Offensiva Ostrogožsk-Rossoš': differenze tra le versioni

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'''Offensiva Ostrogorzk-Rossoš''' è la denominazione, presente nella storiografia sovietica ed adottata dalla letteratura internazionale, della terza fase dell'offensiva invernale dell'[[Armata Rossa]] nel [[1942]]-[[1943]], dopo l'[[operazione Urano]] e l'[[operazione Piccolo Saturno]], nel quadro delle campagne militari sul [[fronte orientale (1941-1945)|fronte orientale]] della [[seconda guerra mondiale]]. Sferrata a partire dal 12 gennaio 1943 nel settore dell'alto corso del [[Don (fiume russo)|Don]], questa operazione in pochi giorni provocò la sconfitta del contingente ungherese alleato dei tedeschi e coinvolse nella catastrofe militare anche alcuni reparti della [[Wehrmacht]] ed il [[Alpini|Corpo Alpinod'armata Italianoalpino]], ultima formazione combattente ancora efficiente dell'[[ARMIR8ª Armata (Regio Esercito)|8ª Armata]] (o ARMIR) dopo la disfatta del dicembre [[1942]] degli altri corpi d'armata schierati più a sud.
 
Nel corso di una drammatica ritirata i superstiti del Corpo alpino, insieme ad altri reparti sbandati tedeschi e ungheresi, raggiunsero la salvezza dopo la disperata [[battaglia di Nikolaevka]]. Questa seconda fase della sconfitta dell'8ª Armata italiana in Russia, nella storiografia italiana viene cumulativamente indicata insieme alla battaglia di dicembre nella denominazione di [[Seconda battaglia difensiva del Don]]<ref>{{Cita|Scotoni 2007| p. 16|Scotoni2007}}; {{Cita|Rochat 2005| p. 389|Rochat2005}}</ref>.
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==Lo sfondamento e la tenaglia==
 
Il lavoro preparatorio del generale Golikov proseguì in fretta; inoltre alcuni studi preliminari erano già pronti dai primi di dicembre ad opera del generale [[Kirill Semёnovič Moskalenko|Kirill Moskalenko]], comandante della 40ª Armata sovietica, incaricata di attaccare le posizioni ungheresi dalla testa di ponte sul Don di Storozevoje che era stata conquistata dalle truppe sovietiche fin dall'estate 1942. A partire dal 3 gennaio [[1943]] la pianificazione venne costantemente controllata sul posto dai generali Georgij Žukov e Aleksandr Vasilevskij; in particolare il primo generale (che sarebbe stato promosso a [[maresciallo dell'Unione Sovietica|maresciallo]] il 18 gennaio 1943) fece mostra del consueto irascibile attivismo, spronando i generali sottoposti alla massima velocità e alla costante attenzione per i dettagli operativi e per la segretezza del piano d'attacco<ref>{{Cita|Erickson 2002-2| p. 33|Erickson2002-2 }}; {{Cita|Scotoni 2007| pp. 419-424| Scotoni2007 }}</ref>.
[[File:Avanzata invernale.jpg|thumb|L'Armata Rossa prosegue la sua avanzata invernale.]]
A questo riguardo alcuni giorni prima dell'offensiva il generale Žukov ebbe modo di inscenare un violento alterco con il comando del fronte proprio riguardo ad un presunto cedimento del sistema di sicurezza. In realtà l'attacco colse di sorpresa le forze dell'Asse; il comando del [[Gruppo d'armate B]] del generale [[Maximilian von Weichs]] apparentemente era cosciente del pericolo ma si trovò nell'impossibilità di farvi fronte per mancanza di riserve<ref>{{Cita|Oxford 2001| pp. 1178-1179| Oxford2001 }}</ref>, mentre gli ungheresi e anche gli italiani, sia a livello di Comando Supremo con il maresciallo [[Ugo Cavallero]], sia a livello del comando dell'[[ARMIR8ª Armata (Regio Esercito)|8ª Armata]] con il generale [[Italo Gariboldi]], rimasero convinti dell'esaurimento delle risorse offensive sovietiche e quindi erano fiduciosi in una tregua invernale in quel settore<ref>{{Cita|Scotoni 2007| pp. 434-436| Scotoni2007 }}</ref>.
 
Il settore del [[Don (fiume russo)|Don]] attaccato, compreso tra la regione a sud di Voronež e quella a sud di Kantemirovka, era difeso a nord dalla 2ª Armata ungherese del generale Jany, schierata lungo il Don con nove deboli divisioni di fanteria e la mediocre riserva della 1ª Divisione corazzata ungherese dotata di un centinaio di carri armati [[Panzer 38(t)|M38]] di origine ceca e [[Panzer IV]] con cannone corto. Alle truppe ungheresi seguivano più a sud, sempre appoggiate sul Don, le forze italiane del Corpo d'Armata Alpino del generale [[Gabriele Nasci]] che allineava la [[2ª Divisione alpina "Tridentina"]], la [[156ª Divisione fanteria "Vicenza"]] e la [[4ª Divisione alpina "Cuneense"]]. Da Novaja Kalitva era schierato il 24º Panzerkorps tedesco del generale [[Martin Wandel]] con due divisioni tedesche (385ª e 387ª Divisione fanteria), il gruppo [[Waffen-SS]] ''Fegelein'', la [[3ª Divisione alpina "Julia"]] e la modesta riserva della [[27. Panzer-Division]] con qualche decina di carri armati. A [[Starobelsk]] stazionava, a copertura del comando dell'ARMIR, la [[19. Panzer-Division]] anch'essa molto sfornita di mezzi. Si trattava nel complesso di uno schieramento poco solido, con scarse riserve mobili e già minacciato sulla sinistra e anche sulla destra nel settore ungherese, dove i sovietici disponevano della importante testa di ponte a sud del Don di Storozevoje)<ref>{{Cita|Scotoni 2007| p. 436| Scotoni2007 }}; {{Cita|Valori 1951| pp. 673-674| Valori1951S }}</ref>.
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==La drammatica ritirata degli Alpini==
{{vedi anche|Campagna italiana di Russia|Seconda battaglia difensiva del Don|Alpini}}
Una massa enorme di circa 70.000 uomini si mosse nel disordine e nella disorganizzazione; nulla era stato preparato per una ritirata metodica e quindi i mezzi e le artiglierie furono abbandonate sul posto,le comunicazioni con il comando dell'ARMIR saltarono subito, gli unici mezzi di sfondamento disponibili erano quattro cannoni d'assalto tedeschi [[StuG III]]. Alla enorme colonna composta dalle tre divisioni alpine e dalla divisione ''Vicenza'', si unirono lungo la strada circa 10.000 tedeschi (i resti del 24º Panzerkorps) e tra 2.000 e 7.000 truppe ungheresi sbandate provenienti da nord che cercavano di sfuggire alla prigionia<ref>{{Cita|Bocca 1997| p. 453|Bocca1997}}; {{Cita|Schlemmer 2009| pp. 140-141 e 240|Schlemmer2009}}</ref>.