Furia (film 1936): differenze tra le versioni

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'''''Furia''''' (''Fury'') è un [[film]] del [[1936]] diretto da [[Fritz Lang]].
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== Trama ==
{{qCitazione|Vostro Onore, sono Joseph Wilson. So che venendo qui ho salvato la vita di 22 persone. Ma non sono venuto per questo. Non mi interessa salvare la vita di questa gente. Sono assassini. Anche se la legge dice il contrario perché sono vivo. Ma non per merito loro. E la legge ignora che un sacco di cose molto importanti per me, cose stupide, forse, come la fiducia nella giustizia, la convinzione che gli uomini fossero civili e un senso di orgoglio per il mio paese che mi sembrava diverso da tutti gli altri, la legge ignora che queste cose sono state distrutte in me quella notte. E se oggi sono qui è solo per me stesso. Era diventata un'ossessione: non c’era minuto della mia giornata in cui non pensassi a loro....|Parole pronunciate, nella sequenza finale, da Joe davanti al Giudice dopo il verdetto di condanna dei responsabili del linciaggio. Dalla sceneggiatura del film.}}
 
Chicago. Joe Wilson è un giovane operaio che deve lasciar partire la fidanzata Katherine per la lontana città dell'ovest Capitol City: lei ha trovato un lavoro d'insegnante pagato bene e i maggiori guadagni le serviranno per metter su casa e sposarsi con lui. La prima sequenza del film è il malinconico addio dei due fidanzati alla stazione.
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===Il finale===
Gli fu imposto un finale con bacio. Lang racconta:
{{qCitazione|Ho odiato quel bacio perché penso non fosse necessario. Per me un finale perfetto era quando lui diceva: Eccomi qua. Non posso fare altrimenti. Che Dio mi aiuti. Si sarebbe potuto mostrare un primo piano di Sylvia Sidney - raggiante di felicità - poi lui avrebbe potuto guardarla - fine. Quello che c'è adesso è un finale sdolcinato.|[[Peter Bogdanovich]], ''Il cinema secondo Fritz Lang'', p. 27.}}
===Soggetto===
Il titolo originario del film era ''Mob Rule'', (''Il potere della folla''), dall'omonimo titolo del libro di [[Norman Krasna]], su un [[linciaggio]] realmente avvenuto a [[San Jose]] nel [[1933]].<ref>Il medesimo episodio darà nel [[1950]] lo spunto per un altro film: [[L'urlo della folla]] (''The Sound of Fury'', anche noto con il titolo ''Try and Get Me''), diretto e sceneggiato da [[Cy Endfield]]</ref>
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===Critica===
Il film fu recensito il 3 luglio 1936, dallo scrittore [[Graham Greene (scrittore)|Graham Greene]], che allora lavorava come critico cinematografico per il giornale ''The Spectator''. Ecco cosa scrive:
{{qCitazione|... l'unico film che conosco per cui ho voluto usare l'epiteto di 'grande'.[...] Il potere che ha Lang di catturare vividamente il dettaglio veritiero rende il linciaggio di un orrore quasi insopportabile. Sto cercando di non esagerare, ma il cervello trasalisce ad ogni colpo di frusta di queste immagini come al ''grind-grind'' di un trapano elettrico che perfora la strada: la risata orribile e la gonfia presunzione dei buoni cittadini, il giovane che afferra una sbarra gridando 'Facciamo qualcosa di divertente', il reggimento di uomini e donne, ripresi dalla telecamera di fronte, che marciano a braccetto lungo la strada e ridono eccitati come reclute il primo giorno di guerra, il ragazzo che, fuori dell’ufficio dello sceriffo, lo canzona apostrofandolo "Sono Popeye, Braccio di Ferro", il lancio della prima pietra, l'edificio in fiamme, l'uomo innocente che sta soffocando dietro le sbarre e la donna che alza il bambino per fargli vedere il fuoco. Qualsiasi altro film di quest'anno rischia di essere sminuito dalla straordinaria opera di Lang: nessun altro regista controlla così completamente il suo mezzo né è così costantemente attento al contrappunto di suoni e immagini.|Graham Greene, ''The Spectator'', 3 luglio 1936.}}
 
