armenia|Mitridate]], fratello del re di [[Iberi]]a, sul trono di Armenia.<ref>{{cita|Tacito|VI, 32.}}</ref><ref name="Scullard332">Howard H. Scullard, ''Storia del mondo romano'', p.332.</ref> Mitridate riuscì ad impossessarsi del trono di Armenia.<ref>{{cita|Tacito|VI, 33.}}</ref> Artabano, temendo un nuovo massiccio intervento da parte dei Romani, rifiutò di inviare altre truppe contro Mitridate, e abbandonò le proprie pretese sul regno di Armenia.<ref>{{cita|Tacito|VI, 36.}}</ref> Contemporaneamente Artabano fu costretto a lasciare il trono all'arsacide Tiridate e a ritirarsi, anche se solo provvisoriamente.<ref>{{cita|Tacito|VI, 37.}}</ref> Poco tempo più tardi, infatti, Artabano, radunato un grosso esercito, marciò contro Tiridate cacciandolo dal trono, tanto che Tiberio dovette accettare che lo stato dei Parti continuasse ad essere governato da un sovrano ostile ai Romani.<ref>{{cita|Tacito|VI, 44.}}</ref>
 
Morto [[Tiberio]] nel [[37]], i [[Parti]] costrinsero ancora un volta l'Armenia a sottomettersi<ref>{{cita|Tacito|II.3}}</ref>), anche se sembra che i Romani nel [[47]] ottennero nuovamente il controllo del regno, a cui offrirono lo ''status'' di [[Regno cliente (storia romana)|cliente]]. La situazione era in continuo divenire. [[Nerone]], preoccupato dal fatto che il re della [[Parti]]a, [[Vologese I]], avesse posto sul trono del [[regno d'Armenia]] il proprio fratello [[Tiridate I di Armenia|Tiridate]], decise di inviare un suo valente generale, [[Gneo Domizio Corbulone]], a capo delle [[Campagne armeno-partiche di Corbulone|operazioni orientali]]. Quest'ultimo, una volta riorganizzato l'esercito, penetrò nel [[58]] in Armenia e giunto fino alla capitale [[Artaxata]] riuscì ad impadronirsene dopo aver battuto lo stesso Tiridate. L'anno successivo fu la volta di [[Tigranocerta]]. Al termine delle operazioni, nel [[60]], pose [[Tigrane V]] sul trono di [[Armenia]].
Scoppiata una nuova crisi nel [[62]], Corbulone fu costretto ad intervenire nuovamente. Egli infatti raggiunse un accordo definitivo con il "[[Vologese I|re dei re]]" nel [[63]], restaurando il prestigio di [[Roma]], e concludendo con [[Tiridate I di Armenia]] (sostituitosi a Tigrane V) un accordo che riconosceva nell'Armenia un [[Regno cliente (storia romana)|protettorato romano]], che rimase pressoché invariato fino al principato di [[Traiano]] ([[98]]-[[117]]).
 
=== Un secolo di offensive romane: da Traiano a Caracalla (114-216) ===
{{vedi anche|Campagne partiche di Traiano|Campagne partiche di Lucio Vero|Campagne partiche di Settimio Severo|Campagne partiche di Caracalla}}
 
{{Coin image box 1 double
| header = [[Traiano]]: [[aureo]]<ref>[[Roman Imperial Coinage]], ''Traianus'', II, 325.</ref>
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| image = File:Trajan RIC 325 - 650918.jpg
| caption_left = [[Imperator|IMP]] [[Cesare (titolo)|CAES]] [[Traiano|NER TRAIAN]] OPTIM<br />[[Augusto (titolo)|AVG]] [[Germanicus|GER]] [[Dacicus|DAC]] [[Parthicus|PARTHICO]],<br />testa laureata a destra,<br /> globo alla base del busto
| caption_right = P M [[Tribunicia potestas|TR P]] [[Console romano|COS]] VI<br /> [[Pater Patriae|P P]] S P Q R, PARTHIA CAPTA,<br /> la Partia è seduta sulla sinistra,<br /> a destra un parto.
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Nel [[113]], Traiano decise di procedere all'invasione del regno dei Parti. Il motivo era la necessità di ripristinare sul trono d'[[Armenia]] un re che non fosse un fantoccio nelle mani del re parto.
{{Quote|''Poi'' [Traiano] ''decise di compiere una campagna contro [[Regno d'Armenia|Armeni]] e [[Parti]], con il pretesto che il re armeno aveva ottenuto il suo diadema, non dalle sue mani, ma dal re dei Parti, anche se la sua vera ragione era il desiderio di ottenere nuovi successi e fama''.|[[Cassio Dione Cocceiano]], ''[[Storia romana (Cassio Dione)|Storia romana]]'', LXVIII, 17.}}
La verità è che Traiano progettava questa campagna da diversi anni, sulle orme del grande [[Alessandro Magno|Alessandro]] e della progettata, ma mai realizzata, spedizione di [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] di 150 anni prima.
 
Egli riuscì non solo a sottomettere l'Armenia, facendone una nuova provincia, ma fu il primo romano ad occupare la capitale dei [[Parti]], [[Ctesifonte]] (nel [[116]]) e raggiungere il [[golfo persico]]. La salute malferma e la morte improvvisa chiusero questo primo capitolo di offensive romane in territorio partico nel [[117]]. Il successore, [[Publio Elio Traiano Adriano]], decise al contrario di ripristinare lo ''status quo'' precedente ai primi scontri e riportò i confini imperiali lungo il fiume Eufrate.
 
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| header = [[Lucio Vero]]: [[sesterzio]]<ref>[[Roman Imperial Coinage]], ''Lucius Verus'', III, 1430. MIR 18, 114-16/35; BMCRE 1274 note (Aurelius); Cohen 191.</ref>
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| caption_left = [parte illeggibile] [[Parthicus maximus|PARTH MAX]], testa laureata a destra in uniforme militare (''[[paludamentum]]'')
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}}
 
Alla morte di [[Antonino Pio]], il nuovo sovrano [[parti]]co [[Vologese IV]], divenuto re nel [[148]], occupava l’[[Armenia]] di [[Soemo]], sovrano filo-romano dai tempi di Antonino Pio (''REX ARMENIIS DATUS'', monetazione del [[141]]-[[143]]),<ref>[[Roman Imperial Coinage|RIC]], ''Antoninus Pius'', III, 619.</ref> ponendo sul suo trono il fratello Pacoro, per poi invadere la vicina [[provincia romana]] di [[Siria (provincia romana)|Siria]] (fine del [[161]], inizi del [[162]]). Tra il [[163]] ed il [[166]] [[Lucio Vero]] fu così costretto dal fratello, [[Marco Aurelio]] a condurre una [[Campagne partiche di Lucio Vero|nuova campagna in Oriente]] contro i [[Parti]], che l'anno precedente avevano attaccato i territori romani di [[Cappadocia (provincia romana)|Cappadocia]] e [[Siria (provincia romana)|Siria]] ed occupato nuovamente il [[regno cliente (storia romana)|regno "cliente"]] [[regno d'Armenia|d'Armenia]]. Le armate romane, come cinquant'anni prima quelle di [[Traiano]], riuscirono anche questa volta ad occupare i territori fino alla capitale dei [[Parti]], [[Ctesifonte]]. La peste scoppiata durante l'ultimo anno di campagna, nel [[166]], costrinse i [[impero romano|Romani]] a ritirarsi dai territori appena conquistati, portando questa terribile malattia all'interno dei suoi stessi confini, e flagellandone la sua popolazione per oltre un ventennio.
 
Il nuovo imperatore, [[Settimio Severo]], che sosteneva di essere fratello dell'imperatore [[Commodo]], trucidato nel [[192]], intraprese una nuova guerra contro i Parti in due riprese. La prima fu condotta nel [[195]] al termine della quale ricostituì la provincia di [[Mesopotamia (provincia romana)|Mesopotamia]] ponendovi a presidio due delle tre nuove legioni appena create (la [[legio I Parthica|legio I]] e la [[legio III Parthica|III Parthica]]), sotto la guida di un prefetto di rango equestre. La seconda campagna fu condotta dall'estate del [[197]] alla primavera del [[198]]. Durante questa guerra i suoi soldati saccheggiarono nuovamente la capitale dei Parti, [[Ctesifonte]] e per questi successi si meritò l'appellativo di ''[[Adiabenicus]]'' e ''[[Parthicus maximus]]''.<ref>Yan Le Bohec, ''L'esercito romano. Le armi imperiali da Augusto a Caracalla'', Roma 1992, pp. 256 e 268.</ref>
 
{{Coin image box 1 double
| header = [[Settimio Severo]]: [[aureo]]<ref>[[Roman Imperial Coinage]], ''Septimius Severus'', IVa, 142b.</ref>
| hbkg = #abcdef
| image = File:Septimius Severus RIC 0142b.jpg
| caption_left = [[Settimio Severo|L SEPT SEV]] [[Augusto (titolo)|AVG]] [[Imperator|IMP]] XI [[Parthicus maximus|PART MAX]], testa laureata a destra, in uniforme militare<br /> (''[[Paludamentum]]'')
| caption_right = [[Vittoria (divinità)|VICToria]] PARTHICAE, la Vittoria che avanza verso<br />sinistra e tiene nelle mani una corona ed un trofeo, ai suoi piedi un prigioniero seduto (la [[Parti]]a).
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| footer = 7,11 g, coniato nel [[198]]/[[200]].
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}}
 
Le [[campagne partiche di Settimio Severo|campagne di Settimio Severo]], avevano portato ad una occupazione stabile della [[Mesopotamia (provincia romana)|Mesopotamia settentrionale]] facendone, come forse era accaduto anche sotto [[Lucio Vero]], una nuova [[provincia romana]] con a capo un ''[[praefectus Mesopotamiae]]'' di rango equestre.<ref>C.Scarre, ''Chronicle of the roman emperors'', London & New York 1995, p.131.</ref>
 
Nel [[215]] fu la volta del figlio [[Caracalla]], il quale alla testa di una "pseudo-falange" (sull'esempio di [[Alessandro Magno]]) penetrò nel territorio dei [[Parti]] riuscendo a portare la frontiera della provincia romana di [[Mesopotamia (provincia romana)|Mesopotamia]] più ad oriente, anche se un tentativo di invadere l'[[regno d'Armenia|Armenia]] si rivelò del tutto inutile. L'anno seguente (nel [[216]]) invase con l'inganno la [[Media (provincia persiana)|Media]], devastando l'[[Adiabene]] fino ad [[Arbil|Arbela]], ai danni del sovrano dei Parti, [[Artabano V]].<ref>{{cita|Erodiano|IV, 11.2-6.}}</ref><ref name="CassioDio79,1">{{Cita|Dione|LXXIX, 1.}}</ref> Al termine di quest'anno tornò a svernare ad [[Edessa (Mesopotamia)|Edessa]], ma l'anno successivo fu ucciso in seguito ad una congiura, interrompendo una nuova campagna contro i [[Parti]].<ref>{{cita|Arborio Mella|p. 337.}}</ref><ref>{{cita|Grant|p. 163.}}</ref>
 
Morto Caracalla, il [[prefetto del pretorio]], [[Marco Opellio Macrino|Macrino]], si fece proclamare imperatore e fece ritorno ad [[Antiochia di Siria|Antiochia]].<ref>{{cita|Erodiano|V, 2.3-6.}}</ref> Le attività militari continuarono però in [[Mesopotamia (provincia romana)|Mesopotamia]], poiché [[Artabano V]] era intenzionato a recuperare i territori perduti nella campagna precedente. Egli infatti riuscì a battere un [[esercito romano]] presso [[Battaglia di Nisibi (217)|Nisibi]] ed a ottenere la pace, dietro il pagamento di una grossa somma da parte di [[Impero romano|Roma]], la quale in cambio riuscì a mantenere i suoi possedimenti in [[Mesopotamia (provincia romana)|Mesopotamia]],<ref name="CassioDio79,26-27">{{cita|Dione|LXXIX, 26-27.}}</ref> probabilmente fino ad [[Hatra]]. La Mesopotamia sembra rimase sotto il controllo romano almeno fino al [[229]]/[[230]] circa.
 
