Terra di San Benedetto: differenze tra le versioni

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===Fondazione===
Fino al 744, il territorio nei pressi di [[Montecassino]] era suddiviso in fondi imperiali e fondi delle ricche ''[[gens|gentes]]'' locali, come gli [[Ummidia]], i [[Paccia]] e i [[Luccia]]. Non esisteva quindi un effettivo potere temporale del monastero.<ref name=":0">{{Cita pubblicazione|autore = Guglielma Sammartino|titolo = L’organizzazione territoriale benedettina e le fasi
dell’incastellamento nella Terra Sancti Benedicti|rivista = Studi Cassinati|volume = Aprile - Giugno 2005|numero = }}</ref>.
 
La nascita della Terra di San Benedetto va rintracciata nella cospicua donazione di terre fatta nel [[744]] al monastero dal [[Longobardi|longobardo]] [[Gisulfo II di Benevento|Gisulfo II]], duca di [[Benevento]]<ref name=":0" />. Le terre donate da allora furono soggette solo all'autorità papale e abbaziale. La donazione probabilmente fu di carattere sia religioso che politico: si garantiva così un'alleanza tra la Chiesa e i [[Ducato di Benevento|duchi beneventani]] per difendersi reciprocamente nella zona occidentale della Terra dove corrono importanti direttrici nord-sud. Nei secoli successivi, progressivamente al cenobio vennero offerti monasteri, chiese e castelli con annessi possedimenti, anche oltremare, tramite concessioni e donazioni effettuate da nobili, imperatori e papi, raggiungendo gli ottantamila [[ettaro|ettari]].
 
=== Le tre fasi della Terra Sancti Benedicti ===
La storia dei territori legati all’Abbazia benedettina si può suddividere in tre fasi principali che corrispondono a tre diverse impostazioni del controllo del territorio: si ha prima l’epoca della ''[[curtis]]'', poi quella del ''[[castrum]]'' ed infine quella dello sviluppo delle ''[[universitas civium]]''. Successivamente l'Abbazia perde progressivamente lo storico potere temporale<ref name=":0" />.
 
====Epoca della ''curtis'' (secoli [[VIII secolo|VIII]] - [[IX secolo|IX]])====
[[File:Lavoro curtis.jpg|thumb|Lavoro nella curtis.]]La ''curtis'' è l’organismo fondiario fondamentale dell’epoca della ''Terra Sancti Benedicti'' che va dal [[774]], anno della donazione da parte di [[Gisulfo II di Benevento]], all’[[883]], anno della distruzione dell'Abbazia per mano dei [[Saraceni]]<ref name=":0" />.
 
Sul territorio donato, i monaci avevano autonomia totale di controllo e gestione in quanto loro proprietà privata. Essi si adoperarono subito a riorganizzare razionalmente l’area: vennero intraprese attività di bonifica dell’area paludosa nei pressi del fiume [[Rapido (fiume)|Rapido]] e vennero distribuite strategicamente sul territorio degli avamposti costituiti da piccoli monasteri, le ''cellae''. La parte del possedimento che faceva capo ad una ''cella'' era appunto la ''curtis''. Venne intrapresa l’edificazione di una vasta basilica, il Divin Salvatore, ovverosia la ''curtis maior'' da cui dipendevano le altre<ref name=":0" />.
 