Scrive Vicente Sanchez-Biosca:
{{qCitazione|''Fury'' provoca una strana sensazione nello spettatore, un'incontenibile ira, un eccesso di coinvolgimento che lo fa balzare dalla poltrona. Si ha la sensazione che vi si trascenda la frontiera di una identificazione rassicurante con la trama del racconto e che si aprano fessure che vanno a toccare i più profondi recessi dell'essere umano, ma, contemporaneamente e per la stessa ragione, quanto di più inspiegabile e inquietante in esso si annida.|Vicente Sanchez-Biosca, ''Fury o come nacque John Doe'', in Paolo Bertetto - Bernard Eisenschitz, ''Fritz Lang. La messa in scena'', Lindau, Torino 1993, p. 201.}}
 
==Struttura del film==
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==Sequenze celebri==
===La sequenza del barbiere===
{{qCitazione|Secondo voi, cosa spinge la gente a fare cose come rapire un bambino? Soltanto la pazzia, dico io... Te lo dico io cos'è. La gente a volte ha strani impulsi. Se riesci a resistere, sei sano ...... altrimenti, la tua fine è la galera oppure il manicomio... Mr. Jorganson, lei che ha la testa più a posto di tutti, in questa contea, deve credermi se le dico che nei vent'anni in cui ho maneggiato questo rasoio ... più di una volta ho avuto l'impulso del tutto irragionevole e inspiegabile ... di tagliare il pomo di Adamo a qualche cliente? Così, un colpo solo....|Dalla sceneggiatura del film.}}
Nel negozio del barbiere, un'amabile conversazione si svolge fra l'aiutante, due clienti e l'aiuto sceriffo. Discutono sui fatti del giorno, sulle notizie annunciate dalla radio e sull'impulso ad uccidere. Quando il barbiere confessa che spesso, tenendo il rasoio sulla gola di un cliente, è inspiegabilmente tentato di tagliarla, il cliente insaponato è sparito mentre la porta girevole ruota ancora sul cardine.
 
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===L'assalto alla prigione===
Vicente Sanchez-Biosca così la descrive:
{{qCitazione|Incitata da alcuni sobillatori, la massa decide, in un festino cruento, quasi rituale, di imporre la propria "giustizia". Durante il tragitto verso la prigione, al suono di una musica paramilitare, la cinepresa intraprende un altro ''travelling'' soggettivo - dall'alto e in avvicinamento alla prigione - di tale massa infervorata, unita da quell'ideale che [[Sigmund Freud]] ha così ben descritto in ''Psicologia delle masse e analisi dell'io''<ref>Sigmund Freud, ''Psicologia delle masse e analisi dell'io'', 1922.</ref> e che non è altro che un cerimoniale primitivo. Ebbene, un momento prima dell'esplosione che distrugge il carcere, mentre la massa osserva estasiata la propria opera e Katherine, la promessa sposa accorre sul luogo dell'attentato, il silenzio domina improvvisamente la scena. Una successione di primissimi piani sfila dinanzi ai nostri occhi: primissimo piano frontale di Katherine, primissimo piano di un linciatore dal basso, primissimo piano di un altro linciatore dall'alto,, primissimo piano ad altezza d'uomo di un terzo, primo piano di Katherine. Brevi inquadrature, tutte di volti che guardano fuori campo ad occhi spalancati.|Vicente Sanchez-Biosca, ''Fury o come nacque John Doe'', in Paolo Bertetto - Bernard Eisenschitz, ''Fritz Lang. La messa in scena'', Lindau, Torino 1993, p. 204.}}
===Il ritorno di Joe===
La descrizione di [[Lotte Eisner]]:
{{qCitazione|Scampato al pericolo, ai fratelli che vogliono abbracciarlo Joe dice freddamente: "Tirate le tende." È un uomo tornato dall'al di là. Ha gli occhi febbrili, la barba lunga e un fianco dolorante per le scottature. Vediamo solo la sua sagoma - non permette al fratello di accendere la luce anche quando le tendine sono abbassate - e la pesante oscurità, le ombre minacciose ricordano il periodo tedesco di Lang. Questa è la scena chiave del film. Il buio che Joe esige, perché la luce fa male ai suoi occhi irritati dal fumo e perché non vuole essere visto dal mondo esterno, corrisponde al suo nuovo atteggiamento: i gesti a scatti, la risata stridula e cattiva. Le fiamme nelle quali lo si è visto avvolto hanno distrutto tutto il suo amore e la sua fiducia negli uomini.|Lotte H. Eisner, ''Fritz Lang'', Mazzotta, Milano 1978, pag. 146.}}
 
==Temi==