== Contro i Sasanidi (224-627) ==
[[File:Naqsh i Rustam. Investiture d'Ardashir 1.jpg|thumb|upright=1.4|left|[[Ardashir I]], primo sovrano dei [[persiani]] [[Sasanidi]], è incoronato sovrano dal dio [[Ahura Mazda]], succedendo così alla dinastia dei [[Parti]].Kermanshah]]
{{Vedi anche|Sasanidi}}
[[File:Bas relief nagsh-e-rostam al.jpg|miniatura|Sollievo Rock-faccia a [[Naqsh-e Rostam|Naqsh-e Rustam]] del re sasanide Shapur I (a cavallo) cattura imperatore romano Valeriano (in piedi) e Filippo l'Arabo (ginocchio)]]
Le ripetute disfatte subite dai [[Parti]] da parte degli imperatori romani del II secolo, generarono discredito sulla [[Arsacidi di Partia|dinastia arsacide]], alimentando un movimento nazionale all'interno dell'attuale [[Iran]]. E così nel [[224]] un nobile persiano, di nome [[Ardashir I]], messosi a capo di una rivolta, riuscì a porre fine al regno dei Parti "''in tre battaglie''".<ref>{{cita|Dione|LXXX, 3.1-2.}}</ref> La nuova dinastia dei [[Sasanidi]], che si dice discendesse dagli [[Achemenidi]], sostituì una dinastia più tollerante, con una centralista, altamente nazionalista e impegnata in una politica di espansione imperialistica,<ref>{{cita|Agatangelo|I, 3-9}}; {{cita|Agazia|IV, 24.1}}.</ref><ref>Roger Rémondon, ''La crisi dell'impero romano. Da Marco Aurelio ad Anastasio'', Milano 1975, pp.73-74; Stephen Williams, ''Diocleziano. Un autocrate riformatore'', Genova 1995, p.24.</ref> destinata ad essere avversaria orientale dei Romani fino al [[VII secolo]].<ref name="ErodianoVI,2.1">{{cita|Erodiano|VI, 2.1.}}</ref><ref name="ZosimoI,18.1">[[Zosimo (storico)|Zosimo]], ''Storia nuova'', I, 18.1.</ref>
 
{{Quote|[[Ardashir I]] fu il primo re persiano che ebbe il coraggio di lanciare un attacco contro il regno dei [[Parti]] e il primo a riuscire a riconquistare l'impero per i Persiani.|[[Erodiano]], ''Storia dell'impero dopo Marco Aurelio '', VI, 2.6.}}
 
I [[Sasanidi]], che si consideravano discendenti dei [[Persiani]], rivendicavano il possesso di tutto l'impero che era stato degli [[Achemenidi]], ivi compresi i territori, ora romani, dell'Asia Minore e del Vicino Oriente fino al [[mar Egeo]].<ref name="Dione80,4.1">{{cita|Dione|LXXX, 4.1}}</ref><ref name="ErodianoVI,2.2">{{cita|Erodiano|VI, 2.2.}}</ref>
{{Quote|[Ardashir] Credendo che l'intero continente di fronte all'[[Europa]], separato dal [[Mar Egeo]] e dalla [[Propontide]], e la regione chiamata [[Asia]] gli appartenessero per diritto divino, egli intendeva recuperarlo per l'Impero persiano. Egli dichiarò che tutti i paesi della zona, tra [[Ionia]] e [[Caria]], erano stati governati da satrapi persiani, a partire da [[Ciro il Grande]], che per primo trasferì il regno dalla [[Media (provincia persiana)|Media]] ai [[Persiani]], fino a [[Dario III di Persia|Dario III]], l'ultimo dei sovrani persiani, il cui regno fu distrutto da [[Alessandro Magno|Alessandro il Grande]]. Così secondo lui era giusto restaurare e riunire per i Persiani, il regno che avevano precedentemente posseduto.|[[Erodiano]], ''Storia dell'impero dopo Marco Aurelio '', VI, 2.2.}}
 
=== Romani e Sasanidi da Ardashir I a Giuliano (224-363) ===
{{Vedi anche|Guerre romano sasanidi (224-363)}}
{{Campagnabox Guerre romano-sasanidi 395}}
 
==== Un trentennio di offensive sasanidi (230-260) ====
{{Vedi anche|Campagne mesopotamiche di Ardashir I|Campagna sasanide di Alessandro Severo|Campagne siriano-mesopotamiche di Shapur I|Campagna sasanide di Gordiano III}}
 
Sembra che nel [[229]]/[[230]], Sasanidi e Romani si scontrarono per la prima volta.
Sappiamo infatti che le armate persiane [[assedio (storia romana)|assediarono]] nel [[229]], seppure inutilmente, la città [[Regno cliente (storia romana)|"alleata"]] ai Romani di [[Hatra]] (per farne una base di attacco contro questi ultimi.<ref name="Millar149">F.Millar, ''The Roman near East (31 BC - AD 337)'', Cambridge Massachusetts & London 1993, p.149.</ref><ref name="Southern61">Pat Southern, ''The Roman Empire: from Severus to Constantine'', p. 61.</ref><ref name="Dione80,3.3">{{cita|Dione|LXXX, 3.3}}</ref><ref>{{cita|Agatangelo|I, 18-23.}}</ref> L'anno successivo i Sasanidi avanzarono nella [[Mesopotamia (provincia romana)|Mesopotamia romana]] ponendo sotto assedio molte guarnigioni ad ovest dell'[[Eufrate]]<ref name="ErodianoVI,2.3-5">{{cita|Erodiano|VI, 2.3-5.}}</ref> forse invadendo le [[province romane]] di [[Siria (provincia romana)|Siria]] e [[Cappadocia (provincia romana)|Cappadocia]].<ref name="Zonara12.15">[[Zonara]], ''L'epitome delle storie'', XII, 15.</ref><ref>[[Giorgio Sincello]], ''Selezione di cronografia'', 437, 15-25 (pp. 673, 17-674).</ref>
 
La reazione romana non si fece attendere. Nel [[232]], col supporto del [[regno d'Armenia]], i Romani invasero la [[Media (provincia persiana)|Media]] puntando alla capitale [[Ctesifonte]], già diverse volte occupata dalle [[esercito romano|armate romane]] al tempo dei Parti. L'esito di [[Campagna sasanide di Alessandro Severo|questa campagna sasanide]] ad opera di [[Alessandro Severo]] non modificò di fatto ''status quo ante bellum''.<ref>''[[Historia Augusta]]'', ''Severus Alexander'', 55-57; {{cita|Vittore|XXIV}}; {{cita|Eutropio|VIII, 23}}; [[Sofronio Eusebio Girolamo|Girolamo]], ''[[Chronicon (Girolamo)|Chronicon]]'', 223; [[Paolo Orosio|Orosio]], ''Historiarum adversos paganos'', VII, 18.7.</ref><ref name="vittoriapersiana">Nind Hopkins, ''The Life of Alexander Severus'', p. 230.</ref> [[Ardashir I]] mise così da parte temporaneamente le sue mire espansionistiche ad Occidente e si concentrò nel consolidamento del suo potere ad oriente.
 
{{Coin image box 1 double
| header = [[Alessandro Severo]]: [[sesterzio]]<ref>[[Roman Imperial Coinage]], ''Alexander Severus'', IVb, 596; Cohen, 492.</ref>
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| image = File:RIC 0596.1.jpg
| caption_left = [[Imperator|IMP]] [[Alessandro Severo|SEV ALEXANDER]] [[Augusto (titolo)|AVG]], testa laureata a destra, drappeggio sulle spalle;
| caption_right = [[Profectio]] [[Augusto (titolo)|AVGVSTI]], Alessandro Severo a cavallo, mentre regge una lancia, preceduto dalla [[Vittoria (divinità)|Vittoria]] verso destra, che regge corona e palma.
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| footer = Coniato nel [[231]]/[[232]].
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}}
 
La pressione dei barbari alle [[limes romano|frontiere settentrionali]] e contemporaneamente dei [[Sasanidi]] in Oriente, non solo si era intensificata, ma dava l'idea che l'[[impero romano|impero]] fosse così "accerchiato".<ref>R.Rémondon, ''op. cit.'', p. 74.</ref> Molti degli imperatori che vennero via via proclamati dalle legioni in questi venticinque anni, non riuscirono neppure a metter piede a Roma, né tanto meno a mettere mano a riforme interne durante i loro brevissimi regni, poiché permanentemente occupati nelle lotte contro altri pretendenti al trono imperiale o a difesa del territorio contro i nemici esterni. Il periodo dell'[[anarchia militare]] in cui per circa un cinquantennio versò l'[[Impero romano]], determinarono non pochi vantaggi a favore del nascente [[Sasanidi|Impero sasanide]], che non si lasciò sfuggire l'occasione di sorprendenti rivincite.
 
Ancora [[Ardashir I]], dopo una tregua durata circa un quinquennio, [[Campagne mesopotamiche di Ardashir I|tornò ad attaccare]] la [[Mesopotamia (provincia romana)|Mesopotamia romana]] a partire dal [[237]]/[[238]],<ref name="ZonaraXII,18">[[Zonara]], ''L'epitome delle storie'', XII, 18.</ref><ref>[[Giorgio Sincello]], ''Selezione di cronografia '', 681.</ref><ref>[[Historia Augusta]], ''Maximus and Balbinus'', 13.5.</ref> arrivando a porre sotto assedio la stessa [[Campagne mesopotamiche di Ardashir I#Terza fase: nuove invasioni sasanidi nella Mesopotamia romana, dopo la morte di Alessandro severo (237-241)|Antiochia]] di [[Siria (provincia romana)|Siria]] nel [[240]].<ref>[[Historia Augusta]], ''Gordiani tres'', 26, 5-6.</ref> A partire poi dal [[241]], Ardashir associò al potere il figlio, [[Sapore I]].
 
