Ghost World: differenze tra le versioni

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All'inizio del film Enid e Rebecca sono solidali tra loro, due outsiders che guardano “dall'esterno” il mondo dei “normali”; ma dopo la cerimonia di diploma Rabecca si lascia gradualmente assimilare, cerca una casa in affitto e un lavoro e rimprovera Enid che non è riuscita a mantenere il posto da cameriera. La distanza che si insinua tra le amiche appare evidente nella scena in cui Enid si presenta sul posto di lavoro di Rebecca indossando una maschera da [[Batgirl]] che ha costretto Seymour a comprarle in un [[sexy shop]]; l'amica invece indossa un camice da grande catena di distribuzione che sottolinea il contrasto kinky/integrazione in modo immediato, iconico, senza ricorso a battute di dialogo.<ref name=dangelo>{{cita web|url=http://www.avclub.com/article/gradually-and-authentically-ghost-world-depicts-an-201353 |titolo=Gradually and authentically, “Ghost World” depicts an unraveling friendship |autore=Mike D'Angelo |data=24 febbraio 2014| editore = Scenic Routes |lingua=EN}}</ref>
 
Il problema di Enid è che è troppo sensibile, ha un’intelligenzaun'intelligenza acuta che nutre la sua ironia e la mantiene distante da qualsiasi possibilità di empatia; chi la circonda non è assolutamente in grado di riconoscere il suo messaggio esistenziale, la sua richiesta di aiuto; è un personaggio tridimensionale in un mondo a due dimensioni.<ref name=ebert/> Il personaggio di Seymour invece non esiste nella graphic novel di Daniel Clowes, anche se alcune caratteristiche sono già presenti in un paio di personaggi minori. Seymour sembra ricalcato auto-ironicamente sulla personalità del regista, Terry Zwigoff, che in questo film è alla sua prima prova nel campo della fiction. Zwigoff e l’attore Steve Buscemi si somigliano fisicamente; per esempio, quando girava il documentario “Crumb” il regista era afflitto da un mal di schiena così tenace da dormire ogni notte con una pistola sotto il cuscino, nel caso decidesse di farla finita con il dolore.<ref name=ebert/>
 
Il fascino del film risiede in una particolare estetica che nasce dalla commistione cinema-libro, alla quale si deve tutto: i colori, la focalizzazione dei personaggi, gli sfondi, i dettagli, il tono generale, i dialoghi sferzanti e scettici, le parentesi non realistiche.<ref name= magrelli/> Sfugge dal teen movie standardizzato per diventare una [[Umorismo nero|black comedy]] intelligente, triste e perfino tragica, che crea con attenzione al dettaglio un mondo senza compromesso permeato da una visione schiettamente pessimista.<ref>{{cita web|url= http://www.metacritic.com/movie/ghost-world |titolo=Ghost Worl|autore=Mike D'Angelo | editore = Seattle Post-Intelligencer |lingua=EN}}</ref>
 
Enid e Rebecca sono due brillanti adolescenti, più intelligenti della media, che hanno scelto liberamente di difendersi schiena contro schiena dal mondo. Quando conoscono Seymour, dopo un iniziale sarcasmo condiviso contro quello che sembra solo un altro perdente, Enid comincia a allontanarsi dal gioco: inaspettatamente, l’uomol'uomo comincia a piacerle davvero, con il suo mondo leggermente patetico da collezionista compulsivo.<ref name=ebert/> Tra i due naturalmente non potrà mai esserci idillio vero perché in fondo sono troppo simili, entrambi coltivano un complesso stile di vita personale, riflesso di una personalità che invia all’esterno messaggi destinati a cadere nel vuoto; i due sono talmente affini da riconoscere che è difficile trovare un proprio simile quando ci si sente così distanti dagli altri.<ref name=ebert/> È questa originalità di Seymour che attira Enid, al contrario della sua amica Rebecca.
 
Il finale riesce a evitare la stucchevole tradizione hollywoodiana dell'happy end, che ha lobotomizzato gli spettatori diventando un vero e proprio [[deus ex machina]]; la soluzione degli autori, oltre a essere molto poetica, è più fedele alla tradizione del classico racconto breve. Lo spettatore capisce che Enid e Seymour non possono risolvere il problema della propria vita in poche settimane, ma il loro incontro-scontro li ha forse catapultati fuori dal letargo.<ref name=ebert/>