Spinello Aretino: differenze tra le versioni

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== Biografia ==
La sua famiglia era originaria di [[Capolona]]. Fu Luca suo padre, orefice raffinato, che si trasferì in Arezzo dove Spinello crebbe «...tanto inclinato da natura all'essere pittore, che quasi senza maestro, essendo ancor fanciullo, seppe quello che molti esercitati, sotto la disciplina d'ottimi maestri, non sanno» ([[Giorgio Vasari]]). La sua formazione avvenne in Arezzo, presso il più anziano pittore [[Andrea di Nerio]] con cui collaborò da giovane e dal quale si rese autonomo almeno negli anni Settanta.
 
Senza alcun dubbio fu un sentimento di amor patrio, un desiderio campanilistico di esaltare la città natia, che spinse il Vasari a dedicare una lunga biografia all’aretino Spinello, il quale avrebbe, a suo dire, «...paragonato Giotto nel disegno ed avanzatolo di gran lunga nel colorito»; strano che proprio con questa premessa, una volta davanti al più alto raggiungimento del prediletto pittore, gli affreschi nella [[chiesa del Carmine (Firenze)|chiesa del Carmine]], il Vasari non sapesse far di meglio che assegnarli a Giotto stesso.
 
A Firenze lavorò accanto al suo maestro nella [[chiesa del Carmine (Firenze)|chiesa del Carmine]] e in quella di [[chiesa di Santa Maria Novella|Santa Maria Novella]], mentre tra il [[1360]] ed il [[1384]] fu attivo soprattutto ad Arezzo, dove istoriò molti cicli pittorici ad affresco, oggi quasi tutti perduti.
 
Nel [[1384]] dopo il sacco della città tornò a Firenze, dove ebbe l'importante commissione delle ''Storie di [[San Benedetto]]'' nella [[sagrestia di San Miniato al Monte]] a [[Firenze]] (dipinte verso il [[1387]]-[[1388]]), dove la composizione è giottesca, mentre la brillantezza dei colori riflette più l'arte contemporanea senese. Al [[1390]] circa risale il frammentario ''[[Matrimonio mistico di Santa Caterina d'Alessandria tra santi]]'' nella [[basilica di Santa Trinita]] a [[Firenze]]. Nel [[1391]]-[[1392]] dipinse sei affreschi, ancora esistenti, sul muro sud del [[Camposanto monumentale|Camposanto di Pisa]] con i ''Miracoli dei Santi Potito ed Efisio'', per i quali ricevette un compenso di 270 monete d'[[oro]]. A quegli anni risale anche il ''[[Trittico della Madonna in trono e santi]]'' della [[Galleria dell'Accademia]], mentre del decennio successivo è il ''[[Santo Stefano (Spinello Aretino)|Santo Stefano]]'' nello stesso museo.
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Nella ''Storia di papa Alessandro III'', nel [[Palazzo Pubblico di Siena]] ([[1407]]-[[1408]]) dimostrò una vivace qualità narrativa nelle parti autografe, testimoniando la notevole maturità artistica nell'ultimo periodo della sua carriera o forse anche per il contributo del figlio [[Parri Spinelli]], connotato da un goticismo, raro in Toscana, di formazione franco senese e fiorentina, che vi collaborò. Le storie sono una rappresentazione del contributo del pontefice nella guerra di [[Federico Barbarossa]] contro i Comuni italiani.
 
La vasta cronologia spinelliana, ad onta delle numerose opere datate, resta talvolta incerta. Per tutto l’arco della sua attività rimase sempre fedele al medesimo ideale di aristocratica contenutezza, ad un mondo che già prelude a quello gelido ed astratto di Lorenzo Monaco, in cui si muovono paggi di un'eleganza composta, damigelle dolcemente raccolte, e dove anche i cavalieri nella mischia impugnano mollemente gli spadoni e gli assistenti ai miracoli stupiscono con moderazione e con gesti falcati. Tuttavia la sua forte concezione dello spazio, all'interno del quale si articolano figure di solidità scultorea, e la tradizione che muove dalla biografia vasariana, hanno determinato a lungo la sopravalutazione del suo rapporto retrospettivo con Giotto, da attenuare nell'articolazione critica più attenta della sua formazione, di cui certamente faceva parte quella grandiosa stagione dell'arte, ma anche di quanto si era determinato nella generazione attiva in Toscana dagli anni '30 al '50/60 e della quale aveva ricevuto una sintesi alta e personale da Andrea di Nerio ad Arezzo.
 
«In Santo Agostino d’Arezzo gli fu dato sepoltura, dove ancora oggi si vede una lapida con un’arme fatta a suo capriccio, dentrovi uno spinoso» (Vasari). Epitaffio: <small>«SPINELLO ARRETINO PATRI OPT<IMO> PICTORIQVE SVAE AETATIS NOBILISS<IMO> CVIVS OPERA ET IPSI ET PATRIAE MAXIMO ORNAMENTO FVERVNT PII FILII NON SINE LACRIMIS POSS<VERVNT>.»</small>
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==Collegamenti esterni==
*[{{cita web|http://www.treccani.it/enciclopedia/spinello-aretino_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Medievale%29/ |Spinello Aretino su Treccani.it]}}
 
{{Controllo di autorità}}