L'[[imperatore romano]] [[Gordiano III]] fu costretto così ad intervenire per riprendersi i territori perduti, ed iniziò una [[Campagna sasanide di Gordiano III|nuova campagna]] contro [[Sapore I]] nella primavera del [[243]], ma la morte improvvisa dello stesso Imperatore, sembra assassinato dietro istigazione del [[prefetto del pretorio]] [[Filippo l'Arabo]],<ref>{{cita|Arborio Mella|pp. 356-357}}; {{cita|Grant|pp. 204-205.}}</ref> destinato a succedergli, portò alla cessazione delle ostilità. La pace fu siglata, questa volta con un trattato molto oneroso per i Romani, con il pagamento di ben 500.000 [[denario|denari]].<ref>''[[Res Gestae Divi Saporis]]'', 4.</ref> Il ritiro delle [[esercito romano|armate romane]] portò allo ''status quo ante'' le [[Campagne mesopotamiche di Ardashir I|campagne di Ardashir]] degli anni [[237]]-[[241]], ed una pace che durò per otto anni, fino al [[252]]. Tornarono così sotto il controllo romano parte della [[Mesopotamia (provincia romana)|Mesopotamia settentrionale]] fino a [[Singara]], al punto che Filippo si sentì autorizzato a fregiarsi del titolo di ''[[Persicus maximus]]''.<ref>Zosimo, ''Storia nuova'', I, 19.1; {{CIL|6|1097}} (p 3778, 4323); Grant, p. 207.</ref>
 
[[File:Sapore, Gordiano e Filippo - rilievo a Bishapur 01.jpg|thumb|Rilievo [[sasanidi|sasanide]] a [[Bishapur]], raffigurante il trionfo di [[Sapore I]] (a cavallo) sugli [[imperatori romani]] [[Gordiano III]] (calpestato dal cavallo), [[Filippo l'Arabo]] (tenuto da Sapore) e [[Valeriano]] (in ginocchio davanti a Sapore)]]
 
Sotto l'impero di [[Treboniano Gallo]] ([[251]]-[[253]]) i [[Sasanidi]] tornarono ad impossessarsi dell'[[Regno d'Armenia|Armenia]], uccidendone il sovrano regnante ed espellendone il figlio ([[252]]). L'anno seguente [[Sapore I]] riprese una violenta offensiva contro le province orientali dell'[[impero romano]]. Le truppe persiane occuparono la provincia della [[Mesopotamia (provincia romana)|Mesopotamia]]<ref>{{cita|Eutropio|9, 8.}}</ref> e si spinsero in [[Siria (provincia romana)|Siria]] dove batterono l'esercito romano accorrente a [[Battaglia di Barbalissos|Barbalissos]] e si impossessarono della stessa [[Antiochia di Siria|Antiochia]], dove razziarono un ingente bottino e trascinarono con sé numerosi prigionieri ([[253]]). Questa invasione avveniva contemporaneamente ad un'altra grande incursione proveniente al di là del [[Danubio]] e del [[Ponto Eusino]] da parte dei [[Goti]] (a tal proposito si veda [[Invasioni barbariche del III secolo]]).<ref>{{cita|Grant|pp. 219-220.}}</ref>
 
Ancora nel [[256]],<ref>{{cita|Rémondon|p. 75.}}</ref> fino al [[259]]-[[260]], gli eserciti di [[Sapore I]], sottraevano importanti roccaforti al dominio romano in [[Siria (provincia romana)|Siria]].<ref>[[Eutropio]], ''Breviarium ab urbe condita'', 9, 8.</ref> L'imperatore [[Valeriano]] fu costretto ad intervenire, ma giunto ad assediare Edessa e recatosi ad un incontro con il re persiano, sembra fu fatto prigioniero a tradimento nell'aprile-maggio del [[260]].<ref>{{cita|Eutropio|ix.7}}; Grant (p. 227) suggerisce che [[Valeriano]] abbia chiesto "asilo politico" al re persiano [[Sapore I]], per sottrarsi ad una possibile congiura, in quanto nelle file dell'esercito romano che stava assediando Edessa, serpeggiavano evidenti segni di ammutinamento.</ref><ref>[[Zosimo (storico)|Zosimo]], ''Storia nuova'', I, 36.2.</ref>
Il figlio, [[Gallieno]], trovandosi in quello stesso periodo a dover combattere lungo il [[limes romano|fronte del basso Danubio]] contro i [[Goti]], dovette rinunciare a compiere una ulteriore spedizione per liberare il padre.<ref>{{cita|Mazzarino|pp. 527-528.}}</ref> Egli preferì designare [[Settimio Odenato]], principe di [[Palmira]], del titolo di ''corrector totius Orientis'', con l'obiettivo di allontanare sia la minaccia [[sasanide|sasanidi]] sia quella dei [[Goti]], che infestavano le coste dell'Asia Minore.<ref>{{cita|Mazzarino|p. 534.}}</ref>
 
==== Intermezzo palmireno tra i due Imperi (260-273) ====
[[File:Impero romano 260.png|thumb|upright=1.4|left|La triarchia dell'[[Impero romano]], vide la costituzione dell'[[Impero delle Gallie]] ad Occidente, del [[Regno di Palmira]] a Oriente ed al centro l'[[Italia]] e l'[[Illiricum|Illirico]].]]
{{Vedi anche|Regno di Palmira|Campagne sasanidi di Odenato|campagne orientali di Aureliano}}
 
La cattura di [[Valeriano]] da parte dei [[Persiani]] lasciò l'Oriente romano alla mercé di [[Sapore I]], il quale riuscì ad occupare oltre a [[Tarso (Asia Minore)|Tarso]] ed [[Antiochia di Siria|Antiochia]], anche tutta la [[Mesopotamia (provincia romana)|provincia romana di Mesopotamia]] e parte della [[Cappadocia (provincia romana)|Cappadocia]].<ref name=grant231>{{cita|Grant|p. 231.}}</ref>
La controffensiva romana portò il [[prefetto del pretorio]], [[Ballista]], a sorprendere i Persiani presso Corycus in [[Cilicia]] ed a respingerli fino all'[[Eufrate]].<ref name=grant231 /> Frattanto Odenato decise di abbracciare la causa di Roma contro i Persiani, infliggendo agli stessi una pesante sconfitta.<ref>{{cita|Arborio Mella|p. 360}}</ref>
 
Nel [[262]] [[Odenato]], nominato da [[Gallieno]] ''rector Orientis'', tornò ad occupare tutta la [[Mesopotamia (provincia romana)|Mesopotamia romana]], recuperando gran parte degli antichi territori orientali romani<ref name=grant231 /> e costringendo [[Sapore I]] alla fuga dopo averlo battuto in battaglia.<ref>[[Historia Augusta]], ''Trenta tiranni'', ''Odenato'', 15.3.</ref> L'anno successivo una [[campagne sasanidi di Odenato|campagna militare]] lo condusse ad occupare la stessa capitale dei Persiani, [[Ctesifonte]].<ref>[[Eutropio]], ''Breviarium ab urbe condita'', 9, 10; [[Zosimo (storico)|Zosimo]], ''Storia nuova'', I, 39.2.</ref><ref>[[Historia Augusta]], ''Trenta tiranni'', ''Odenato'', 15.4.</ref>
 
L'ambiziosa vedova di [[Odenato]], [[Zenobia]], una volta ottenuto il controllo del [[Regno di Palmira|regno palimereno]] e di tutti i domini orientali dell'[[impero romano]], trasformò il nuovo stato in una monarchia indipendente dai due Imperi. Suo figlio [[Vaballato]] divenne, infatti, non solo ''corrector totius Orientis'', ma anche ''Rex'' (Re).<ref>{{cita|Mazzarino|pp. 561-562.}}</ref> Zenobia orchestrò la ribellione contro l'autorità Imperiale ed attuò una politica espansionistica negli anni successivi (dal 269 al 270), riuscendo ad annettere al nuovo Regno, la [[Bitinia e Ponto (provincia romana)|Bitinia, Ponto]] ed l'[[Egitto (provincia romana)|Egitto]].
 
La nuova situazione geopolitica dell'area, ratificata da un trattato concluso con l'imperatore [[Claudio II il Gotico]], portò alla guerra con Roma con l'avvento del nuovo imperatore [[Aureliano]]. Querst'ultimo, deciso infatti a ristabilire il controllo romano su tutte le regioni orientali, riuscì ad entrare vittorioso nella capitale del regno di Zenobia, a [[Palmira]] (estate [[272]]). La regina fu catturata insieme al figlio, ed esibita pochi anni più tardi nel [[Trionfo]] presso il [[Foro romano]].<ref>{{cita|Mazzarino|p. 570.}}</ref>
 
==== Nuove offensive romane (273-298) ====
[[File:Thessaloniki-Arch of Galerius (eastern face).jpg|thumb|[[Arco di Galerio]] a [[Tessalonica]]. Fu eretto dall'[[galerio|omonimo imperatore]] per celebrare la vittoria sui Sasanidi del [[297]], che portò ad una pace durata quaranta anni.]]
{{Vedi anche|Campagna sasanide di Caro e Numeriano|Tetrarchia|Campagne sasanidi di Galerio}}
 
L'ultima impresa che aveva progettato l'imperatore, [[Marco Aurelio Probo]], fu quella di tornare in possesso della provincia di [[Mesopotamia (provincia romana)|Mesopotamia]], strappandola ai [[Persiani]].<ref>{{cita|Grant|p. 256.}}</ref> La Historia Augusta ci racconta che:
{{Quote|...i Persiani mandarono [a Probo] ambasciatori in segno di timore per chiedere la pace, ma egli accolti con atteggiamento sprezzante, li rimandò in patria più timorosi di prima.|[[Historia Augusta]], ''Probo'', 17.4-6}}
Conclusa la pace con i Persiani, riprese in mano il progetto di invadere la Mesopotamia due anni più tardi nel [[282]]. E mentre stava organizzando le armate a [[Sirmio]] per questa imponente campagna militare, cadde ucciso a tradimento.<ref>Historia Augusta, ''Probo'', 20.</ref>
 
Ucciso [[Marco Aurelio Probo|Probo]], divenne imperatore il suo [[prefetto del pretorio]], [[Marco Aurelio Caro]], il quale organizzò una campagna contro i Sasanidi, approfittando del fatto che il re persiano [[Bahram II]] era stato indebolito da una guerra civile contro il fratello Ormisda. Caro [[Campagna sasanide di Caro e Numeriano|condusse le proprie armate]] in territorio sasanide, occupando [[Seleucia al Tigri|Seleucia]] e [[Ctesifonte]] (nel [[283]]),<ref>{{cita|Eutropio|9, 18.}}</ref> tanto da meritarsi l'appellativo di ''[[Persicus maximus]]''. L'avanzata romana cessò con l'assassinio dell'imperatore, che lasciò al figlio [[Numeriano]], il compito di ricondurre l'esercito all'interno dei confini dell'impero. L'anno successivo anche quest'ultimo fu ucciso a [[Perinto]].<ref>{{cita|Mazzarino|p. 586}}; {{cita|Grant|p. 260.}}</ref>
 
Appena ottenuto il potere, [[Diocleziano]] nominò suo [[Cesare (titolo)|cesare]] per l'Occidente un valente ufficiale di nome [[Massimiano]], facendone il proprio successore designato, formando così una diarchia in cui i due imperatori si dividevano su base geografica il governo dell'impero e la responsabilità della difesa delle frontiere e della lotta contro gli usurpatori. Data però la crescente difficoltà a contenere le numerose rivolte all'interno dell'impero e lungo i confini settentrionali ed orientali, nel [[293]] si procedette a un'ulteriore divisione territoriale: Diocleziano nominò come suo cesare per l'oriente [[Galerio]], mentre Massimiano fece lo stesso con [[Costanzo Cloro]] per l'occidente.
 