Ogni ''curtis'' tendeva ad essere economicamente autonoma, in linea con lo spirito della [[Regola benedettina]]. Il terreno era lavorato direttamente dai monaci o dagli ''angarari'', cioè i dipendenti che annualmente dovevano prestarsi ad un numero fissato di giornate lavorative, le ''angariae''. Vi erano poi le ''curtis'' concesse a coloni e le ''pertinentiae'', ovvero una specie di demanio del monastero da cui gli abitanti prendevano i materiali di prima necessità.
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====Epoca del ''castrum'' (secoli [[IX secolo|IX]] - [[XI secolo|XI]])====
A seguito delle scorrerie dei saraceni e la distruzione di [[Montecassino]], i monaci superstiti si rifugiarono a [[Capua]]. Seguirono una quarantina di anni di insicurezza e instabilità con la conseguenza dell’arretramento della superficie coltivata. La vittoria nell’agosto [[915]] della lega cristiana di [[papa Giovanni X]] nella [[battaglia del Garigliano (915)|battaglia del Garigliano]] segnò la ripresa da parte della nobiltà locale del controllo della Terra. I monaci ritornano a [[Montecassino]] nel [[949]]. Nel periodo che segue il ''castrum'', insediamento concentrato e fortificato sulle alture, diventa progressivamente l’elemento fondamentale di controllo e amministrazione del territorio e lo rimarrà per centinaia di anni<ref name=":0" />.
[[File:Roccajanula cassino.jpg|thumb|La [[Rocca Janula]], avamposto militare a difesa dell'Abbazia di Montecassino.]]
Nel [[967]] [[Pandolfo Testadiferro|Pandolfo Capodiferro]], [[Duchi e principi di Benevento|principe di Benevento]], concede all’abate lo ''ius munitionis'', ossia il privilegio di fortificare liberamente. L’Abbazia e la nobiltà laica, con la popolazione in crescita, si adoperarono per riorganizzare i possedimenti: si rivendicarono i possedimenti, si ripopolò il territorio, si realizzarono opere di bonifica, si misero a coltura nuove aree e si realizzarono, appunto, i ''castra'', rioccupando gli insediamenti abbandonati e fondandone di nuovi, spesso utilizzando le antiche ''cellae'' come nucleo di aggregazione<ref name=":0" />.
 
Grazie all’utilizzo di contratti livellari della durata di ventinove anni, gli abati cassinesi a partire da [[Aligerno (abate)|Aligerno]] riuscirono ad attrarre anche coloni dalle aree limitrofe a cui affidare i terreni (ad esempio dalla [[Marsica]] e dalla [[Murge|Murgia]]). Le condizioni erano molto favorevoli: all’Abbazia era versata la settima parte delle messi e la terza parte del vino, tutto il resto era lasciato a loro utilità. L’accentramento delle abitazioni dei coloni all’interno di fortificazioni e l’affidamento ad ogni colono di particelle di terreno rappresentarono le caratteristiche di questo periodo. Non vi era inizialmente una minaccia imminente da rendere indispensabili castelli e torri, ma il ricordo della devastazione saracena e le mire dei potenti vicini furono il motivo di tale scelta<ref name=":0" />.
 
Ci è giunto un documento esemplare riguardante la fondazione del primo ''castrum'': [[Sant'Angelo in Theodice]]. Il contratto attesta che in località ''at Teudice'', attorno alla chiesa di S. Michele Arcangelo, si stanziarono 34 famiglie; ogni famiglia ricevette una particella all’interno delle previste mura, su cui edificare, più una all’esterno, da coltivare; le famiglie dei coloni con i ''commenditi'', i dipendenti, avevano diritto di residenza nel ''castrum'' e il dovere di ''conciare castellum'' sotto la guida dei ''magistri fabricatores'' inviati dall’Abate. In seguito, fu realizzata sul colle Janulo una fortezza turrita per dominare la valle, la [[Rocca Janula]]<ref name=":0" />.
 
A poco a poco il territorio si popola di ''castra''. Nel [[991]], con Mansone abate, vengono fondati [[Sant'Elia Fiumerapido|Sant’Elia]] e [[Roccasecca]]. Nei pressi di [[Aquino]] fu fortificata la cella dedicata a [[San Gregorio]] e dotata di un’imponente torre. Nascono [[Pignataro Interamna|Pignataro]], [[Mortola]], [[Rocca d'Evandro|Rocca di Vandra]], [[Rocca d'Evandro|Cocuruzzo]], [[Viticuso]], [[Pontecorvo]], [[Suio]], da cui si vede il [[Mar Tirreno|Tirreno]], e altri. Dove il Rapido e il [[Liri]] confluiscono, nacque il castello di [[Giunture|Iuntura (Giuntura)]]; nei suoi pressi nacque quello di Vandra Monastica; nel [[1051]] i conti di [[Aquino]] promossero la realizzazione del castello di Teramo; dello stesso secolo sono [[Vallerotonda]] e [[Cervaro|Torrocolo (Trocchio)]]. La città ai piedi dell’Abbazia fu ricostruita per volere dell’abate Atenolfo e le venne dato il nome di [[Cassino|San Germano]].
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====Sviluppo dell’''Universitas Civium'' (secoli [[XI secolo|XI]] - [[XIII secolo|XIII]])====
[[File:Victor III. - Desiderius of Montecassino.jpg|thumb|[[Papa Vittore III|Desiderio]] nell'atto di donare a San Benedetto i beni temporali e i libri di Montecassino (particolare da una miniatura cassinense).]]
La terza epoca inizia sul finire dell’Undicesimo secolo, quando i ''castra'' sono consolidati: la popolazione dei castelli prende consapevolezza sociale e comincia ad organizzarsi in ''Universitas civium'', per far valere i propri diritti nei confronti dell'Abbazia. La possibilità d’azione dei castelli era comunque limitata dato che spettava all'Abate la nomina delle cariche pubbliche principali e la terra era proprietà del monastero<ref name=":0" />.
 
