Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo: differenze tra le versioni
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Nel [[1935]] divenne addetto allo Stato Maggiore e l'anno successivo partì per la [[Guerra civile spagnola|guerra di Spagna]], dove gli venne affidato un battaglione del [[Genio telegrafisti]] e poi fu nominato capo di stato maggiore del Comando della II Brigata Mista “Frecce Nere”<ref>Mario Avagliano, ''Il partigiano Montezemolo'', Dalai editore, 2012, p. 65</ref>. Promosso tenente colonnello per meriti di guerra, nel [[1940]] fu nuovamente chiamato allo Stato Maggiore, passando così al Comando Supremo dell’Esercito ([[Superesercito]]). Promosso colonnello nel [[1942]], nel giugno [[1943]] assunse il comando dell’[[11º Reparto Genio motorizzato]]. È decorato di Croce di Ferro dai tedeschi<ref>P. Maurizio, ''Via Rasella, cinquant'anni di menzogne'', p. 30</ref>.
Roberto Roggero<ref>''Oneri e Onori'', Greco&Greco, 2006, pp. 131 e 132</ref> riferisce di una voce (di cui - però - avvisa: è priva di riscontri) secondo la quale all'incontro di Feltre del 19 luglio 1943 fra Mussolini
== Dal 25 luglio 1943 alla clandestinità ==
Dopo la caduta del regime fascista il 25 luglio [[1943]], il nuovo capo del governo, maresciallo [[Pietro Badoglio]], gli affidò la direzione della sua segreteria. In occasione dell'[[armistizio di Cassibile|armistizio]] dell'8 settembre [[1943]], mentre [[Fuga del Re Vittorio Emanuele III|
Infatti già il 23 settembre le forze germaniche - prendendo a pretesto un'aggressione compiuta da alcuni militi italiani della guarnigione della Città Aperta ai danni di loro uomini<ref>Gioacchino Solinas, ''I granatieri di Sardegna nella difesa di Roma'' ed.f.c.</ref> - rompono gli indugi e si impossessano dei comandi della Città Aperta: irrompendo nel Ministero della Guerra, arrestano Calvi, mentre Montezemolo - d'accordo col suo superiore - riuscì a fuggire, vestendo abiti civili e passando dai sotterranei del ministero, per darsi alla clandestinità<ref>P. Maurizio, ''Via Rasella...'' cit. p. 30</ref>.
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In clandestinità, con la collaborazione di pochi fidatissimi uomini (fra cui il suo capo di Stato Maggiore [[Ugo De Carolis (1899-1944)|Ugo de Carolis]]), Montezemolo si sposta continuamente, evitando accuratamente di fornire al controspionaggio e alla polizia tedesca e fascista elementi che potessero coinvolgere i suoi familiari, tanto per proteggerli quanto per evitare che - se catturati - potessero essere usati come ostaggi per ricattarlo<ref name=Portelli/>.
Il 10 dicembre [[1943]],
guerriglia per la liberazione dell'Italia dal nazifascismo e il suo inserimento tra le nazioni
democratiche.<ref>{{cita web|http://www.ilnuovocontemporaneo.it/libri/gocce%20di%20memoria.pdf|Resistenza e antifascismo nella Capitale e nella sua Provincia|27-4-2010}}</ref>.
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Parola d'ordine della sua organizzazione militare era "guerra al tedesco et tenuta ordine pubblico", e le direttive erano "organizzare segretamente la forza per assumere al momento opportuno l'ordine pubblico in Roma a favore del governo di Sua Maestà il Re". La sua organizzazione diventava così direttamente concorrente ai [[Gruppi di Azione Patriottica|GAP]], e - in caso di arrivo delle truppe alleate o improvvisa ritirata di quelle dell'Asse, i suoi uomini e in particolare i Regi Carabinieri avrebbero dovuto garantire l'occupazione dei nodi strategici (radio e ministeri) prima che eventuali bande partigiane non monarchiche potessero appropriarsene<ref name=Portelli/>.