Dalle affermazioni di [[Eutropio]] risulterebbe che una nuova guerra tra Roma e la Persia iniziò già nel [[293]].<ref>[[Eutropio]], ''Breviarium ab urbe condita'', 9, 22.</ref> Ma è solo nel [[296]] che il [[cesare (titolo)|cesare]] [[Galerio]], intraprese una [[campagne sasanidi di Galerio|campagna militare su vasta scala]] contro il nuovo sovrano sanasnide [[Narsete di Persia|Narsete]], che aveva invaso la provincia romana di [[Siria (provincia romana)|Siria]] tre anni prima. L'[[esercito romano]], seppure dopo un'iniziale sconfitta presso [[Battaglia di Callinicum (296)|Nicephorium Callinicum]],<ref>{{cita|Eutropio|9, 24.}}</ref> nel [[297]], avanzando attraverso le montagne dell'[[Armenia]], ottenne una vittoria decisiva sul "re dei re".<ref>[[Eutropio]], ''Breviarium ab urbe condita'', 9, 25.</ref>
 
Approfittando del vantaggio, prese la città di [[Ctesifonte]], costringendo Narsete alla pace l'anno successivo. La Mesopotamia ritornò sotto il controllo romano, l'Armenia fu riconosciuta protettorato romano, mentre a [[Nisibi]] furono accentrate le vie carovaniere dei commerci con l'estremo Oriente ([[Storia della Cina|Cina]] e [[Storia dell'India|India]]). Con il controllo di alcuni territori ad est del fiume [[Tigri]], fu raggiunta la massima espansione dell'impero verso est ([[298]]).<ref>{{cita|Mazzarino|p.588.}}</ref>
 
==== Quarant'anni di pace tra i due Imperi (298-337) ====
[[File:Costantino nord-limes png.PNG|upright=1.8|left|thumb|Le [[limes orientale|frontiere orientali]] al tempo di [[Costantino]], con i [[campagne germanico-sarmatiche di Costantino|territori acquisiti]] nel corso del trentennio di campagne militari (dal [[306]] al [[337]]).]]
 
Il trattato di pace, siglato nel [[298]], durò per quasi quaranta anni, portò a Diocleziano un nuovo [[trionfo]], in occasione del ventesimo anniversario dall'ascesa al trono (nel [[304]]):
{{Quote|[Diocleziano] entrato nel suo 20° anno di regno, celebrò quella data memorabile, e il successo delle sue armi, con tutta la pompa di un trionfo romano. [...] L'Africa e la Britannia, il Reno, il Danubio e il Nilo fornirono i loro rispettivi trofei, ma l'ornamento più splendido fu di natura più singolare: una vittoria persiana seguita da un'importante conquista. Davanti al carro imperiale sfilarono le rappresentazioni di fiumi, montagne e province. Le immagini delle mogli, delle sorelle e dei figli del Gran Re, prigionieri, costituivano uno spettacolo nuovo e gratificante per la vanità del popolo.|Edward Gibbon, ''Declino e caduta dell'Impero romano'', pag. 148-149}}
 
La sconfitta dei [[Sasanidi]] ad opera di [[Diocleziano]] e [[Galerio]] garantì all'[[Impero romano]] quasi un quarantennio di relativa pace, ed il riconoscimento del [[Regno d'Armenia]] come "stato cliente". Fu solo quando nel [[334]], il re armeno fu fatto prigioniero e condotto in [[Persia]], che gli [[Armenia (provincia romana)|Armeni]] invocarono l'aiuto di [[Costantino I]].<ref>E. Horst, ''Costantino il grande'', Milano 1987, pp. 308-309.</ref> Quest'ultimo dopo aver scritto inutilmente al grande "re dei re", [[Sapore II]], decise di prepararsi alla guerra contro la [[Sasanidi|Persia]] a partire dalla fine del [[336]].<ref>[[Eusebio di Cesarea]], ''[[Vita di Costantino (Eusebio)|Vita Constantini]]'', IV, 56.</ref><ref name="Horst310">E. Horst, ''Costantino il grande'', Milano 1987, p. 310.</ref> [[Giovanni Lido]] non nasconde che il desiderio di Costantino era anche quello di eguagliare imperatori come [[Traiano]] e [[Settimio Severo]] nella conquista della Persia.<ref>[[Giovanni Lido]], ''De magistratibus'', III, 34.</ref>
 
==== Nuove offensive sasanidi e controffensiva romana di Giuliano (337-363) ====
[[File:Shapurii.jpg|thumb|Moneta di [[Sapore II]], sovrano dei [[Sasanidi]] (309-379) contemporaneo di Costanzo: tutto il regno di Costanzo fu caratterizzato da ostilità ad alta e bassa intensità con i vicini orientali, con i due sovrani che ottennero vittorie e sconfitte senza mai portare il colpo decisivo.]]
{{Vedi anche|Campagne siriano-mesopotamiche di Shapur II|Campagna sasanide di Giuliano}}
 
Nel [[337]], poco prima della morte di [[Costantino I]], i due eserciti, da una parte quello romano comandato dal figlio di Costantino, [[Costanzo II]], e dal nipote [[Annibaliano]] (a cui era stato promesso di elevarlo a "''re degli Armeni''"<ref>''[[Annales Valesiani]]'', VI, 35.</ref>), dall'altro quello persiano, condotto da [[Sapore II]], ruppero la tregua conclusa oltre trent'anni prima da [[Narsete di Persia|Narsete]] e [[Galerio]], e tornarono a scontrarsi.<ref name="Horst310"/> Costanzo si recò ad [[Antiochia di Siria]], dove qui rimase dal [[338]] al [[350]] per meglio difendere i [[limes orientale|confini orientali]].<ref name="bury11">Bury, p. 11.</ref> L'esito degli scontri non ci è noto però, anche se si presuppone sia avvenuto in [[Mesopotamia (provincia romana)|Mesopotamia]].<ref name="Horst310"/>
 
Costanzo affrontò intanto anche la difficile situazione [[Regno d'Armenia|armena]], che tornò sotto l'influenza romana per tutti gli [[anni 340]].<ref name="bury12">Bury, p. 12.</ref> Il conflitto per la Mesopotamia fu invece pienamente militare. Costanzo scelse di affidarsi ad una nuova linea strategica, potenziando tutta una serie di fortezze frontaliere disposte in profondità, facendo perno su di esse per contenere gli attacchi sasanidi. Si trattò quindi di una guerra difensiva per le armate romane, in cui furono evitate per quanto possibile le manovre in campo aperto con l'esercito al completo. Tra gli episodi principali della guerra vi furono alcune vittorie dei suoi generali, che gli permisero di fregiarsi dal [[338]] del titolo di ''[[Persicus]]'' e dal [[343]] di quello di ''[[Adiabenicus Maximus]]''.<ref name="bury13">{{cita|Bury|p. 13.}}</ref> Era iniziato così un conflitto che durò a fasi alterne per ben ventisei anni, in cui Sapore cercò di conquistare le fortezze frontaliere della [[Mesopotamia]] romana: [[Singara]], [[Nisibi]] e [[Diyarbakır|Amida]]. E sebbene Sapore fosse riuscito in alcune circostanze a sconfiggere l'[[esercito romano]] di [[Costanzo II]], non riuscì a garantire una occupazione permanente di queste fortezze, spesso rioccupate dai Romani.
 
[[File:Campagna persiana di Giuliano (363).png|thumb|upright=1.4|left|Campagna sasanide di [[Giuliano (imperatore romano)|Giuliano]], [[362]]-[[363]].]]
 
Le operazioni militari contro i Romani si dovettero interrompere quando i Sasanidi nel [[351]] furono attaccati a oriente (nell'attuale [[Afghanistan]]<ref name="bury14">Bury, p. 14.</ref>) da alcune tribù nomadi: dopo una lunga guerra ([[353]]-[[358]]), Sapore riuscì a soggiogare le tribù, ottenendo degli alleati per la sua successiva campagna contro i Romani. La nuova offensiva sasanide portò nel [[359]] alla [[Battaglia di Amida|conquista di Amida]]; l'anno successivo fu la volta di Singara e di altre fortezze.<ref>{{Cita|Ammiano|xx 7.}}</ref>
 
Costanzo fu obbligato a lasciare la frontiera per affrontare l'usurpazione del cugino [[Giuliano (imperatore romano)|Giuliano]], morendo lungo il viaggio. Il nuovo imperatore fu impegnato nella politica interna, ma nel [[363]] diede inizio ad una [[campagna sasanide di Giuliano|campagna militare contro i Sasanidi]], nella quale riuscì a penetrare in territorio nemico, sconfiggendo l'esercito di Sapore, superiore in numero, nella [[battaglia di Ctesifonte]], ma non riuscì a conquistare la città, e fu ucciso durante la ritirata. Al suo posto fu eletto imperatore [[Gioviano]], col quale Sapore firmò un trattato di pace che garantì ai Sasanidi importanti guadagni territoriali.
 
=== Romani e Sasanidi, da Gioviano alla conquista araba (364-627) ===
{{Vedi anche|Impero bizantino|Sasanidi|Guerre romano sasanidi (363-628)}}
 
Successivamente Sapore rivolse la propria attenzione all'[[Armenia]], da lungo tempo contesa ai Romani. Riuscì a catturare il re [[Arsace II d'Armenia|Arshak II]], fedele alleato di Roma, e lo costrinse al suicidio; tentò anche di introdurre lo [[Zoroastrismo]] nel paese. La nobiltà armena si oppose all'invasione e prese contatto con i Romani, che inviarono il re [[Papa di Armenia|Papa]], figlio di [[Arsace II d'Armenia|Arshak II]], in Armenia. Sull'orlo di una nuova guerra, l'imperatore [[Valente (imperatore romano)|Valente]] decise di sacrificare Papa, facendolo assassinare a [[Tarso (Asia Minore)|Tarso]], dove si era rifugiato, dal generale [[Traiano (magister peditum)|Traiano]] ([[374]]).
 
