Lingua franca: differenze tra le versioni

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L'[[Elam]], ovvero la parte di terra iraniana agli sbocchi di Tigri ed Eufrate, fu invasa dai persiani durante il primo millennio a.C. Gli elamiti offrivano servizi di scrittura ai persiani, ed in questo contesto non fu l'elamitico ad evolversi in una lingua franca, in quanto i persiani si limitarono a sfruttare le capacità degli elamiti “bilingui” senza sforzarsi di impararne il linguaggio.
 
L'impero persiano stava allargandosi sempre di più: alla fine del 522 a.C. aveva inglobato anche quello assiro-babilonese, l'[[Anatolia]] e la parte est dell'Iran. Mentre nelle zone meno civilizzate era più facile che il persiano si diffondesse da zero, è importante notare quanto questo fosse invece arduo nei territori più progrediti, dove era già diffusissimo l'[[Lingua aramaica|aramaico]]. Questa lingua era usata come lingua franca per comunicazioni interlinguistiche e commerciali. Il motivo principale per cui l'aramaico assunse un ruolo importante come lingua di pubblica utilità nell'impero persiano era questo: era possibile dettare messaggi nella lingua del mittente e scriverli in lingua ed alfabeto aramaici; la lettura sarebbe stata eseguita dall'[[araldo]] locale al destinatario nella lingua maggiormente compresa da quest’ultimoquest'ultimo. Questo processo viene detto ''paraš'' in persiano. È possibile quindi affermare che l'aramaico è stata un’un'[[Lingua ausiliaria internazionale|interlingua]]: una codifica compresa e conosciuta da tutti gli araldi e scribi dell'Impero.
 
Ecco quindi uno dei motivi per cui il persiano non diventò immediatamente una lingua franca nonostante la sua potenza militare: la mancanza di una propria tradizione scritta lo rendeva inadatto all'amministrazione e coordinazione del territorio; quindi, pur essendo parlato dai conquistatori di un impero tanto vasto, rimase momentaneamente lingua d’élited'élite.
 
La diffusione del persiano conobbe una breve interruzione a causa della conquista dell'Impero da parte di [[Alessandro Magno]] nel 332 a.C., anche se l'effettivo periodo di dominazione della [[lingua greca]] su quella persiana si verificò solo a partire dal suo diretto successore e si protrasse per pochi secoli. L'influenza della lingua greca nelle attività di governo iraniane è rimasta molto superficiale. Dopo il distacco dell'Iran dall'impero greco compiuto dai [[Parti]], l'uso della lingua greca continuò solo nelle incisioni reali e soprattutto sulle monete (usanza ancor più longeva), per poi svanire del tutto.
 
Durante questo periodo lungo qualche decina di secoli, fu proprio l'aramaico a subìre un forte declino come lingua franca, mentre il persiano - che nel frattempo aveva conosciuto un’evoluzioneun'evoluzione in [[Lingua pahlavi|pahlavi]] - aumentò proporzionalmente la sua diffusione.
 
Con l'uccisione dell'ultimo sovrano [[Sasanidi|sasanide]] [[Yazdgard III]] nel 651 d.C., l'impero collassò sotto l'invasione araba. Essa rappresentò una vera e propria apertura ad un nuovo mondo, sebbene la rivoluzione linguistica non si scatenò subito. Lo scopo degli invasori era quella di promuovere la [[lingua araba]] come nuovo mezzo di comunicazione “ufficiale”, nonché ovviamente come lingua di fede: ma questo processo si trascinò per generazioni, principalmente per due motivi. Per prima cosa, l'arabo non era mai stato altro che la lingua di una società tribale, e dunque era naturale che l'amministrazione continuasse ad essere condotta in pahlavi. L'ordine del Califfo di utilizzare l'arabo come lingua ufficiale arrivò nel 697 d.C., ma solo nel 742 d.C. tale regola venne effettivamente applicata. Inoltre, le prime generazioni di parlanti arabi non avevano provato ad imporre attivamente la propria lingua, neanche per motivi di fede, in quanto avevano paura di un calo nelle entrate derivanti dalle tasse, da cui i credenti musulmani erano esenti. Ciononostante, l'arabo divenne un mezzo di comunicazione scritta ufficiale, religiosa e intellettuale di alto livello.
 
Gli effetti sul persiano, che continuò a mantenere comunque salde le sue radici, furono incredibilmente positivi. Prima di tutto, non c’erac'era stata alcun tipo di resistenza politica al dominio arabo, e ovviamente l'élite religiosa svolgeva i suoi compiti in lingua araba. Questo causò un vero e proprio rinnovamento della lingua persiana (conosciuta poi come [[Lingua persiana antica#Evoluzione linguistica|nuovo persiano]]), che si arricchì di termini arabi, mentre i nativi iraniani arricchivano il proprio vocabolario con termini di cui non avevano avuto bisogno fino ad allora, necessitando solo del lessico lavorativo. Ciononostante, nel lungo periodo l'arabo perse sempre più terreno - eccetto nell'utilizzo come lingua forbita e di scienza, in cui il persiano mancava proprio di vocaboli - a favore della lingua nativa, a dimostrazione del fatto che una lingua franca perde forza nel momento in cui non serve più al suo scopo.
 
