Corsa dei carri: differenze tra le versioni

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== I Giochi Olimpici ==
[[File:Charioteer of Delphi - detail of head.jpg|thumb|left|L'''[[Auriga di Delfi]]'', una delle più famose statue bronzee dell'antica Grecia giunte fino a noi]]
Nell'ambito degli [[Giochi olimpici antichi|antichi Giochi olimpici]] e dei [[Giochi panellenici]], si svolgevano sia corse di carri trainati da quattro cavalli (''tethrippon'') che da due (''synoris'') che, a parte il numero degli animali, si svolgevano nello stesso modo. Le corse furono aggiunte al programma delle gare nel [[680 a.C.]] La corsa era preceduta da una [[processione]] che entrava nell'[[Ippodromo (antichità)|Ippodromo]], mentre un [[araldo]] annunciava a tutti i nomi degli aurighi e dei proprietari delle squadre. L'ippodromo di [[Olimpia]] era lungo circa 550 metri e largo la metà: vi potevano gareggiare fino a 60 carri contemporaneamente (probabilmente nella realtà il loro numero era assai minore). Si trovava ai piedi di una collina nei pressi di un ampio fiume, e poteva ospitare fino a 10.000 spettatori in piedi. Il ''tethrippon'' consisteva di dodici giri dell'ippodromo, alle cui estremità si dovevano affrontare due curve piuttosto strette. Si utilizzavano diversi strumenti di tipo meccanico, tra cui i cancelletti di partenza (''hysplex'') che venivano abbassati per dare inizio alla gara. Secondo [[Pausania il Periegeta|Pausania]] erano stati inventati dall'[[architetto]] ''Kleoitas'' e funzionavano in modo tale che i carri posizionati all'esterno partivano prima di quelli dal lato interno. La gara non poteva in effetti dirsi veramente iniziata finché non si apriva l'ultimo cancelletto e, a quel punto, i carri si trovavano tutti più o meno allineati, anche se quelli partiti dal lato esterno avevano una velocità iniziale maggiore degli altri. Venivano poi alzati altri meccanismi chiamati ''l'aquila'' e il ''delfino'' per dichiarare la corsa iniziata e poi venivano man mano abbassati per indicare il numero di giri rimasti da percorrere. Si trattava probabilmente di sculture di [[bronzo]] che rappresentavano i due animali sistemate nei pressi della linea di partenza.
 
Diversamente dagli altri atleti olimpici, gli aurighi non gareggiavano nudi, probabilmente per ragioni di sicurezza dato il polverone sollevato dai cavalli in corsa e la frequenza con cui si verificavano sanguinosi incidenti. I concorrenti indossavano una veste chiamata ''xystis'': era lunga fino alle ginocchia e legata stretta in vita con un largo cinturone. Due cinghie che si incrociavano sulla parte superiore della schiena impedivano che la ''xystis'' si gonfiasse per l'aria durante la gara. Al pari dei moderni [[fantino|fantini]] gli aurighi erano scelti per il loro peso limitato e, dato che dovevano anche essere abbastanza alti, spesso si trattava di [[adolescenza|adolescenti]].
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Un'altra importante differenza è che erano gli aurighi stessi ad essere considerati i vincitori delle gare, nonostante si trattasse generalmente di schiavi come accadeva nel mondo greco. Ricevevano in premio una corona di foglie di [[Laurus nobilis|alloro]] e, probabilmente anche del denaro; se riuscivano a vincere abbastanza corse potevano così disporre della somma sufficiente per comprarsi la [[libertà]]. Gli aurighi potevano diventare famosi in tutto l'[[Impero romano|Impero]] semplicemente sopravvivendo alle competizioni, dato che l'aspettativa di vita di un pilota di carri non era molto elevata. Uno di questi aurighi celebri fu [[Scorpo]], che vinse più di 2.000 corse prima di restare ucciso in un incidente sulla ''meta'' quando aveva appena 27 anni. Anche i cavalli potevano diventare molto famosi ma, naturalmente, anche la loro aspettativa di vita era molto bassa. I Romani tenevano dettagliate [[statistica|statistiche]] dei nomi, delle discendenze e del pedigree dei cavalli più famosi.
 