Nel 384 l'Armenia venne spartita tra i due imperi: l'Armenia orientale finì sotto l'influenza sasanide, come stato vassallo, mentre la parte occidentale venne annessa all'Impero romano d'Oriente. Seguirono anni di pace tra i due imperi.
 
==== Campagne di Teodosio II ====
[[File:Roman-Persian Frontier, 5th century.png|thumb|upright=1.4|La frontiera romano–persiana dopo la spartizione dell'Armenia nel 384. La frontiera rimase stabile per tutto il V secolo.]]
{{Campagnabox Guerre romano-sasanidi 627}}
{{Vedi anche|Campagne sasanidi di Teodosio II}}
 
La situazione cambiò nel 421 quando, appena salito al trono, [[Bahram V]] continuò la persecuzione contro i cristiani iniziata dal padre, [[Yazdgard I]], dopo il tentativo del vescovo di [[Ctesifonte]] di bruciare il tempio del Grande Fuoco della capitale sasanide.<ref>[[Edward Gibbon]], ''Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano'', [[s:Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano/32|capitolo 32]]</ref> Questa persecuzione fu il ''[[casus belli]]'' dell'offensiva imperiale. L'imperatore [[Teodosio II]] inviò un forte contingente militare in [[Armenia]], da sempre contesa dalle due potenze confinati, al comando di [[Ardaburio]], il quale inflisse delle sconfitte all'esercito sasanide, saccheggiò l'[[Arzanene]] e, dopo aver ottenuto rinforzi, invase la Mesopotamia assediando [[Nisibi]]. Bahram, vista in pericolo la prestigiosa e fondamentale fortezza di Nisibis, decise di guidare personalmente l'[[esercito sasanide]]. Condotti dal loro re i Persiani riuscirono a liberare Nisibi dall'assedio romano e a costringere i Romani al ritiro. Dopo aver messo sotto assedio [[Teodosiopoli]], Bahram venne sconfitto a [[Resaena]]. Lo scià tentò allora un colpo di mano, ordinando agli ''[[Immortali]]'' di attaccare il campo romano: Ardaburio riuscì però a neutralizzare l'attacco e ad imporre la pace al sovrano sasanide ([[423]]).
 
Nel [[440]] Yazdgard radunò un esercito composto da contingenti di diverse nazioni vassalle dei Persiani e attaccò i Romani prendendoli di sorpresa: solo una improvvisa e notevole alluvione mise fine all'attacco persiano, permettendo ai Romani di ritirarsi e impedendo a Yazdgard, che comandava il proprio esercito, di invadere il territorio romano. Teodosio inviò allora il proprio generale [[Anatolio (console)|Anatolio]] al campo sasanide dove riuscì a persuadere Yazdgard a stipulare la pace, che prevedeva tra i suoi termini l'accordo di non costruire nuove fortezze frontaliere e di non fortificare quelle esistenti.<ref>{{cita|Procopio|I, 2.}}</ref>
 
==== Campagne del VI e VII secolo ====
===== Guerra anastasiana (502-506) =====
{{main|Guerra romano-persiana del 502-506}}
 
Ai due brevi conflitti scoppiati sotto il regno di Teodosio II seguirono cinquant'anni di pace nel corso dei quali l'Impero sasanide divenne tributario degli [[Eftaliti]] o Unni Bianchi. Nel 502 lo scià persiano [[Kavad I|Cavade I]], trovatosi in debito in debito con il re degli Eftaliti, chiese in prestito del denaro all'Imperatore d'Oriente [[Anastasio I Dicoro|Anastasio]], ma al rifiuto di questi, dichiarò guerra all'Impero.<ref name=ProcI7>{{cita|Procopio|I, 7}}</ref> Cavade, con una campagna rapida, saccheggiò tutta l'Armenia espugnando nel [[503]] [[Teodosiopoli]]<ref>{{Cita|Giosuè Stilita|[http://www.tertullian.org/fathers/joshua_the_stylite_02_trans.htm XLIII]}}<br />* {{cita|Greatrex–Lieu (2002)| II, 62}}</ref> e [[Diyarbakır|Amida]].<ref name=ProcI7/> Anastasio reagì allestendo quattro eserciti<ref name=ProcI8>{{cita|Procopio|I, 8}}</ref> ma questi, a causa della loro lentezza e imprudenza, vennero sconfitti agevolmente dall'esercito di Cavade ([[503]]).<ref name=ProcI8/> Dopo aver saccheggiato l'[[Arzanene]], i Romani riuscirono a comprare la resa di Amida versando una certa somma di denaro ([[504]]).<ref name=ProcI9>{{cita|Procopio|I, 9}}</ref> Il protrarsi del conflitto contro gli Eftaliti convinse infine Cavade a concludere una pace con l'Impero d'Oriente, che venne firmata nel [[506]].<ref name=ProcI9/>
 
Negli anni successivi la tensione tra i due imperi venne alimentata dalla decisione dell'Imperatore Anastasio di fortificare [[Dara]], che suscitò le proteste di Cavade, che sosteneva che la costruzione di nuove fortificazioni nella frontiera tra i due imperi violava i trattati di pace precedenti.<ref>{{cita|Procopio|I, 10}}</ref> Nonostante le proteste, le mura vennero completate nel [[507]]–[[508]].<ref>{{cita|Giosuè Stilita|[http://www.tertullian.org/fathers/joshua_the_stylite_02_trans.htm XCIII–XCIV]}}<br />* {{Cita|Greatrex–Lieu (2002)|II, 77}}</ref> Vennero riparate anche le fortificazioni di Edessa, [[Batne]] e Amida.<ref>{{cita|Giosuè Stilita| [http://www.tertullian.org/fathers/joshua_the_stylite_02_trans.htm XC]}}<br />* Greatrex–Lieu (2002), II, 74</ref>
 
===== Guerra iberica (526-532) =====
{{main|Guerra iberica}}
[[File:Roman-Empire 477ad.jpg|thumb|left|upright=1.4|I due imperi romano e persiano nel 477, e le nazioni confinanti con essi, che spesso vennero coinvolte nei loro conflitti]]
 
Nel 524-525, Cavade propose all'Imperatore Giustino I di adottare Cosroe ma l'Augusto rifiutò.<ref>{{cita|Procopio|I, 11}}</ref> Le tensioni tra i due imperi si mutarono in conflitto quando l'[[Iberia (Caucaso)|Iberia]] passò dall'influenza sasanide all'alleanza con i Romani; il sovrano Kavad I aveva infatti cercato di convertire forzatamente gli Iberici, cristiani, allo [[Zoroastrismo]], causando (524/525) la rivolta degli Iberici, governati dal re Gurgene, che chiesero aiuto all'Imperatore di Costantinopoli. Giustino I intervenne quindi in soccorso del re iberico Gurgene, ma gli aiuti furono insufficienti, e Gurgene fu costretto a fuggire a Costantinopoli.<ref name=ProcI12>{{cita|Procopio|I, 12}}</ref> I primi anni di guerra furono favorevoli ai Persiani: oltre a sedare la rivolta iberica, riuscirono anche a respingere un'offensiva romana contro Nisibi e [[Thebetha]] e ad impedire, con alcuni attacchi, agli eserciti romani di fortificare [[Thannuris]] e [[Melabasa]].<ref name="Gl83">Zacharias Rhetor, ''Historia Ecclesiastica'', IX, 2<br />* Greatrex–Lieu (2002), II, pp. 83, 86</ref>
 
Nel [[527]], morto Giustino II, divenne imperatore [[Giustiniano I|Giustiniano]], il quale riorganizzò l'[[esercito bizantino|esercito]] nel tentativo di porre rimedio a queste sconfitte.<ref>Greatrex–Lieu (2002), II, 85</ref> Il nuovo imperatore nominò [[Belisario]] ''magister militum per orientem'', affidandogli il comando della guerra contro i Sasanidi.<ref>{{cita|Procopio|I, 13}}</ref> La scelta si rivelò felice, e Belisario diede prova del suo valore sconfiggendo, grazie alla sua superiore abilità tattica, l'esercito sasanide nella [[battaglia di Dara]] ([[530]]).<ref>{{cita|Procopio|I, 14}}</ref> Vennero poi respinte varie incursioni sasanidi in territorio romano, i Persiani occuparono due fortezze in Lazica, i Romani occuparono alcune fortezze in Persarmenia e sottomisero la nazione degli Tzani.<ref>{{cita|Procopio|I, 15}}</ref> Nel [[531]] i Persiani sferrarono una grande offensiva nel Commagene, sperando di impadronirsi di Antiochia: ma, pur infliggendo una sconfitta a Belisario [[Battaglia di Callinicum|presso Callinicum]], si ritirarono con pesanti perdite senza aver espugnato una città.<ref>{{cita|Procopio|I, 18}}</ref> Dopo la battaglia di Callinicum, Belisario venne rimosso dal suo incarico mentre Ermogene tentò invano di negoziare una pace con Cavade.<ref>{{cita|Procopio|I, 21}}</ref> Nel 532, in seguito alla morte di Cavade, il suo successore Cosroe firmò con l'Impero d'Oriente una ''pace eterna'', che prevedeva il pagamento per i Romani di 110 centenaria ai Sasanidi e il mantenimento dello ''status quo'' antecedente alla guerra.<ref>{{cita|Procopio|I, 22}}</ref>
 
===== Giustiniano I contro Cosroe I (540-561) =====
{{vedi anche|Guerra lazica}}
[[File:Justinian Byzanz.png|upright=1.4|thumb|Gli imperi romano e sasanide sotto il regno di Giustiniano.
{| width=100%
|-
| valign=top |
{{legend|#A8BDEC|Impero bizantino}}
{{legend|#DDA0DD|Conquiste di Giustiniano}}
| valign=top |
{{legend|#ffff99|Impero sasanide}}
{{legend|#FFA040|Vassalli dei Sasanidi}}
|}]]
 
La pace durò otto anni durante i quali Giustiniano, per mezzo di Belisario, riuscì a impadronirsi del Nord Africa e di gran parte dell'Italia, compresa Roma. Nella primavera del 540 però [[Cosroe I]], su pressanti richieste dei Goti e degli Armeni, decise di infrangere il trattato:<ref>{{cita|Procopio|II, 2}}</ref> invase dunque la Siria e la Mesopotamia, espugnando e distruggendo varie città inclusa [[Antiochia di Siria|Antiochia]]<ref>{{cita|Procopio|II, 10}}</ref>, la cui popolazione venne deportata in Persia.<ref name="BrJustFPW">{{cita|Greatrex–Lieu (2002)|II, p. 102}}</ref><ref>{{cita|Procopio|II, 14}}</ref> Alla notizia di questi avvenimenti l'Imperatore Giustiniano richiamò immediatamente il suo generale migliore, Belisario, dall'Italia per inviarlo contro i Persiani. Giunto in Mesopotamia nella primavera del [[541]], Belisario invase il territorio persiano, riuscendo sì ad espugnare con grossa difficoltà la fortezza di Sisauron ma fallendo nell'assedio di Nisibi.<ref name=ProcII19>{{cita|Procopio|II, 19}}</ref> Un malore che colpì parecchi soldati romani, forse non abituati al clima della Persia, lo costrinse infine a svernare a Costantinopoli nell'inverno del 541.<ref name=ProcII19 /> Nel 542 Cosroe invase l'Eufratense ma fu persuaso al ritiro da Belisario.<ref>{{cita|Procopio|II, 21}}</ref> L'anno successivo i Romani assaltarono senza successo [[Dvin]] mentre nel 544 a condurre l'offensiva furono i Persiani che cercarono invano di espugnare [[Edessa (Mesopotamia)|Edessa]].<ref name="GL113">{{cita|Greatrex-Lieu (2002)| II, p. 113}}</ref> Infine, nel [[545]], fu firmata una tregua tra i due imperi (aiutata dal pagamento di 20 centenaria), secondo cui i Persiani accettavano di non attaccare il territorio bizantino per i successivi cinque anni.<ref>{{cita|Procopio|II, 28}}</ref>
 
[[File:Roman-Persian Frontier, 565 AD.png|left|upright=1.4|thumb|La frontiera nel 565.]]
 