Se fino ad allora il persiano era servito più da [[Madrelingua|L1]] che da LF, la situazione cambiò radicalmente dal 1000 d.C. in poi, con le rivolte degli schiavi turchi nei territori di dominio iraniano. Difatti, sebbene il popolo turco riuscì a passare da schiavo a sovrano, non operò con l'intento di rivoluzionare la lingua del territorio iraniano. Così come l'utilità dell'aramaico era stata accettata millenni prima dalla sovranità persiana, adesso la lingua persiana veniva accettata e portata avanti dai turchi. Inoltre, essi erano ben propensi ad abbracciare la fede islamica (i suoi leader erano già stati convertiti), e questa resa religiosa fu cruciale per l'accettazione del persiano, sebbene l'uso del turco parlato venne comunque portato avanti da tribù come i [[Ghaznavids]]. Più avanti, il (ormai nuovo) persiano e la sua cultura vennero globalmente accettati come standard di civilizzazione, e dunque la lingua madre dei turchi fu reimpiegata come base scritta per la letteratura.<ref>{{Cita|Ostler|pp. 66-113}}</ref>
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Dal punto di vista politico, l'italiano ha conosciuto una brevissima diffusione (di appena due generazioni) nelle colonie acquisite tra la fine dell'800 e gli inizi del '900, tra cui ricordiamo [[Eritrea]], [[Somalia]], [[Dodecaneso]], [[Libia]] ed [[Etiopia]].<ref>{{Cita|Ostler|pp. 238-239}}</ref>
== Lingua franca nel presente ==
Il concetto e l'idea di lingua franca hanno subìto un notevole cambiamento nel tempo. Se l'originale lingua franca del XVI secolo era definibile come strumento di comunicazione commerciale, nonché un ''pidgin'' a base italiana con cui greci e turchi potevano comunicare con i mercanti italiani e francesi, ai giorni d’oggid'oggi la lingua franca si è evoluta come mezzo che mette in contatto non solo aree di imperi, ma il mondo intero; se il latino poteva essere considerato una lingua franca perché univa idealmente tutti i cattolici che partecipavano alle funzioni religiose, oggi consideriamo la lingua franca utile per aggirare le differenze linguistiche nella vita quotidiana.<ref>{{Cita|Ostler|pp. 4-6}}</ref>
 
La lingua franca dei giorni d'oggi è sicuramente l'[[Lingua inglese|inglese]], definibile come:
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Secondo il linguista [[Nicholas Ostler]], in effetti, trattare la lingua inglese al pari di tutte le altre non sarebbe corretto: nel mercato delle traduzioni, quelle dall'inglese (come lingua sorgente) rappresentano il 60-70% del totale, a dimostrazione del fatto che la letteratura inglese viene reputata interessante anche fuori dai confini britannici ed americani; ma questo sentimento non è corrisposto, visto che le traduzioni da altre lingue all'inglese stanno invece diminuendo sempre di più. Inoltre, è certamente vero che entrare nel mercato internazionale senza conoscere l'inglese è impossibile.<ref>{{Cita|Ostler|p. 8}}</ref>
 
Eppure, sebbene l'inglese sia considerata l'attuale lingua franca a livello mondiale, c’èc'è chi l'ha accolta volentieri e chi l'ha invece respinta senza troppe cerimonie.
 
=== L'inglese nelle ex-colonie ===
Se consideriamo l'inglese come lingua di commercio e colonizzazione della Gran Bretagna, è possibile trovare diversi esempi che mostrano come questo mezzo non sia sempre visto di buon occhio. Questi Paesi sono distribuiti tutt'intorno all'Oceano Indiano: [[Malesia]] ad est, [[Sri Lanka]] al centro e [[Tanzania]] ad ovest. Essendo state colonie inglesi, e dunque avendo subìto un largo uso dell'inglese, questi Paesi hanno finito per rigettarlo e promuovere le proprie L1. In sostanza, l'inglese fatica a mantenere un contatto con queste ex colonie, in quanto la volontà di un’identitàun'identità propria spinge al rafforzamento delle lingue madri a suo discapito.
 
Situazione differente si trova invece in alcuni Paesi più piccoli, o vicini ai tre precedenti: [[Brunei]], [[India]], [[Zambia]], [[Malawi]], [[Uganda]] e [[Kenya]]. Questi hanno visto nell'inglese l'opportunità sia di avere accesso al più ampio mercato mondiale, sia di avere un mezzo di comunicazione comune per le tante comunità diverse che li abitano.<ref>{{Cita|Ostler|pp. 13-14}}</ref>
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Sorge spontaneo domandarsi come l'inglese sia riuscito a surclassare tedesco e francese, considerati i numeri.
 
