Psychological Warfare Branch: differenze tra le versioni

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* la cessazione di tutti i giornali compromessi col fascismo: gli stabilimenti sarebbero stati sequestrati in attesa dell'epurazione.
Una delle prime decisioni presa dal Comando alleato fu il contingentamento della carta. Si stabilì che tutti i quotidiani avrebbero avuto lo stesso quantitativo di carta, utile per stampare fino a un massimo di 15.000 copie. Furono autorizzati a pubblicare quotidiani soltanto i sei partiti del CLN (la regola fu tassativa: un partito-un quotidiano), cui si affiancò un giornale pubblicato dal PWB.<br />
All'indomani della liberazione di [[Roma]], 5 giugno [[1944]], il PWB si insediò all’interno del decaduto [[Ministero della Cultura Popolare]] (Minculpop).<br />
Ogni volta che una nuova città veniva liberata, con la conseguente cacciata dei tedeschi, il PWB assumeva la gestione degli organi di stampa locali per conto del governo alleato militare in Italia. In ogni giornale un funzionario dei PWB, ufficiale dell'esercito, aveva la responsabilità di tutto ciò che veniva pubblicato. Il responsabile della correttezza delle notizie su tutto il territorio italiano fu il capitano Orville Anderson<ref>Il responsabile per le pubblicazioni nel Nord Italia fu il maggiore scozzese Michael Noble. Fu Noble ad autorizzare la ripresa delle pubblicazioni del ''Corriere della Sera'', il maggiore quotidiano italiano.</ref>.
 
== Controllo sulle notizie ==
Il PWB si riservò il compito di elaborare e distribuire un notiziario generale. Svolse in sostanza, in via esclusiva, i compiti di un'[[agenzia di stampa]] contrassegnata dalla sigla UNNS («United Nations News Service»). A nessun'altra agenzia di stampa, neppure a quelle dei Paesi alleati, fu consentito di distribuire il proprio notiziario nei territori italiani occupati. <br />
Si deve al PWB la nascita dell'[[ANSA]]: per evitare che le agenzie di stampa private finissero sotto il controllo del governo italiano, il PWB ottenne dal capo del governo militare alleato in Italia, Ellery W. Stone, la creazione di un'unica agenzia di notizie, di proprietà dei giornali e da essi gestita<ref>Sergio Lepri ''et alii'', ''L'agenzia Stefani da Cavour a Mussolini'', Mondadori, 2001.</ref>.
 
== Autorizzazioni ai giornali ==
Il Comando alleato sospese tutti i giornali compromessi col fascismo. Successivamente il PWB assunse il controllo politico della stampa. Fu creato un organismo denominato «Allied Publication Board», incaricato di rilasciare le autorizzazioni per la pubblicazioni di quotidiani, riviste e libri.
Una volta ricostituita la redazione di un giornale, l'APB ne autorizzò il ritorno in edicola. L'APB centrale ebbe sede, come il PWB negli ex locali del Ministero della Cultura popolare.<br />
Alla stampa fu imposto di dare un chiaro segnale della rottura col passato e così tutti i giornali uscirono con una nuova testata.
Ufficialmente tale decisione fu presa di concerto tra gli Alleati e il CLN; secondo Andrea Bianchi, la decisione invece non fu frutto di concertazione, bensì fu causata da uno scontro tra Comando alleato e CLN, da cui le parti uscirono un compromesso<ref>Le rispettive posizioni erano divergenti: il CLN avrebbe voluto la chiusura di tutti i giornali compromessi col fascismo. Si parlò anche di esproprio. Gli anglo-americani, invece, ritenevano che i quotidiani avrebbero favorito il pluralismo d'opinioni, dovevano quindi rimanere in vita al fine di esercitare la loro funzione. Si trovò una soluzione di compromesso: i proprietari non sarebbero stati espropriati, però i giornali avrebbero cambiato nome. Andrea Bianchi, «1945, la liberazione dei giornali» ''[[Il Gazzettino]]'', 3 novembre 2006.</ref>.
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==Collegamenti esterni==
*[{{cita web|url=http://www.francoangeli.it/Ricerca/Scheda_libro.aspx?CodiceLibro=171.20 |titolo=Stampa, radio e propaganda. Gli alleati in Italia 1943-1946]}}
 
{{Portale|seconda guerra mondiale|Storia}}