All'inizio del 548 il re Gubaze di Lazica, trovando oppressivo il [[protettorato]] persiano, chiese a Giustiniano di restaurare il protettorato romano sulla regione. L'imperatore colse l'occasione per dichiarare guerra ai Persiani e invase la Lazica; le prime battaglie furono per lui vittoriose, anche se l'esercito combinato bizantino-lazico riuscì ad espugnare la fortezza chiave di [[Petra (Giordania)|Petra]] solo nel 551; proprio in quell'anno, però, i Persiani, condotti dal generale [[Mihr-Mihroe]], sferrarono un'offensiva vincente, riuscendo a occupare la Lazica orientale.<ref>{{cita|Treadgold (1997)|pp. 204–207}}</ref> A quel punto le due potenze rinnovarono la tregua del 545, che non era però valida per la Lazica, dove il conflitto si protrasse in situazione di stallo fino al [[557]], anno in cui Cosroe, minacciato dagli Unni Bianchi, decise di sospendere le ostilità anche in Lazica. Nel [[561]] gli inviati di Giustiniano e Cosroe firmarono una pace di 50 anni, in base alla quale i Persiani accettarono di evacuare la Lazica e ricevettero un sussidio annuale di 30.000 nomismata all'anno.<ref>Menandro Protettore, ''Storia'', fram. 6.1. Secondo Greatrex (2005), 489, a molti Romani questo accordo "appariva pericoloso e indicativo di debolezza".</ref> Entrambe le parti, inoltre, si fecero promesse reciproche di non costruire nuove fortificazioni lungo la frontiera.<ref name="EvJu">Evans, [http://www.roman-emperors.org/justinia.htm Justinian (527–565&nbsp;AD)]</ref>
 
===== Guerra per il Caucaso (572-591) =====
{{vedi anche|Guerra romano-persiana del 572-591}}
 
Una nuova guerra scoppiò nel [[572]], dopo che l'Armenia e l'Iberia si rivoltarono contro la dominazione sasanide (571).<ref>Le varie cause dello scoppio del conflitto sono elencate da {{cita|Teofilatto|III, 9}}. I Bizantini accusarono i Sasanidi di aver provocato il conflitto con queste azioni:
<ol>
<li> Gli Omeriti, vassalli dell'Impero d'Oriente, erano stati incitati a rivoltarsi dai Persiani;
<li> in occasione del primo incontro diplomatico tra Bizantini e Turchi i Persiani avevano pagato gli Alani affinché tendessero un'imboscata agli ambasciatori.
</ol>
I Persiani accusavano a loro volta i Bizantini sostenendo che:
<ol>
<li> i Bizantini avevano appoggiato la rivolta degli Armeni;
<li> I Bizantini si erano rifiutati di pagare il tributo annuale di 500 libbre d'oro stabilito dalla pace del 562.
</ol></ref>
[[Giustino II]] pose l'Armenia sotto la sua protezione, mentre le truppe romane comandate dal nipote di Giustino, Marciano, saccheggiarono l'[[Arzanene]] e invasero la Mesopotamia persiana.<ref>Treadgold (1997), 222</ref> I Persiani tuttavia riuscirono a respingere l'offensiva romana e a prendere l'iniziativa, saccheggiando la Siria e espugnando la strategicamente importante Dara.<ref>{{cita|Teofilatto|III, 11}}</ref><ref>Il grande bastione della frontiera romana era in mano persiana per la prima volta (Whitby [2000], 92–94).</ref> I Romani riuscirono a ottenere una tregua di un anno in Mesopotamia (poi estesa a cinque anni) al prezzo di 45.000 ''[[Solido (moneta)|solidi]]'',<ref>Greatrex–Lieu (2002), II, 152; Louth (2005), 113</ref> ma la guerra continuò nel Caucaso e nella frontiera desertica.<ref>Teofane, ''Cronaca'', 246.11–27<br /> Whitby (2000), pp. 92–94</ref> Nel [[576]], Cosroe I invase l'Anatolia e saccheggiò Sebasteia, ma subì una pesante sconfitta presso [[Malatya|Melitene]] ad opera del generale [[Giustiniano (generale)|Giustiniano]].<ref>{{cita|Teofilatto|III, 14}}</ref>
 
[[File:Persia 600ad.jpg|upright=1.4|thumb|L'impero sasanide e gli stati confinanti (incluso l'[[impero romano d'Oriente]]) nel [[600]].]]
 
I Romani sfruttarono il momento favorevole penetrando profondamente in territorio persiano e saccheggiando l'Atropatene ma la loro avanzata fu fermata dal generale sasanide Tamkhusro,<ref name="TW96">Treadgold (1997), 224; Whitby (2000), pp. 95–96</ref> la cui vittoria spinse lo scià a rifiutare le proposte di pace bizantine.<ref>{{cita|Teofilatto|III, 15}}</ref> Dopo questi avvenimenti, [[Tiberio II Costantino|Tiberio II]] decise di rimuovere dal comando Giustiniano e sostituirlo con Maurizio; quest'ultimo ottenne vari successi militari, spingendo Cosroe ad aprire di nuovo le negoziazioni di pace; la morte dello scià fermò le negoziazioni in quanto il suo successore [[Ormisda IV]] (579-590) preferì proseguire la guerra.<ref>Soward, [http://www.humanities.uci.edu/sasanika/pdf/Theophylact.pdf [[Teofilatto Simocatta]] e i Persiani] (PDF); Treadgold (1997), p. 225; Whitby (2000), p. 96</ref> Maurizio nel 582 sconfisse i Sasanidi presso Constantina, battaglia in cui venne sconfitto e ucciso Tamkhusro.<ref>{{cita|Teofilatto|III, 18}}</ref> Proprio nel 582 morì l'Imperatore Tiberio II il quale designò quale suo successore proprio [[Maurizio Tiberio|Maurizio]].
 
La guerra proseguì per alcuni anni in stato di stallo fino a quando nel 589 il generale persiano Bahram Chobin si rivoltò contro lo scià Ormisda IV. Ormisda venne assassinato in una congiura nel 590; gli succedette il figlio Cosroe II.<ref>{{cita|Teofilatto|IV, 7}}</ref> Cosroe II non riuscì però a sedare la rivolta di Bahram, che si impossessò della capitale e del trono, costringendo il figlio di Ormisda alla fuga in territorio romano.<ref>{{cita|Teofilatto|IV, 10}}</ref> Con l'aiuto militare offertogli da Maurizio, Cosroe riuscì tuttavia a deporre [[Bahram VI]] e a ritornare sul trono di Persia. Riconoscente ai Romani, Cosroe non solo restituì loro Dara e Martiropoli ma cedette loro anche la parte occidentale dell'Iberia e più della metà dell'Armenia persiana (591).<ref>Teofilatto, V, ''Storia'', I, [http://www.humanities.uci.edu/sasanika/pdf/Theophylact.pdf 3.11] (PDF) e [http://www.humanities.uci.edu/sasanika/pdf/Theophylact.pdf 15.1] (PDF)<br />* Louth (2005), 115; Treadgold (1997), pp. 231–232</ref>
 
===== Eraclio contro Cosroe II (602-628) =====
[[File:Sassanid empire map.png|left|thumb|upright=1.4|L'impero sasanide al suo apogeo.]]
{{vedi anche|Guerra romano-persiana del 602-628|Assedio di Costantinopoli (626)}}
 
Nel 602 l'esercito romano [[Campagne balcaniche dell'imperatore Maurizio|impegnato nei Balcani]] a contrastare le invasioni di Slavi e Avari, scontento nei confronti di Maurizio, si rivoltò all'autorità imperiale e, capeggiato dal centurione [[Foca (imperatore)|Foca]], si impossessò della capitale nominando nuovo Imperatore Foca; pochi giorni dopo Maurizio e la sua famiglia vennero trucidati. Cosroe II usò l'assassinio del suo benefattore come pretesto per iniziare una nuova Guerra contro i Romani.<ref>Foss (1975), p. 722</ref> Nei primi anni di guerra i Persiani ottennero successi senza precedenti, occupando tutte le città-fortezza della Mesopotamia e del Caucaso a oriente dell'Eufrate.<ref>Teofane, ''Cronaca'', pp. 292–293<br />* Greatrex–Lieu (2002), II, pp. 185–186</ref><ref>Greatrex–Lieu (2002), II, pp. 186–187</ref> Essi vennero favoriti dalla rivolta del generale romano Narsete contro Foca e dall'utilizzo da parte di Cosroe di un pretendente che sosteneva di essere Teodosio, il figlio di Maurizio e il legittimo erede al trono.<ref>Teofane, ''Cronaca'', pp. 290–293<br />* Greatrex–Lieu (2002), II, pp. 183–184</ref> Foca venne assassinato nel 610 da [[Eraclio I|Eraclio]], che salì al potere.<ref>Haldon (1997), 41; Speck (1984), 178.</ref> Nel frattempo i Persiani, dopo aver completato la conquista della Mesopotamia e del Caucaso, nel 611 invasero la Siria e entrarono in Anatolia, occupando [[Kayseri|Cesarea]].<ref>Greatrex–Lieu (2002), II, pp. 188–189</ref> Dopo aver espulso i Persiani dall'Anatolia nel 612, Eraclio lanciò una contro-offensiva in Siria nel 613 ma venne sconfitto presso Antiochia da [[Shahrbaraz]] e [[Shahin]] e la posizione romana collassò.<ref>Greatrex–Lieu (2002), II, pp. 189–190</ref> Nel decennio successivo i Persiani riuscirono a conquistare la [[Palestina]] e l'[[Egitto]],<ref>Greatrex–Lieu (2002), II, pp. 190–193, 196</ref> e a devastare l'Anatolia.<ref>La zecca di [[Nicomedia]] cessò di operare nel 613, e [[Rodi]] cadde agli invasori nel 622–623 (Greatrex-Lieu(2002), II, pp. 193–197).</ref> Nel frattempo, gli [[Avari]] e gli [[Slavi]] approfittarono della situazione per invadere i [[Balcani]], portando l'Impero romano sull'orlo del collasso.<ref>Howard-Johnston (2006), p. 85</ref>
 
