Viaggio al termine della notte: differenze tra le versioni

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Partendo dalla [[Prima guerra mondiale]], passa per l'[[Africa]] [[colonialismo|coloniale]] e gli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]] del primo Dopoguerra (dove testimonia i prodromi del [[Ford|fordismo]] e della [[società di massa]]). Nella seconda metà dell'opera ritorna in [[Francia]], dove diventa medico, apre uno studio in un degradato sobborgo di [[Parigi]] (la fittizia La Garenne-Rancy), e lavora per un [[manicomio|istituto di igiene mentale]]. {{citazione necessaria|Il romanzo inoltre rappresenta una [[satira]] contro la professione medica e la vocazione della ricerca scientifica.}} I disparati elementi del romanzo sono tra loro connessi dai ricorrenti incontri con Léon Robinson, un personaggio sventurato non meno che ambiguo, la cui esperienza è per certi versi parallela a quella di Bardamu.
 
Come il titolo stesso suggerisce, ''Voyage au bout de la nuit'' è un cupo, [[nichilismo|nichilistico]] romanzo in cui si mescolano [[misantropia]] e [[cinismo]]. Il titolo deriva da una strofa di una canzone dell'ufficiale svizzero, Thomas Legler<ref>A suo dire a capo delle guardie di [[Luigi XVI]], Thomasdurante l'assalto alle Tuilieres; in realtà, Legler era nato nel 1782 e compose quel canto al servizio di [[Napoleone Bonaparte]], durante la battaglia della Teresina: v. http://www.emiliosanfilippo.it/?p=217</ref>: «La nostra vita è come il viaggio / di un viandante nella notte; / ognuno ha sul suo cammino / qualcosa che gli dà pena.»
 
Céline esprime un [[pessimismo]] pressoché inconsolabile sulla natura umana, sulle istituzioni umane, sulla società e sulla vita in generale. Verso la fine del libro, il narratore Bardamu, che sta lavorando in un manicomio, sottolinea: