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'''Porta Monforte''' è una delle cinque [[Porte di Milano|porte]] più recenti di [[Milano]], ricavata all'interno dei [[Mura spagnole di Milano|Bastioni]] per consentire una più diretta comunicazione fra la città e il nuovo asse stradale costituito dagli attuali ''corsoCorso Concordia'' e ''corsoCorso Indipendenza''. Posta a est della città, si costituiva di due caselli daziari ([[1889]]), demoliti nel [[1919]]. Sorgeva al centro dell'attuale ''piazzaPiazza del Tricolore'', allo sbocco di C''corsoorso Monforte''.
 
== Storia ==
Inizialmente semplice [[pusterla]]{{senza fonte}}, fu l'ultima fra le porte di Milano ad essere realizzata, in ottemperanza al [[Piano Beruto (Milano)|Piano Beruto]] del [[1889]], che prevedeva un nuovo asse radiale di sviluppo cittadino che prendesse sostanzialmente forma uscendo dal perimetro dei vecchi bastioni spagnoli, proseguendo lungo corsoCorso Concordia e corsoCorso Indipendenza<ref>De Finetti, ''op. cit.'', p. 199</ref>.
 
La porta era in origine caratterizzata dalla presenza di due caselli daziari, posti nell'attuale ''piazzaPiazza del Tricolore'', uniti da un'elegante cancellata in ferro, interrotta da quattro pilastri anch'essi in ferro, che terminavano con un lampione a gas. Se ne ordinò la demolizione nel [[1919]], in quanto ritenuti "di ingombro tecnico e prospettico, tanto più grave in quanto, con l'abolizione della cinta daziaria, costituivano né un monumento architettonico apprezzabile, né una memoria storica interessante".<ref>Ferdinando Zanzottera, ''Storia, arte e tradizione'', in Maria Antonietta Crippa, Ferdinando Zanzottera, ''Le porte di Milano'', Strenna Istituto Gaetano Pini, Milano, 1999</ref>
 
Porta Monforte, a cui non fanno capo direttrici extraurbane, è rimasta da sempre uno snodo di importanza decisamente minore. Il piazzale, ornato da giardini, porta oggi il nome di ''Piazza del Tricolore''. Il nome della porta (ereditato dal corso che qui vi sbuca da [[piazzaPiazza San Babila]], sarebbe da ricondursi a un fatto storico risalente all'[[XI secolo]]. Nel [[1028]] il vescovo di [[Milano]] [[Ariberto da Intimiano]] era impegnato nella visita della [[diocesi suffraganea]] di [[Diocesi di Torino|Torino]]: interrogando il capo di un gruppo religioso sospettato di [[eresia]], venne a sapere che gli abitanti di [[Monforte d'Alba]] (oggi in [[provinciaProvincia di Cuneo]]) interpretavano in modo [[allegoria|allegorico]] il [[Trinità (cristianesimo)|dogma trinitario]], negavano la necessità dei [[sacramenti]] e quindi del [[clero]], molto probabilmente avendo abbracciato la dottrina dei [[catari]]. In quello stesso anno pertanto, forze militari alle dipendenze di [[Ariberto da Intimiano]] assediarono ed espugnarono il castello di [[Monforte d'Alba|Monforte]]: la sua popolazione venne deportata a [[Milano]] ed invitata ad abiurare la propria fede. Coloro che rifiutarono - la maggior parte - vennero arsi sul [[rogo]]. La zona di [[Milano]] in cui sarebbero stati imprigionati gli eretici prese dunque il nome dal loro paese di provenienza, dando il nome al futuro corsoCorso Monforte, che a sua volta l'avrebbe passato alla relativa porta.<ref>[[Landolfo Seniore]], ''La cronaca milanese, traduzione italiana con note storiche.'' Alessandro Visconti, ed.. Milano: Stucchi Ceretti, 1928.</ref>
 
== Galleria ==