Eraclio decise però di non cedere e tentò di ricostruire il suo esercito e chiese in prestito del denaro alla Chiesa per ottenere i fondi necessari per continuare la guerra.<ref>Greatrex–Lieu (2002), II, p. 196</ref> Nel 622, l'Augusto lasciò Costantinopoli, affidando la città al Patriarca Sergio e al generale Bono in qualità di reggenti di suo figlio. Formò un esercito in Asia Minore e, dopo aver addestrato di persona i suoi soldati, lanciò una nuova contro-offensiva, che assunse i caratteri di una Guerra santa.<ref>Teofane, ''Cronaca'', pp. 303–304, 307<br />* Cameron (1979), p. 23; Grabar (1984), p. 37</ref> Dopo aver inflitto una prima sconfitta ai Persiani di Shahrvaraz nel Caucaso (622-623),<ref>Teofane, ''Cronaca'', 304.25–306.7<br />* Greatrex–Lieu (2002), II, p. 199</ref> Eraclio tornò nel 623 a Costantinopoli per negoziare una tregua con gli Avari. Riprese le sue campagne in Oriente nel 624, che furono nel complesso vittoriose: egli dapprima mise in fuga un esercito persiano comandato da Cosroe in persona a [[Takht-i-Suleiman|Ganzaca]] in Atropatene per poi saccheggiare verso la fine dell'anno i luoghi di culto dello Zoroastrismo.<ref>Teofane, ''Cronaca'', 306–308<br />* Greatrex–Lieu (2002), II, pp. 199–202</ref> Nel 625 sconfisse i generali Shahrvaraz, Shahin e [[Shahraplakan]] in Armenia, sferrando inoltre un vittorioso assalto agli accampamenti invernali di Shahrvaraz.<ref>Teofane, ''Cronaca'', 308–312<br />* Greatrex–Lieu (2002), II, pp. 202–205</ref>
Supportati da un esercito persiano sotto il commando di Shahrbaraz, gli Avari e gli Slavi assediarono senza successo Costantinopoli nel 626,<ref>Teofane, ''Cronaca'', 316<br />* Cameron (1979), 5–6, pp. 20–22</ref> mentre un secondo esercito persiano sotto il comando di Shahin subì un'altra sconfitta per mano del fratello di Eraclio Teodoro.<ref>Teofane, ''Cronaca'', pp. 315–316<br />* Farrokh–McBride (2005), p. 56</ref>
 
[[File:Cherub plaque Louvre MRR245.jpg|thumb|left|[[Cosroe II]] si sottomette a [[Eraclio I]].]]
 
Nel frattempo, Eraclio strinse un'alleanza con i [[Göktürk|Turchi]], che avevano approfittato della declinante forza dei Persiani per [[Terza guerra persiano-turca|devastare i loro territori]] nel Caucaso.<ref>Greatrex–Lieu (2002), II, pp. 209–212</ref> Nel tardo 627, Eraclio lanciò un'offensiva invernale in Mesopotamia, dove, nonostante la diserzione del contingente turco, inflisse una decisiva e schiacciante sconfitta ai Persiani nella [[Battaglia di Ninive (627)|battaglia di Ninive]]. Il 4 gennaio 628 saccheggiò il gran palazzo di Cosroe a Dastagird, recuperando anche numerose insegne romane e vendicando così le precedenti sconfitte romane contro i Persiani; non riuscì tuttavia a raggiungere la città di Ctesifonte per la distruzione dei ponti sul canale di [[Nahrawan]]. Umiliato dalla serie di disfatte, Cosroe venne ucciso in una congiura e gli succedette il figlio [[Kavadh II]], che firmò un trattato di pace con i Romani, accettando di ritirarsi da tutti i territori occupati.<ref>Teofane, ''Cronaca'', 317–327<br />* Greatrex–Lieu (2002), II, pp. 217–227</ref> Eraclio riportò la [[Vera Croce]], deportata in Persia dai persiani durante la conquista di Gerusalemme nel 614, nella Città Santa con una grandiosa cerimonia nel 629.<ref>Haldon (1997), 46; Baynes (1912), ''passim''; Speck (1984), p. 178</ref>
 
== Conseguenze ==
{{vedi anche|Conquista islamica della Persia|Guerre arabo-bizantine}}
L'impatto devastante di quest'ultima guerra, aggiunta agli effetti cumulativi di un secolo di conflitti continui, lasciò entrambi gli imperi indeboliti. Quando Kavadh II morì pochi mesi dopo la sua ascesa al trono, la Persia precipitò in un periodo di lotte dinastiche e di guerre civili. I Sasanidi vennero inoltre indeboliti dal declino economico, pesanti tassazioni, malcontento religioso, e dall'ascesa dei [[Shah|proprietari provinciali]].<ref>Howard-Johnston (2006), p. 9: "[Heraclius'] victories in the field over the following years and its political repercussions&nbsp;[...] saved the main bastion of Christianity in the Near East and gravely weakened its old Zoroastrian rival."</ref> Anche l'Impero Romano uscì dal conflitto pesantemente indebolito, con le sue riserve finanziarie esaurite dalla guerra, e con i Balcani per gran parte in mano degli Slavi.<ref>Haldon (1997), pp. 43–45, 66, 71, pp. 114–15</ref> Inoltre, l'Anatolia venne devastata da ripetute invasioni persiane; e le province orientali riconquistate da Eraclio (Caucaso, Siria, Mesopotamia, Palestina ed Egitto) vennero impoverite dagli anni di occupazione persiana.
{{doppia immagine|right|626Byzantium.JPG|200|Byzantiumby650AD.JPG|200|Sinistra: L'[[Impero bizantino]] nel [[626]] sotto [[Eraclio I]]; le terre a strisce sono i territori ancora in mano [[sasanide]].<br />Destra: L'Impero bizantino nel [[650]]: l'Impero sasanide è caduto per mano [[arabi|araba]] e anche la [[Siria]], la [[Palestina]] e l'[[Egitto]] sono state annesse al [[Califfato]] arabo.}}
A nessun impero venne data l'opportunità di riprendersi dalla crisi, perché alcuni anni dopo vennero colpiti dall'invasione degli [[Arabi]] (da poco uniti dall'[[Islam]]), che, secondo Howard-Johnston, "possono essere paragonati a uno tsunami umano".<ref>Foss (1975), 746–47; Howard-Johnston (2006), xv</ref> Secondo George Liska, il "prolungato conflitto Bizantino–Persiano aprì la strada all'Islam".<ref>Liska (1998), p. 170</ref> L'Impero sasanide soccombette rapidamente a questi attacchi e venne completamente distrutto. Durante le Guerre bizantino–arabe, lo stremato Impero romano perse di nuovo le province appena recuperate di [[conquista musulmana della Siria|Siria]], [[Conquista musulmana dell'Armenia|Armenia]], [[Conquista musulmana dell'Egitto|Egitto]] e [[Conquista umayyade del Nord Africa|Nord Africa]], venendo ridotto a un territorio comprendente l'Anatolia, varie isole e una piccola parte dei Balcani e dell'Italia.<ref>Haldon (1997), pp. 49–50</ref> Queste terre ancora in mano romana/bizantina vennero inoltre impoverite da attacchi frequenti, segnando la transizione da una civiltà classica urbana a una forma di società più rurale e medievale. Tuttavia, a differenza della Persia, l'Impero romano (bizantino) riuscì a sopravvivere all'assalto Arabo, riuscendo a mantenere i territori residui e a resistere a due assedi arabo-musulmani della capitale nel [[Assedio di Costantinopoli (674)|674–678]] e [[Assedio di Costantinopoli (717)|717–718]].<ref>Haldon (1997), pp. 61–62; Howard-Johnston (2006), p. 9</ref> L'Impero bizantino perse inoltre i suoi territori in [[Creta]] e [[Storia dell'Islam nel Sud Italia|in Italia meridionale]], ceduti agli Arabi, nei [[Guerre arabo-bizantine (780-1180)|conflitti successivi]].
 
