Disastro dello Space Shuttle Challenger: differenze tra le versioni

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La cabina dell'equipaggio impattò nell'oceano a circa 333 [[Chilometro orario|km/h]] (207 [[Miglio orario|mph]]), con una decelerazione di più di 200 [[Forza di gravità|G]], molto oltre i limiti strutturali della cabina e quelli di sopravvivenza dell'equipaggio.
 
Il 28 luglio 1986, l'ammiraglio Righard H. Truly, Associate Administrator per il volo spaziale e astronauta, pubblicò un rapporto di Joseph P. Kerwin, specialista biomedico del Johnson Space Center a Houston in Texas, sulla morte degli astronauti nell'incidente. Kerwin, era un veterano della missione Skylab 2 e specialista biomedico, e fu incaricato di indagare sulle cause della morte subito dopo l'incidente. In base al rapporto di Kerwin: "Le ricerche sono inconcludenti. L'impatto del compartimento dell'equipaggio con la superficie dell'oceano fu così violento che le prove del danno avvenuto nei secondi successivi all'esplosione sono state cancellate. Le conclusioni finali sono:
* la causa della morte degli astronauti del ''Challenger'' non può essere determinata con certezza
* le forze alle quali è stato sottoposto l'equipaggio durante la rottura dell'Orbiter furono probabilmente non sufficienti per causare la morte o ferite gravi