Per evitare rappresaglie da parte nazista sui civili, Montezemolo vieta di compiere attentati dinamitardi
Quando
Dal comando di Montezemolo dipende anche il Raggruppamento ''Monte Amiata'', che opera - con soldati italiani in uniforme ed ex prigionieri di guerra - fra Toscana e Lazio come resistenza monarchica<ref>Friedrich Andrae,'' La Wehrmacht in Italia'', ed. Riuniti, pag. 109</ref>. Almeno sulla carta l'organico del Fronte Militare Clandestino doveva arrivare a circa diecimila uomini, anche se si stimava che solo tremila di questi sarebbero stati operativi
Montezemolo si adopera alacremente per coordinarsi con gli altri elementi del CLN romano e in particolare con [[Giorgio Amendola]], del PCdI, con il quale pianifica anche le operazioni militari successive allo [[sbarco di Anzio]]<ref>Ibidem</ref>, operazioni che non
Nonostante la collaborazione fra Fronte Militare e CLN, secondo [[Giorgio Bocca]] "Montezemolo e i suoi sono fuori, a volte contro il movimento unitario, non ne condividono la politica, tentano una concorrenza di tipo decisamente reazionario. Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo è un ufficiale virtuoso e capace. In vita e in morte lui e i suoi più stretti collaboratori sono degni di ammirazione. Ma il giudizio storico sul movimento, il giudizio dei fatti, è negativo: esso è un freno alla Resistenza nazionale, un motivo di confusione e paralisi"<ref>''Storia dell'Italia partigiana'', Oscar Mondadori, p. 96</ref>.
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Alcune insistono sulla possibilità che Montezemolo sia stato lasciato catturare dal governo di Brindisi. I suoi buoni rapporti - nonostante la sua dichiarata fede di "anticomunista sfegatato"<ref>Giorgio Amendola, ''Lettere a Milano''</ref> - con i dirigenti comunisti potrebbero essere stati all'origine dell'invio da Brindisi come superiore, il 10 gennaio 1944, del generale Quirino Armellini - fedelissimo di Pietro Badoglio - sebbene diversi altri generali in clandestinità ([[Simone Simoni]]<ref name="Caduto alle Ardeatine">Caduto alle Ardeatine</ref>, [[Sabato Martelli Castaldi]]<ref name="Caduto alle Ardeatine"/>, [[Dardano Fenulli]]<ref name="Caduto alle Ardeatine"/>) abbiano accettato di buon grado d'essere sottoposti al comando dell'abile colonnello<ref name=Portelli/>. Secondo Pietro de Carolis<ref>Citato in A. Portelli, op. cit.</ref> i medesimi buoni rapporti potrebbero averlo portato alla cattura da parte del controspionaggio tedesco, dietro delazione da parte di elementi interessati a non consentire la formazione di un blocco compatto fra partigiani comunisti e resistenza militare lealista.
[[Giorgio Pisanò]]<ref>''Storia della guerra civile...'' cit. pp. 269 e ss</ref> e [[Renato Carli Ballola]]<ref>''Storia della Resistenza'', Ed. Avanti! Milano, 1957, pp. 37 e ss.</ref> propendono invece per una combinazione di imprudenze dei membri del Fronte
Di tutt'altra opinione è Ugo Finetti<ref>''La resistenza cancellata'', Ares 2003</ref>, secondo cui Montezemolo era "il principale nemico di Kappler", il quale gli diede "personalmente la caccia".<ref>U. Finetti, ''La resistenza cancellata'' cit. p. 270</ref>. Finetti è dell'opinione che la cattura di Montezemolo sia da ascriversi
Secondo un carteggio tra l'avvocato Tullio Mango e il suo assistito Herbert Kappler, scoperto da Sabrina Sgueglia e pubblicato dal libro "Partigiano Montezemolo" di Mario Avagliano, l'uomo che aveva dato ai nazisti l'informazione decisiva per giungere alla cattura di Montezemolo fu Enzo Selvaggi, anche lui esponente monarchico della Resistenza, fondatore e direttore del giornale «Italia Nuova». In base
==La prigionia e la morte alle Ardeatine==
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