Rubicone: differenze tra le versioni

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Cesare, intuendo il complotto ai suoi danni che il senato stava ordendo, ovvero di metter fuori legge il partito dei ''populares'' che egli rappresentava, e temendo per la sua stessa vita, rifiutò, rimanendo accampato nella provincia che gli era stata assegnata, non distante dalla odierna [[Cervia]]. L'esercito, fedele a Cesare perché da lui dipendeva il pagamento delle sue spettanze, rimase compatto agli ordini del [[generale]]. Solo il suo vice, [[Tito Labieno]], disertò e si schierò con la [[Repubblica romana]]. Per sicurezza, Cesare fece presidiare la riva settentrionale del Rubicone, ma non correva sostanziali pericoli, in quanto, in [[Italia]], il senato poteva schierare due sole legioni.
 
[[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] lo attraversò nelle prime ore del 1210 gennaio [[49 a.C.]] alla testa del suo esercito, composto dalla XII.a Legione (per un totale di circa 5.000 uomini e 300 Cavalieri), al ritorno dalla [[Gallia]], ed essendo penetrato in armi nel territorio di [[Roma]], manifestò in tal modo la sua ribellione allo stato romano: secondo il racconto di [[Gaio Svetonio Tranquillo|Svetonio]], prima di risolversi a questo passo sembra che abbia esitato e infine abbia preso la sua decisione esclamando ''[[alea iacta est]]'' ("il dado è tratto", lett. "il dado è gettato") secondo la tradizione. È più probabile che abbia pronunciato in latino un antico proverbio greco "alea iacta esto" ("il dado sia tratto"). Quest'ultima infatti, è una [[lectio difficilior potior]].
 
== Controversia ==