Carisma (cristianesimo): differenze tra le versioni

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Il termine greco '''carisma''' (χάρισμα, "charisma") deriva dal [[sostantivo]] χάρις, "cháris" («grazia»). Piuttosto raro nel [[grecoLingua anticogreca antica|greco]] profano, dove significa «dono», non è frequente nel [[Nuovo Testamento]]. Si ritrova solo nell'[[lettere di Paolo|epistolario paolino]] e nella [[prima lettera di Pietro|1 Pt]] {{Passo biblico|1Pt|4,10}}).<br />
È per pura assonanza invece che un'"etimologia facile" vorrebbe accostare il termine "carisma" alla parola araba ({{arabo|ﻋﺼﻤـة|ʿiṣma}}), che indica l'"infallibilità" di cui parla l'[[Islam]] riferendosi ai [[Neviìm|profeti]] biblici e, l'Islam [[Sciismo|sciita]], con riferimento ai suoi [[Imam]].
 
== Accezioni nelle lettere di Paolo ==
In alcuni [[Dottrinapensiero paolinapaolino|passi paolini]], "cárisma" indica la [[Salvezza (Bibbia)|Salvezza]] di [[Dio]] manifestata in [[Gesù Cristo]], il dono della [[Immortalità|vita eterna]] ([[Lettera ai Romani|Rm]] {{passo biblico|Rm|6,23}}), della [[Grazia (teologia)|grazia]] ([[Lettera ai Romani|Rm]] {{passo biblico|Rm|5,15}}). In questo caso, l'espressione sottolinea il carattere gratuito, libero, della [[rivelazione]]: Dio è colui che dà nella sua misericordia. Significato analogo ha anche il testo di [[Lettera ai Romani|Rm]] {{passo biblico|Rm|11,29}}, in cui si fa menzione dei doni di Dio, riferiti in particolar modo alla [[storia di Israele]].
Caratteristico è però l'uso del termine in [[Prima lettera ai Corinzi|1 Cor]] {{passo biblico|1Cor|12,4.28.30.31}} ed in [[Lettera ai Romani|Rm]] {{passo biblico|Rm|12,6}}. In questo caso il càrisma non è la salvezza, ma il dono di una vita spesa al servizio dei fratelli. "Ciascuno metta al servizio degli altri il dono che ha ricevuto, come buoni amministratori della multiforme grazia di Dio", così scrive Pietro ([[Prima lettera di Pietro|1 Pt]] {{passo biblico|1Pt|4,10}}).
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Il dono della [[Salvezza (Bibbia)|salvezza]] non diventa, nella [[fede]], un possesso del singolo credente, un tesoro individuale, ma una fonte di doni. Il credente ha ricevuto il carisma della grazia per essere lui stesso in grado di dare.
Quali siano questi doni e questi servizi che il credente è chiamato a dare ai fratelli non è mai stabilito nel [[Nuovo Testamento]] in modo preciso e categorico. Paolo dà degli esempi, cita dei casi concreti in [[Prima lettera ai Corinzi|1 Cor]] {{passo biblico|1Cor|12}} e [[Lettera ai Romani|Rm]] {{passo biblico|Rm|12}}: l'apostolato, le guarigioni, la [[profezia]], la [[glossolalia]], la stessa [[fede]] per indicare una gamma vastissima di possibilità di servizio. La stessa ampia accezione del termine si ritrova confrontando [[Prima lettera ai Corinzi|1 Cor]] {{passo biblico|1Cor|7,7}} e [[Prima lettera a Timoteo|1 Tm]] {{passo biblico|1Tm|4,14}}; nel primo caso "carisma" indica la condizione familiare in cui il credente si trova, [[matrimonio]] o [[celibato]], nel secondo la specifica vocazione [[Missionario|missionaria]] di [[Timoteo vescovo(discepolo di Paolo)|Timoteo]].
 
Il contesto in cui Paolo affronta questo problema è un contesto [[Polemica|polemico]]: i [[Corinto|Corinzi]] sono convinti del fatto che essi abbiano la salvezza solo perché il Signore vivente e presente durante il [[culto]] mediante il suo Spirito e che dia ai credenti doni particolari. Apprezzano però le manifestazioni più appariscenti ed eccezionali del culto, quali la [[glossolalia]], perché sembrano dimostrare in modo eloquente la potenza dello Spirito. Il carisma è interpretato dai Corinzi come un dono visibile e straordinario.
 
Paolo intende correggere questa opinione dimostrando che i doni, cioè i carismi del Signore, sono molteplici, complementari, egualmente necessari. Lo stesso Spirito che si manifesta nei fenomeni [[Estasi|estatici]] della glossolalia o nei [[Miracolo|miracoli]] si manifesta anche nell'[[Evangelizzazione|apostolato]] e nelle opere della carità; il Signore che parla nel [[cultoStoria cristianodella liturgia cristiana|culto]] e nella [[Eucaristia|Cena]] è lo stesso che ha chiamato al celibato l'[[apostolo]] e manifesta la sua volontà in questa scelta [[etica]]. Ogni carisma è un'espressione valida della potenza di Cristo, ma nessun carisma può pensare di essere il solo strumento dello Spirito o uno strumento privilegiato.
 
L'argomento di Paolo si fonda sull'esempio del [[corpo umano]], nei due casi dei Romani e dei Corinzi, ma con due impostazioni leggermente diverse. Ai Romani l'apostolo ricorda che un [[corpo umano]] necessita di molte membra per assolvere la sua funzione, l'efficienza di un [[organismo vivente]] è determinata dalla concordia delle sue parti: "Siamo un solo corpo in Cristo" significa che siamo nella fede una unità organica di servizi. Nella polemica contro i Corinzi si trova un pensiero analogo, ma molto più ampio, che i carismi cioè sono le membra del corpo di Cristo. La vita e la potenza di Cristo si manifestano nel mondo nella realtà di una comunità concorde e legata dal vincolo dell<nowiki>'</nowiki>''[[Agape (sentimento)|agape]]''. Si manifestano però in modo pieno solo nell'unità e totalità dei carismi operanti in questa comunità.
 
L'apostolo di per sé, come il [[profeta]], non può esprimere tutta la ricchezza e la potenza dell'opera di Cristo più di quanto un [[occhio]] e un [[orecchio]] possano esprimere la ricchezza di un corpo umano. L'espressione molto sintetica ed enigmatica del v. 27, "voi siete il corpo di Cristo", si riferisce alla comunità dei Corinzi ma non in quanto somma di credenti, sia pur riuniti nel nome di Cristo, ma alla somma dei doni, dei carismi, delle vocazioni di quella comunità. La chiesa non è corpo di Cristo in se stessa e di per sé: è tale solo in quanto sa coordinare le sue vocazioni ed i suoi carismi al servizio del Signore.
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## trovare brani della Bibbia adatti al momento;
## visioni;
## [[sogno|sogni]].
# Carismi legati all'esercizio della carità:
## [[compassione (Cristianesimo)|compassione]];
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# Carismi legati alla guida spirituale:
## parola di conoscenza;
## parola di [[sapienza (teologia)|sapienza]];
## [[discernimento degli spiriti]].