Giuseppe Ferrari (filosofo): differenze tra le versioni

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Nel giugno del [[1862]], contro la sua volontà, Ferrari fu nominato dal re [[Ufficiale (onorificenza)|Cavaliere Ufficiale]] dell'[[Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro]], e rimandò immediatamente il decreto di nomina al ministro della [[Pubblica Istruzione]], che glielo aveva inviato. Ma la nomina era irrevocabile, essendo stata pubblicata nella ''[[Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia|Gazzetta ufficiale]]''.
 
Nominato professore di filosofia della storia all'[[Accademia scientifico-letteraria di Milano]], benché non ci fosse a quel tempo nessuna indennità parlamentare e i parlamentari non godessero di nessun beneficio, Ferrari rinunciò allo stipendio per poter rimanere in Parlamento pur continuando a insegnare. In Parlamento, Ferrari prese posizione in sede di discussione sull'intitolazione degli atti del governo, contro la denominazione di secondo, e non primo re d'Italia, assunta da [[Vittorio Emanuele II|Vittorio Emanuele]]<ref>[[s:Pagina:Atti del parlamento italiano (1861).djvu/15|Atti del parlamento italiano (1861)]]</ref>, a più riprese contro uno stato unitario, in favore di una costituzione federale e dell'[[regionalismo|autonomia delle regioni]], in particolare del [[Mezzogiorno (Italia)|Mezzogiorno]]. Per Ferrari infatti, come scrisse nel gennaio del [[1848]]:{{Citazione|L'unità italiana non esiste che nelle regioni della letteratura e della poesia; in queste regioni non si trovano popoli, non si possono reclutare eserciti, non si può organizzare nessun governo. |Joseph Ferrari, ''La révolution et les réformes en Italie'', Parigi, 1848, p. 10. |L'unité italienne n'existe que dans les régions de la littérature et de la poésie; dans ces régions, on ne trouve pas de peuples, on ne peut pas recruter d'armées, on ne peut organiser aucun gouvernement.|lingua=fr}} Si è pure pronunciato contro la [[Contea di Nizza#La_cessione_del_Circondario_di_Nizza_alla_Francia_.281860.29|cessione di Nizza]] e della [[Savoia (regione storica)|Savoia]] alla Francia ([[1860]]), contro il trattato di commercio con la Francia ([[1863]]) e contro gli accordi con il governo francese per la ripartizione del debito già pontificio ([[1867]]) (lui, "francese al peggiorativo", come amava chiamarlodefinirlo il suo irriducibile avversario, [[Mazzini]]), in difesa di [[Garibaldi]] per [[Giornata dell'Aspromonte|i fatti d'Aspromonte]] ([[1862]]), in favore della [[Polonia]] ([[1863]]) e dello spostamento della capitale da [[Torino]] a [[Firenze]] ([[1864]]), prese parte attiva ai dibattiti parlamentari sulla proclamazione di Roma capitale, sul [[brigantaggio]], sulla situazione finanziaria del nuovo regno. Il 15 maggio del 1876 fu fatto [[Senatori della XII Legislatura del Regno d'Italia|senatore]]. Morì improvvisamente nella notte tra il 1º e il 2 luglio del [[1876]].
 
Assolutamente solitario e totalmente estraneo ad ogni [[Partiti politici|gruppo politico]] e ad ogni [[Massoneria in Italia|consorteria]], Ferrari non ebbe seguito e, come disse il [[politico]] [[Francesco Crispi]] intervenendo alla Camera il 3 agosto [[1862]]:
{{Citazione|Ferrari, tutti lo sanno, è una delle illustrazioni del parlamento, ma non esprime se non che le sue idee individuali}}
La sua azione parlamentare è stata così caratterizzata e riassunta:<ref>P. Schinetti, ''Le più belle pagine di Scrittori italiani scelte da scrittori viventi. Giuseppe Ferrari'', Milano, [[Garzanti Editore|Garzanti]], 1944, p. 261.</ref>