Malombra (film 1942): differenze tra le versioni

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===Il cast tecnico===
Alla realizzazione di ''Malombra'' contribuirono anche diversi collaboratori tecnici, alcuni dei quali agli inizi, destinati poi ad importanti carriere nei decenni successivi. Oltre a Renato Castellani, di cui si è già detto, il film di Soldati fu anche uno dei primi di cui Maria de Matteis firmò in prima persona i costumi, dopo diverse opere in cui aveva fatto l'assistente di [[Gino Carlo Sensani|Sensani]]. «Nel 1942 con ''Malombra'' - ha scritto Stefano Masi<ref>Il commento di Masi fa parte del contributo alla ''Storia del Cinema italiano'', citato in bibliografia, pag 333.</ref> - la De Matteis cominciò a camminare con lale proprie gambe (e) realizzò uno dei film migliori della sua carriera ed uno dei capolavori della costumistica cinematografica (...) non solo italiana».
 
Nel film tratto dal romanzo di Fogazzaro lavorò anche come Ispettore di produzione l'allora ventiduenne [[Dino De Laurentiis]], che, dopo qualche esperienza come attore, iniziò proprio con ''Malombra'' la sua prestigiosa carriera nel campo dell'industria cinematografia. Come ha raccontato uno degli attori, Nino Crisman<ref>La testimonianza di Crisman, nella quale egli afferma di essere stato lui a proporre alla "Lux" De Laurentiis per quell'incarico, è pubblicata ne ''L' avventurosa storia'', citato in bibliografia, pag 52.</ref>, De Laurentiis superò i dubbi dovuti alla sua giovane età e «dopo dieci giorni Dino era padrone del set; dopo due settimane inventò un gruppo elettrogeno che ci consentì di girare tutto dal vero nella Villa, servendosi di un paio di motori di aereo<ref>De Laurentiis e Soldati si ritrovarono assieme alcuni mesi dopo nel tentativo, riuscito, di fuggire dal Nord Italia occupato dalle [[Wehrmacht|truppe tedesche]]. Il 26 settembre del '43 essi, dopo essersi nascosti a [[Torella dei Lombardi]] presso parenti di De Laurentiis, poterono raggiungere la zona sotto controllo [[Alleati della seconda guerra mondiale|alleato]]. Circostanza raccontata da Kezic in ''Cari centenari'', citato in bibliografia, pag 176.</ref>».