Il secolo XI fu il secolo d'oro dell'abbazia che crebbe in smisurata potenza politica ed economica, grazie anche al grande flusso di donazioni e diritti che costantemente ricevette. In questo stesso periodo l'abbazia trova il suo sbocco a mare grazie agli abati [[papa Stefano IX|Federico]] e soprattutto [[Papa Vittore III|Desiderio]], ottenendo i castelli di [[Ausonia (comune)|Fratte]], [[Mortola]], [[Interamna Lirenas|Terame]], [[Cocuruzzo]], [[Minturno|Traetto]], [[Spigno Saturnia|Spigno]], [[Suio]] e la Torre a Mare di [[Pandolfo Testadiferro|Pandolfo I Capodiferro]].
 
Questo sviluppo inizia attraverso il riconoscimento di ''Chartae Libertatis'': l’Abate fissava con i rappresentanti le condizioni e gli obblighi nei reciproci rapporti. L’abate [[Papa Vittore III|Desiderio]] concesse agli abitanti di [[Minturno|Trajetto]] queste carte di franchigia nel [[1061]]. In quelle concesse a [[Suio]] nel [[1079]] si legge che l’Abate s’impegnava nel concedere alla cittadinanza di amministrare la legge e la giustizia e nel non nominare senza consenso amministratori estranei al loro territorio. Questa evoluzione era favorita dal crescere del frazionamento dei possessi a causa di donazioni e vendite parziali e suddivisioni ereditarie. Lo sviluppo delle ''Universitas'' semplificava la riscossione dei pagamenti: il pagamento per il rinnovo delle concessioni avveniva attraverso i rappresentanti e la somma veniva ripartita tra i singoli cittadini. In questo periodo aumentarono anche i servizi che dovevano prestare quelli a cui erano concessi i terreni, divenuti ''terrae de servitio''<ref name=":0" />.
 
Delle immani ricchezze accumulate nel monastero si impossessò, tuttavia, [[Ruggero II di Sicilia|Ruggero II]] per alimentare le spese militari per la conquista del Regno di Sicilia, nel [[1137]]. Da questo momento, iniziò una fase di decadimento. Il potere abbaziale in questo periodo venne, infatti, limitato dall’esterno, iniziando dai Normanni che governavano il sud della [[Penisola italica|Penisola]]. Nel [[1199]], le truppe imperiali assediarono l’abbazia stanziando a [[Cassino|San Germano]]. La Terra di San Benedetto si trovò al centro di importanti vicende dei principi Svevi, che limitarono ancora di più il potere dell’Abbazia: nel [[1230]] la stessa città fu luogo della firma della pace tra il [[papa Gregorio IX]] e l’[[Federico II di Svevia|imperatore Federico II]]; nel [[1266]] ancora a San Germano gli uomini di [[Manfredi di Sicilia|Manfredi]] tentarono di resistere all’invasore [[Carlo I d'Angiò]]. Il culmine dell'impoverimento si raggiunse negli ultimi anni della dominazione sveva, quando i monaci furono cacciati da Montecassino ed il monastero fu trasformato in un presidio militare e spogliato di tutte le sue ricchezze.
 
Dopo queste turbolente vicende, l’abate [[Bernardo Ayglerio|Bernardo I Ayglerio]] fu protagonista della restaurazione del patrimonio dell’abbazia e la codificazione dei diritti del monastero. Egli accertò i diritti dell'abbazia, gli obblighi dei sudditi, gli usi consuetudinari e li codificò. Fisso anche i confini di ciascun castello, al fine di evitare il ripetersi di gravi e sanguinose contese come già avvenuto in passato. La sua opera, riassunta in tre [[Regesto|Regesti]], fu di fondamentale importanza per arrestare quel processo di progressivo sfaldamento feudale cui si era assistito nel secolo precedente.
 
===La perdita di potere del monastero (secoli [[XIII secolo|XIII]] - [[XIX secolo|XIX]])===