[[File:Winner of a Roman chariot race.jpg|thumb|Il vincitore di una corsa dei carri nell'antica Roma, appartenente alla squadra dei [[Rossi (fazione ippica)|Rossi]]]]
 
I posti a sedere al [[circo (antica Roma)|circo]] erano gratis per i poveri, che in epoca imperiale avevano davvero poco altro da fare, dato che non venivano più coinvolti in problemi politici o militari come avveniva invece in [[Repubblica Romana|epoca repubblicana]]. I ricchi invece pagavano per disporre di posti a sedere all'ombra da cui si aveva una visuale migliore e, probabilmente, anche loro trascorrevano la maggior parte del tempo scommettendo sull'esito delle corse. Il palazzo dell'imperatore si trovava nei pressi del Circo Massimo e frequentemente andava egli stesso ad assistere alle gare. Questa era una delle poche occasioni che il popolo aveva per poter vedere il loro leader. Giulio Cesare assistette spesso alle corse, in modo che il pubblico potesse vederlo, nonostante non fosse in realtà interessato ad esse, tanto che abitualmente si portava qualcosa da leggere. Si dice che si regolasse nello stesso modo anche quando si recava a [[Teatro latino|teatro]], ma questo modo di fare non lo rese molto popolare.
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[[Nerone]] aveva una tale passione per le corse che si può dire che non si occupasse quasi di altro. Era egli stesso un auriga e vinse la corsa dei carri dei Giochi Olimpici, che si continuavano a disputare anche in epoca romana. Durante il regno di Nerone cominciarono a svilupparsi le fazioni più importanti. Le quattro principali erano quelle dei [[Rossi (fazione ippica)|Rossi]], degli [[Azzurri (fazione ippica)|Azzurri]], dei [[Verdi (fazione ippica)|Verdi]] e dei [[Bianchi (fazione ippica)|Bianchi]]. Queste fazioni esistevano già da prima dell'epoca del celebre imperatore, e probabilmente si trattava di gruppi di amici e patrocinatori dei diversi allevamenti di cavalli da corsa. Nerone però le sovvenzionò in modo tale che finirono per crescere al punto di sottrarsi al suo controllo. Ogni squadra schierava fino a tre carri per ogni gara. I componenti della stessa squadra si aiutavano tra loro contro le squadre avversarie, per esempio spingendoli a sfracellarsi contro la ''spina'' (una tattica di gara perfettamente legale ed anzi incoraggiata). Gli aurighi potevano passare da una squadra all'altra, proprio come al giorno d'oggi avviene per gli atleti professionisti.
 
Secondo [[Quinto Settimio Fiorente Tertulliano|Tertulliano]] (''De spectaculis'' 9.5), che non apprezzava questa situazione, originariamente c'erano due fazioni, i [[Bianchi (fazione ippica)|Bianchi]] e i [[Rossi (fazione ippica)|Rossi]], consacrate all'[[inverno]] ed all'[[estate]] rispettivamente. Tertulliano scrive all'inizio del [[III secolo]] e spiega che a quell'epoca i Rossi erano devoti a [[Marte (divinità)|Marte]], i Bianchi a [[Zefiro]], i [[Verdi (fazione ippica)|Verdi]] alla [[Gea|Madre Terra]] o alla [[primavera]] e gli [[Azzurri (fazione ippica)|Azzurri]] al cielo e al mare o all'[[autunno]]. [[Domiziano]] creò due nuove fazioni, i Porpora e gli Oro, che però scomparvero poco dopo di lui.
 
Oltre al Circo Massimo, sparsi per il territorio dell'Impero c'erano diversi altri [[circo|circhi]]; anche nella stessa Roma c'era un altro grande circo, il [[Circo di Massenzio]]. Altri importanti impianti si trovavano ad [[Alessandria d'Egitto]] e ad [[Antiochia di Siria|Antiochia]], a Tarragona. {{cn|A [[Milano]] vi era il circo di maggiori dimensioni all'epoca delle [[tetrarchia]]}}. [[Erode il Grande]] fece costruire quattro circhi in [[Giudea]]. Nel [[IV secolo]] l'imperatore [[Costantino I]] fece costruire un grande circo nella sua nuova capitale [[Costantinopoli]].
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[[Categoria:Impero bizantino]]
[[Categoria:Ippica]]
 
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