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Il 24 gennaio i resti della 6ª Armata erano ormai rifluiti alla periferia ovest e sud-ovest di Stalingrado, costretti in un'area di sedici chilometri di lunghezza e otto chilometri di profondità e pressati da vicino dalle forze sovietiche; quasi privi di armi anticarro, i gruppi combattenti tedeschi vennero sistematicamente distrutti dalle armate del Fronte del Don che impiegarono in modo massiccio il fuoco dei cannoni per devastare i capisaldi negli edifici ed i carri armati per superare le postazioni nemiche, distruggere i bunker e schiacciare sotto i cingoli i superstiti<ref>J.Erickson, ''The road to Berlin'', pp. 37-38.</ref>. Il 25 gennaio si verificano i primi segni di crollo definitivo della resistenza: nel settore sud-ovest dove la 57ª Armata del generale Tolbuchin e la 64ª Armata del generale Sumilov attaccavano in forze, si arresero, dopo essere stati circondati dalla 8ª Divisione fucilieri della Guardia, i resti della 297ª Divisione fanteria con il comandante generale von Drebber, nella stessa zona abbandonarono la resistenza anche gli ultimi soldati della 20ª Divisione rumena<ref name="ReferenceFRA"/>. Venne catturato anche il generale Otto Renoldi, capo dei servizi sanitari dell'armata<ref>A.Beevor, ''Stalingrado'', p. 413.</ref>.
 
Altri ufficiali decisero di non arrendersi e combattere fino all'ultimo; il generale [[Alexander von Hartmann]], comandante della 71ª Divisione fanteria venne ucciso sulla linea del fuoco il 26 gennaio, mentre il generale Joachim Stempel, comandante della 371ª Divisione fanteria si suicidò. Il 25 gennaio il generale von Seydlitz-Kurzbach aveva esortato il generale Paulus a cessare la resistenza ed aveva lasciato libertà di azione alle ultime due divisioni rimaste al 51º Corpo d'armata (100ª Divisione cacciatori e 295ª Divisione fanteria) ma il generale Paulus annullò questo ordine, rimosse dal comando il generale von Seydlitz-Kurzbach e assegnò il controllo delle sue forze all'8 Corpo d'armata del generale Heitz<ref name="ReferenceFRAReferenceFRA4">F.de Lannoy, ''La bataille de Stalingrad'', p. 140.</ref>.
 
Il 26 gennaio si verificò un avvenimento di grande importanza tattica e simbolica: la sacca tedesca venne finalmente divisa in due parti con il congiungimento delle divisioni della 21ª Armata del generale Cistjakov con le truppe della 62ª Armata del generale Čujkov; dopo cinque mesi di isolamento terrestre finalmente i soldati che avevano accanitamente difeso le rovine di Stalingrado si collegarono con i reparti sovietici provenienti da ovest. L'incontro avvenne alle ore 09.20 nella zona ad ovest del quartiere operaio della fabbrica ''Krasnyj oktiabr'' tra il reparto di carri pesanti [[Kliment Voroshilov (carro armato)|KV]] del capitano P.Usenko e i fucilieri della 13ª Divisione della Guardia al comando del capitano A.F.Gustčin; poco dopo si verificarono altri incontri con reparti della 65ª Armata del generale Batov e la 64ª Armata del generale Sumilov<ref>V.Čujkov, ''La battaglia di Stalingrado'', pp. 291-292.</ref>.
 
Con il congiungimento delle armate del fronte del Don da ovest e da est, il ''kessel'' venne frantumato in due parti: a nord un gruppo schierato intorno alle rovine della fabbrica ''Barrikadij'' e della fabbrica di trattori, a sud un secondo raggruppamento ammassato nel settore centrale di Stalingrado<ref name="ReferenceFRAReferenceFRA4"/>. Il generale Paulus aveva previsto fin dal 24 gennaio questi inevitabili sviluppi della situazione ed in vista di un frammentazione dell'armata aveva assegnato al generale Karl Strecker il controllo del settore settentrionale della città ed al generale Walther Heitz il comando del settore centrale. Alla fine del giorno 26 gennaio il comandante della 6ª Armata fu costretto a spostare un'ultima volta il suo quartier generale che venne trasferito nei sotterranei dei grandi magazzini ''Univermag'' sulla Piazza Rossa, difesi da reparti della 71ª Divisione fanteria al comando del colonnello Roske<ref>F.de Lannoy, ''La bataille de Stalingrad'', pp. 129 e 140.</ref>.
[[File:Bundesarchiv Bild 183-R90142, Russland, Kesselschlacht Stalingrad.jpg|thumb|left|upright=1.3|I soldati del Fronte del Don distruggono gli ultimi capisaldi all'interno dei resti delle grandi fabbriche.]]
La propaganda di [[Joseph Goebbels]] aveva limitato al massimo le informazioni in patria subito dopo l'inizio della offensiva sovietica di novembre; per molte settimane la battaglia di Stalingrado, ritenuta in precedenza di decisiva importanza per la vittoria della Germania, venne volutamente esclusa dai resoconti dei comunicati della Wehrmacht, anche se alla fine dell'anno iniziarono a circolare nella popolazione lugubri voci sull'accerchiamento della 6ª Armata<ref>I.Kershaw, ''Il mito di Hitler'', pp. 190-191.</ref>. Solo il 16 gennaio il popolo tedesco apprese ufficialmente per la prima volta che le truppe a Stalingrado erano impegnate in una "eroica lotta difensiva contro un nemico che attaccava da tutte le parti". Il 23 e il 24 gennaio [[Otto Dietrich]], capo dell'ufficio stampa del Reich, diede finalmente comunicazione alla stampa di prepararsi alla disfatta e affermò che compito della propaganda era ormai quello di trasformare la sconfitta in un "grande e commovente sacrificio delle truppe per la salvezza della nazione tedesca" ed in una "epopea eroica di Stalingrado"<ref name="ReferenceKE">I.Kershaw, ''Il mito di Hitler'', p. 191.</ref>.