Mimo latino: differenze tra le versioni

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La crescente voga di questi spettacoli nell'età di [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] si ricollega al diffondersi di un gusto veristico che si distacca dalle tradizioni arcaiche, e perciò [[Tito Maccio Plauto|Plauto]] ed [[Quinto Ennio|Ennio]] sono sentiti come non più attuali - si noti come aspetti veristici siano presenti anche in un letterato raffinato e difficile qual è [[Gaio Valerio Catullo|Catullo]]. In un periodo di "letterarizzazione" della letteratura romana, il mimo e le [[Atellana|atellane]] sono le prime forme d'arte di ascendenza italica ad essere poste per iscritto: non è casuale che generi considerati inferiori guadagnassero terreno quando i generi ritenuti elevati ne persero.
 
In alcuni teatri era consentito anche alle donne “recitare”. Si trattava di donne che mostravano i loro corpi sul palcoscenico e con altrettanta facilità li concedevano a facoltosi romani o a uomini di potere che venivano ad ammirarle a teatro. Secondo [[Servio Mario Onorato]], grammatico che visse tra il IV e il V secolo d.C., tre furono le [[mimae|donne di spettacolo]] più famose nella storia di Roma. Si trattava di: [[Origine (mima)|Origine]], [[ArbusculaArbuscola]], [[Licoride]]. Erano considerate delle ''infames'', e ciò comportava la perdita dei propri diritti di cittadino. Dagli autori dell’epoca erano spesso chiamate ''meritrices'', alludendo al doppio ruolo di attrice-cortigiana. Su di loro pesava anche la mancanza di una tutela legale: erano esposte a stupri, violenze e soprusi senza potersi difendere. Lo stesso [[Cicerone]], riferendosi allo stupro di gruppo di un’attrice nella cittadina di Atina, presso Roma, parla di un atto normale, del tutto irrilevante nella cittadina di provincia<ref>{{Cita libro|autore = Alberto Angela|titolo = Amore e Sesso nell’Antica Roma|anno = 2012|editore = Mondadori|città = Milano|p = 174}}</ref>.
 
===Età imperiale===