Storicamente, l'inglese non è mai stato lingua franca in Europa. Nell'area centro-occidentale dell'Europa c’erac'era stato il latino, seguito dal più moderno francese grazie alla famosa [[rivoluzione francese|rivoluzione]] del 1789, ed infine seguito dall'inglese a partire dai primi del 1919, quando col Trattato di Versailles la Gran Bretagna e gli USA giocarono un ruolo chiave come potenze vincitrici in Europa.
 
Uno dei primi ed importanti cambiamenti linguistici fu quello applicato nella [[Germania nazista]] nel 1937, quando si decise di insegnare l'inglese come prima lingua straniera, al posto del francese. La situazione cambiò ulteriormente alla fine della [[Seconda guerra mondiale]], quando tutti i Paesi che avevano come lingua straniera il tedesco lo sostituirono con l'inglese per ovvie ragioni. La disfatta di sicuro non giovò alla lingua tedesca, che venne prontamente abbandonata e sostituita, mentre la lingua inglese dei vittoriosi [[Regno Unito]] e [[Stati Uniti d'America]] conobbe una notevole diffusione a discapito di altre lingue, grazie all'introduzione nei sistemi scolastici di numerosi Paesi europei.
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In ogni caso, rimane difficile pensare che l'inglese possa essere sostituito come LF, ed esistono motivazioni ben precise a sostegno di questa affermazione.
 
L'impressione che si ha analizzando la diffusione delle lingue nel mondo - eccetto l'inglese - è che esse siano presenti in aree “regionali”, risultando quindi più funzionali su scala continentale che globale. Il malese, per esempio, ha un numero di parlanti totale piuttosto alto, ma rimane concentrato in un’areaun'area geograficamente compatta (arcipelago del sud-est Asia).<ref>{{Cita|Ostler|p. 232}}</ref>
 
Uno dei fattori che storicamente ha funzionato come mezzo divulgativo della lingua è la migrazione massiva da un Paese all'altro, o per la formazione di insediamenti coloniali, o per motivi commerciali, o per la presenza di guerre da cui fuggire. Nei tempi in cui gli imperi venivano fondati sulla guerra e sulla colonizzazione attiva, si mirava a spostarsi permanentemente nelle aree conquistate (per esempio come fecero gli spagnoli in [[America Latina]], ed i portoghesi in [[Brasile]]). Eppure, dalla prima metà del 20° secolo si è verificato un flusso di migrazioni inverse: coloro che si erano precedentemente spostati per cercare condizioni di vita migliori, invece di rimanere, hanno deciso di tornare al proprio Paese di origine. Ovviamente questo non aiuta la diffusione della lingua, che anzi perde ogni contatto nel Paese estero.
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Esistono anche casi più disperati, ovvero spostamenti di massa dai Paesi del terzo mondo verso l'Europa e il Nord America dovuti a condizioni di vita disagiate e guerre civili. Con la speranza di riuscire a costruirsi un futuro migliore, milioni di persone si sono spostate, creando delle comunità di parlanti di lingue straniere all'interno dei Paesi ospitanti. Alcuni tra gli esempi più famosi sono le comunità di parlanti arabi in Francia ed Olanda, turchi in Germania, persiani in Russia e Germania. Sebbene questo fattore possa influire positivamente nello sviluppo di una lingua come LF nel Paese ospitante, ciò non accade per diverse ragioni. Dato che queste lingue vengono usate come L1 all'interno delle comunità, esse vengono socialmente considerate al pari di forme dialettali e dunque di nessuna utilità economico-culturale per il resto della società.
 
Infine, è assai poco probabile che possano nuovamente verificarsi eventi come creazione di imperi; piuttosto, uno scenario possibile è che si tenti di instaurare rapporti e collegamenti commerciali con le aree africane, in cui c’èc'è apertura allo sviluppo. Certamente questo sarebbe impossibile in continenti come l'Europa o l'Australia o il Nord America, tecnologicamente avanzati, politicamente stabili e capaci di autodifendersi.<ref>{{Cita|Ostler|p. 235}}</ref>
 
Per quanto riguarda la tendenza a considerare il cinese come la lingua che spodesterà l'inglese, è sufficiente riportare che, sebbene il mercato cinese sia sì in espansione mondiale, esistono davvero pochissime realtà in cui il cinese viene studiato come L2 in Paesi non asiatici, soprattutto per la difficoltà di apprendimento. Invece, le lingue studiate in Cina sono il cantonese e l'inglese, e non si prevede che questa situazione sia destinata a cambiare in tempi brevi.
 
Quest’analisiQuest'analisi porta alla conclusione che - perlomeno nel medio termine - non esistono lingue in grado di sostituire l'inglese nel suo ruolo di LF globale.
 
=== La tecnologia nel futuro della LF ===