Rivoluzione verde: differenze tra le versioni

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[[File:Barlaugsaltini.jpg|thumb|Intervista di [[Antonio Saltini]] a [[Norman Borlaug]] all'[[Università di Bologna]] nel 2004]]
 
Tale processo di innovazione delle tecniche agrarie iniziò in [[Messico]] nel [[1944]], ad opera dello [[scienziato]] [[Stati Uniti d'America|statunitense]] [[Norman Borlaug]] ([[Premio Nobel per la pace]] nel 1970), con l'obiettivo di selezionare nuove varietà in grado di soddisfare le crescenti richieste alimentari e ridurre le aree a rischio di [[carestia]]. Oggi le tecniche sviluppate e i caratteri selezionati sono diffusi in tutti i continenti. Tra le nazioni dove questo nuovo modo di fare agricoltura ha dato i migliori risultati si annoverano l'India e il sud-est asiatico<ref>[[Govindan Parayil, “The''The Green Revolution in India: A Case Study of Technological Change'', Technology andCultureand Culture, v. 33, no. 4 (1992), pp. 738-739.]]</ref> e il Centro-Sud America<ref>[[''The Beginning of the Green Revolution.]]'', The University of Minnesota College of Ag, Food and Environemental Sciences</ref>. A causa delle condizioni climatiche e della complessa situazione geo-politica meno significativi sono risultati gli sforzi condotti nell'Africa sub-sahariana, che ancora oggi soffre di carestie endemiche.<ref>[http://www.fao.org/docrep/007/y5650e/y5650e03.htm#P1_33 ReportRapporto FAO sulla ''Food insecurity'' nel mondo]</ref>
 
 
== Storia ==
L'inizio della rivoluzione verde si fa comunemente risalire al [[1944]], quando la [[Rockefeller Foundation]] fondò un Istituto per incrementare la produttività agricola delle fattorie messicane. Ciò produsse risultati sorprendenti: il Messico passò dal dover importare metà del suo [[frumento]] all'autosufficienza nel [[1956]], fino all'esportazione di mezzo milione di tonnellate di frumento nel [[1964]].<ref>Recentemente, dopo l'ingresso nel Nafta, Trattato di libero scambio fra Usa, Canada e Messico, quest'ultimo fra il 1992 e il 1996 ha aumentato le proprie importazioni alimentari dal 20 al 43% (Shiva 2001, p. 21).</ref> In realtà, questo approccio al miglioramento genetico fu inizialmente messo in atto da parte di un ricercatore italiano, [[Nazareno Strampelli]], nei primi anni del Novecento. Le sue varietà ibride di frumento furono uno degli elementi decisivi che consentirono di vincere la cosiddetta [[Battagliabattaglia del grano]] lanciata in quegli anni da [[Benito Mussolini]].
 
Gran parte del merito della trasformazione agricola viene dato ad ogni modo ad un allora giovane genetista americano, [[Norman Borlaug]], che incrociando frumenti bassi e frumenti altamente produttivi, ottenne frumenti di taglia contenuta capaci di grandi produzioni.<ref>{{Cita web|url=http://havenforus.wordpress.com/2013/09/12/norman-borlaug-e-il-grano-nano/|titolo=dettagliDettagli della selezione agronomica e del funzionamento biologico molecolare nel grano nano di Borlaug|editore=Norman Borlaug e il grano nano|data=11 ottobre 2013|accesso=11 ottobre 2013}}</ref> Altro obbiettivo del lavoro del Dr. Borlaug fu quello di creare varietà di grano in grado di adattarsi o comunque di produrre di più, in condizioni climatiche avverse. Per il suo lavoro e l'impegno nella lotta alla fame nel [[1970]] gli fu assegnato il [[Premio Nobel per la pace]].
 
Dopo le sperimentazioni degli anni quaranta, le tecnologie furono esportate all'estero, trovando applicazione in tutto il mondo. Il successo nei rendimenti crescenti fu indiscutibile. La crescita dei rendimenti era tale da consentire all'agricoltura di tener testa alla crescita della popolazione, scongiurando le fosche previsioni di [[Thomas Robert Malthus|Malthus]]. La produzione pro capite aumentò ogni anno dopo il [[1950]].
 
L'uso dell'[[ingegneria genetica]] in agricoltura, con la creazione di [[Organismi geneticamente modificati|piante geneticamente modificate]], che possiedano specifiche caratteristiche agronomiche, esalta il ruolo del progresso genetico ottenuto dalla rivoluzione verde, ma si colloca in un contesto specifico e indipendente che pone problematiche differenti.
 
== Tecnologie ==
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== Produttività ==
Le varietà sviluppate nella rivoluzione verde sono chiamate comunemente varietà ad alta resa (''High Yielding Varietis'', HYV<ref>[[''Development and spread of HYV in developing countries.'', USDA, 1978]]</ref>), spesso, in quegli anni, definite anche «semi miracolo»<ref>[[''Nature of Green Revolution.]]''</ref>: questa definizione tuttavia è scorretta o quantomeno incompleta, perché la caratteristica principale delle varietà della rivoluzione verde è quella di aumentare la produzione di quelle parti della pianta che possono essere usate in modo efficiente nella produzione industriale (e quindi vendibili sul mercato o esportabili) a scapito delle altre: le piante, cioè, si può dire che concentrino le proprie energie nello sviluppo di certe parti piuttosto che di altre (tipicamente, nell'esempio del [[mais|granturco]], la [[pannocchia]] invece delle foglie e del gambo), {{cn|ma spesso la resa complessiva, cioè la [[biomassa]] prodotta, non aumenta ma diminuisce}}.
Del resto, come sottolineato da Angus Wright<ref>''Innocents Abroad: American Agricultural Research in Mexico'', 1984; citato in Shiva, 1995, p. 51.</ref>, dal punto di vista scientifico parlare di miracolo è sempre errato e sospetto.
 
La resa, del resto, è alta se non si considerano i casi sfavorevoli (nella supposizione che siano eliminati dalla gestione diretta di ogni fase della vita della pianta), cioè solo in funzioni delle alte immissioni (''input'') di nutrienti e prodotti vari (fertilizzanti e fitofarmaci in genere e acqua), mentre in loro mancanza le varietà tradizionali indigene hanno rese maggiori, motivo per cui l'autore dello studio su quindici Paesi in cui si è visto il fenomeno citato, il dottor Palmer, dell'Istituto di ricerca per lo sviluppo sociale dell'[[ONU]], propone l'espressione «varietà ad alta risposta» in sostituzione di quella «varietà ad alta resa».<ref>Citato in F. Lappe e J Collins, ''Food first'', Ballantine, New York, 1981, p. 114; ripreso in Shiva 1995, pp. 46 sg.</ref>