== Giudizi ==
{| class="infobox" style="width:25em; float:right;margin:0 0 1em 1em;font-size:95%;clear:right;" cellspacing="2"
! style="background:#ccf;" colspan=2 align=center | '''Cronologia'''
|-
|style="font-size: 90%;" align=center width="25%"|
|style="font-size: 90%;"| '''[[Guerre romano-partiche]]'''
|-
|style="font-size: 90%;" align=center width="25%"| [[69 a.C.]]
|style="font-size: 90%;"| Primi contatti tra Romani e Parti, avvenuti quando [[Lucullo]] invase l'Armenia meridionale.
|-
|style="font-size: 90%;" align=center width="25%"| [[66 a.C.|66]]–[[65 a.C.]]
|style="font-size: 90%;"|Disputa tra [[Pompeo]] e [[Fraate III di Partia|Fraate III]] riguardante il confine tra i due stati, posto sull'[[Eufrate]].
|-
|style="font-size: 90%;" align=center width="25%"| [[53 a.C.]]
|style="font-size: 90%;"| Sconfitta romana nella [[battaglia di Carre]]
|-
|style="font-size: 90%;" align=center | [[42 a.C.|42]]–[[37 a.C.]]
|style="font-size: 90%;" | Un'invasione da parte partica della [[Siria (provincia romana)|Siria]] e di altre province romane venne respinta da [[Marco Antonio]] e [[Publio Ventidio Basso|Ventidio]]
|-
|style="font-size: 90%;" align=center | [[36 a.C.|36]]–[[33 a.C.]]
|style="font-size: 90%;"| [[Campagne partiche di Marco Antonio|campagna fallimentare]] di Marco Antonio contro i Parti. Successiva campagna in Armenia vittoriosa, ma seguita da un ritiro — l'intera regione passò sotto il controllo dei Parti.
|-
|style="font-size: 90%;" align=center | [[20 a.C.]]
|style="font-size: 90%;" | Accordo con i Parti raggiunto da [[Augusto]] e [[Tiberio]] — Restituzione delle insegne sottratte ai Romani a Carre.
|-
|style="font-size: 90%;" align=center | [[36|36 d.C.]]
|style="font-size: 90%;"| Sconfitto dai Romani, [[Artabano II di Partia|Artabano II]] rinunciò alle sue rivendicazioni all'Armenia.
|-
|style="font-size: 90%;" align=center| [[58]]–[[63]]
|style="font-size: 90%;"| [[Campagne armeno-partiche di Corbulone|Invasione romana dell'Armenia]] — Accordo con i Parti che riconosceva il protettorato romano sull'Armenia.
|-
|style="font-size: 90%;" align=center| [[114]]–[[117]]
|style="font-size: 90%;"| Campagne partiche di [[Traiano]] — I territori conquistati da Traiano vennero poi abbandonati da [[Publio Elio Traiano Adriano|Adriano]].
|-
|style="font-size: 90%;" align=center| [[161]]–[[165]]
|style="font-size: 90%;"| Guerra in Armenia (161-163) conclusasi con la vittoria romana a dispetto dei successi iniziali partici<br />[[Avidio Cassio]] saccheggiò Ctesifonte nel 165.
|-
|style="font-size: 90%;" align=center| [[195]]–[[197]]
|style="font-size: 90%;"| Un'offensiva condotta dall'Imperatore [[Settimio Severo]] portò alla conquista romana della Mesopotamia settentrionale.
|-
|style="font-size: 90%;" align=center| [[216]]–[[217]]
|style="font-size: 90%;"| [[Caracalla]] iniziò una nuova guerra contro i Parti — il suo successore [[Macrino]] venne sconfitto dai Parti presso [[Battaglia di Nisibi (217)|Nisibi]].
|-
|style="font-size: 90%;" align=center width="25%"|
|style="font-size: 90%;"| '''[[Guerre romano sasanidi (224-363)]]'''
|-
|style="font-size: 90%;" align=center| [[230]]–[[232]]
|style="font-size: 90%;"| [[Ardashir I]] saccheggiò la Mesopotamia e la Siria, ma venne respinto da [[Alessandro Severo]].
|-
|style="font-size: 90%;" align=center| [[238]]–[[244]]
|style="font-size: 90%;"| invasione persiana della Mesopotamia, conclusasi però con la sconfitta persiana nella [[battaglia di Resaena]].<br /> L'Imperatore romano [[Gordiano III]] avanzò a sud dell'Eufrate ma la sua invasione venne respinta presso [[Ctesifonte]] nella [[battaglia di Misiche]] nel 244.
|-
|style="font-size: 90%;" align=center| [[253]]
|style="font-size: 90%;"| Sconfitta romana nella [[battaglia di Barbalissos]].
|-
|style="font-size: 90%;" align=center| c. [[258]]–[[260]]
|style="font-size: 90%;"| [[Sapore I]] sconfisse e catturò [[Valeriano I]] a [[Battaglia di Edessa|Edessa]].
|-
|style="font-size: 90%;" align=center| [[283]]
|style="font-size: 90%;"| [[Marco Aurelio Caro]] saccheggiò [[Ctesifonte]].
|-
|style="font-size: 90%;" align=center| [[296]]–[[298]]
|style="font-size: 90%;"| Sconfitta romana a [[Carre]] nel 296 o 297.<br />Nel 298 [[Galerio]] sconfisse i Persiani.
|-
|style="font-size: 90%;" align=center| [[363]]
|style="font-size: 90%;"| Dopo una vittoria iniziale a [[Battaglia di Ctesifonte (363)|Ctesifonte]], [[Giuliano (imperatore romano)|Giuliano]] venne ucciso bella [[battaglia di Samarra]].
|-
|style="font-size: 90%;" align=center width="25%"|
|style="font-size: 90%;"| '''[[Guerre romano sasanidi (363-628)]]'''
|-
|style="font-size: 90%;" align=center| [[384]]
|style="font-size: 90%;"| [[Sapore III]] e [[Teodosio I]] si spartirono l'Armenia.
|-
|style="font-size: 90%;" align=center| [[421]]–[[422]]
|style="font-size: 90%;"| Reazione romana alla persecuzione dei Persiani cristiani intrapresa dallo scià [[Bahram V|Bahram]].
|-
|style="font-size: 90%;" align=center| [[440]]
|style="font-size: 90%;"| [[Yazdegerd II]] saccheggiò l'Armenia romana.
|-
|style="font-size: 90%;" align=center| [[502]]–[[506]]
|style="font-size: 90%;"| [[Guerra romano-persiana del 502-506|Guerra anastasiana]]: scoppiò quando [[Anastasio I Dicoro|Anastasio I]] rifiutò di concedere un prestito ai Persiani, e si concluse con una tregua di sette anni.
|-
|style="font-size: 90%;" align=center| [[526]]–[[532]]
|style="font-size: 90%;"| [[Guerra iberica]]: Vittorie romane a [[Battaglia di Dara|Dara]] e [[Satala]], e sconfitta a [[Battaglia di Callinicum|Callinicum]] — fine della guerra con la "Pace Eterna".
|-
|style="font-size: 90%;" align=center| [[540]]-[[561]]
|style="font-size: 90%;"| [[Guerra lazica]]: Scoppiò quando i Persiani ruppero la "Pace Eterna" invadendo la Siria — conclusione della guerra nel 561 con la firma di una pace di 50 anni e la cessione ai Romani della [[Lazica]].
|-
|style="font-size: 90%;" align=center| [[572]]–[[591]]
|style="font-size: 90%;"| Guerra per il Caucaso: Scoppiò quando gli Armeni si rivoltarono ai Persiani.<br /> Nel 589 il generale persiano [[Bahram Chobin]] si ribellò e usurpò il trono a [[Cosroe II]].<br /> Restaurazione di [[Cosroe II]] da parte degli eserciti combinati romani e persiani — Cosroe II, per ricompensa nei confronti dei Romani, cede loro alcune città (Dara, Martiropoli) e parte dell'[[Iberia (Caucaso)|Iberia]] e della Persarmenia.
|-
|style="font-size: 90%;" align=center| [[602]]
|style="font-size: 90%;"| Dopo l'assassinio di [[Maurizio Tiberio|Maurizio]], Cosroe II invase e conquistò la Mesopotamia.
|-
|style="font-size: 90%;" align=center| [[611]]–[[623]]
|style="font-size: 90%;"| I Persiani conquistarono la Siria, la Palestina, l'Egitto, [[Rodi]], e penetrarono in [[Anatolia]].
|-
|style="font-size: 90%;" align=center| [[626]]
|style="font-size: 90%;"| Fallimentare assedio di Costantinopoli da parte di [[Avari]] e Persiani.
|-
|style="font-size: 90%;" align=center| [[627]]
|style="font-size: 90%;"| Sconfitta persiana a [[Battaglia di Ninive (627)|Ninive]].
|-
|style="font-size: 90%;" align=center| [[629]]
|style="font-size: 90%;"| Eraclio riportò la [[Vera Croce]] a [[Gerusalemme]], dopo che i Persiani accettarono di ritirarsi da tutti i territori occupati.
|}
Le guerre romano–persiane sono state considerate "inutili" e troppo "deprimenti e tediose da studiare".<ref>Brazier (2001), 42</ref> Profeticamente, [[Cassio Dione]] notò il fatto che erano "un ciclo senza fine di confronti armati", osservando che:<ref>Cassio Dione, ''Storia romana'', LXXV, 3.[http://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/Roman/Texts/Cassius_Dio/75*.html 2–3]<br />* Garnsey–Saller (1987), 8</ref>
{{Quote|[...] i fatti stessi dimostrano che la conquista [di Severo] era stata fonte di guerre costanti e di grandi spese per noi. Essa frutta molto poco e consuma grandi somme; e ora che abbiamo aiutato popoli che sono vicini dei Medi e dei Parti invece che di noi stessi, stiamo sempre, uno potrebbe dire, a combattere le battaglie di questi popoli."|Cassio Dione, ''Storia romana'', LXXV, 3.}}
Nella lunga serie di scontri tra le due potenze, la frontiera in Mesopotamia settentrionale rimase più o meno stabile, sebbene Nisibi, Singara, Dara e altre città dell'area venissero continuamente perse e riconquistate dai due contendenti, e il possesso di queste realtà di frontiera potesse dare a un impero un parziale vantaggio commerciale sull’altro. Frye<ref name="Fr 139" /> sostiene che il sangue versato dalle due potenze non portò a grandi guadagni reali per nessuna delle parti in causa, esattamente come accadde con i pochi metri di terra strappati a un costo terribile nella guerra di trincea del primo conflitto mondiale.
 
{{Nota
|allineamento = sinistra
|larghezza = 350px
|titolo = Il giudizio di Agazia sui Persiani
|dim-testo =
|contenuto = {{Quote|Come potrebbe essere una buona cosa consegnare uno dei più amati possedimenti a uno straniero, un barbaro, il regnante di uno dei nemici più giurati, uno la cui buona fede e il senso di giustizia non erano provati, e, per di più, uno che apparteneva a una fede straniera e pagana?|[[Agazia]] (''Storie'', 4.26.6) sui Persiani, un giudizio tipico del punto di vista romano.<ref>Greatrex (2005), 477–478</ref>}}
}}
 
Entrambi gli schieramenti tentarono di giustificare i loro rispettivi obbiettivi militari. L'ambizione da parte di Roma prima, e di Bisanzio poi, a dominare il mondo era accompagnata da un senso di missione - come garanti di pace e ordine - e dall'orgoglio per le loro conquiste civili. Fonti romane e bizantine svelano pregiudizi diffusi sulle forme di governo, lingue, religioni dei regni orientali. John F. Haldon sottolinea che "sebbene i conflitti tra la Persia e l’Impero d’Oriente girassero intorno a questioni di controllo strategico della frontiera [...], vi era sempre presente un elemento religioso-ideologico". Dai tempi di Costantino in poi, gli imperatori romani si proclamarono infatti protettori dei cristiani di Persia.<ref>Barnes (1985), p. 126</ref> Questo atteggiamento generò forti sospetti sulla fedeltà dei cristiani sudditi dell’Iran sasanide, e spesso contribuì all'inasprimento dei conflitti tra Romani e Persiani.<ref>[[Sozomeno|Sozomen]], ''Storia Ecclesiastica'', II, [http://www.freewebs.com/vitaphone1/history/sozomen.html#P3230_1341005 15]<br />* McDonough (2006), 73</ref> Una caratteristica della fase finale del conflitto, quando quella che era iniziata nel 611–612 come una guerra di saccheggi divenne una guerra di conquista, era la preminenza della croce come simbolo di vittoria imperiale e il fatto che la guerra contro i Persiani fosse considerata da Costantinopoli una sorta di crociata contro i miscredenti; Eraclio stesso si riferì a Cosroe come il nemico di Dio, e gli autori del VI e del VII secolo sono molto ostili all'Impero sasanide.<ref>Haldon (1999), p. 20; Isaak (1998), p. 441</ref> Questa tradizione di erudizione storica "pro-romana" prevalse per secoli, e fu solo recentemente che gli studiosi adottarono un altro approccio, e tentarono di illuminare la meno conosciuta posizione persiana.<ref>Dignas–Winter (2007), [http://assets.cambridge.org/97805218/49258/excerpt/9780521849258_excerpt.pdf 1–3] (PDF)</ref>
 
== Storiografia ==