Arbegnuoc: differenze tra le versioni

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Nei mesi di giugno e luglio 1938 il generale Cavallero estese le operazioni di repressione della guerriglia anche nell'Ancoberino contro Abebe Aregai, che pur subendo perdite, riuscì sistematicamente a sganciarsi; altri combattimenti ebbero luogo nell'Amhara Nord, nel Beghemeder e nel [[monte Gibatti]] contro bande ''arbegnuoc'' particolarmente attive e pericolose<ref>{{cita|Del Boca|vol. III, p. 319}}</ref>. Cavallero, sulla base dei dati statistici e dei risultati apparenti, si mostrò ottimista e comunicò a Mussolini che contava di vincere la ribellione entro Natale, ma in realtà nel Goggiam erano già ripresi gli attacchi dei guerriglieri che, sotto la guida di Mangascià Giamberiè e Negasc Bezabè, continuarono da luglio a settembre<ref>{{cita|Del Boca|vol. III, pp. 319-320}}</ref>. In particolare Mangascià Giamberiè riuscì ad evitare i rastrellamenti e nonostante la grave carenza di viveri e munizioni, riuscì a sopravvivere con la sua banda agli attacchi e agli inseguimenti degli occupanti; anche molti altri capi ''arbegnuoc'' riuscirono a mantenersi attivi e, senza deprimersi per le difficoltà materiali e la superiorità del nemico, prolungarono ancora la resistenza, riaccendendo continuamente la guerriglia<ref>{{cita|Del Boca|vol. III, pp. 320-321}}</ref>.
 
Il 1 ottobre 1938 Cavallero fu costretto a sferrare un nuovo ciclo di operazioni nell'Arcoberino contro Abebe Aregai che stava consolidando il suo potere e la sua influenza sul territorio; tre gruppi di bande irregolari e quattro battaglioni coloniali cercarono di agganciare e bloccare gli ''arbegnuoc'' ma nonostante qualche successo, Abebe Aregai riuscì ancora una volta a sfuggire e rompere l'accerchiamento raggiungendo la sua regione natale del [[Menz (Etiopia)|Menz]] dove, rafforzato dai gruppi di Auraris Dullu, riprese le sue azioni di guerriglia<ref>{{cita|Del Boca|vol. III, pp. 321-322}}</ref>. Il generale Cavallero giunse sul posto per dirigere personalmente le operazioni contro il capo abissino, ma nonostante l'impiego di circa 20.000 uomini, il comandante italiano non raggiunse alcun risultato e dopo quaranta giorni di sterili operazioni fu costretto alla metà del mese di dicembre 1938 ad interrompere l'offensiva contro gli ''arbegnuoc'' di Abebe Aregai<ref>{{cita|Del Boca|vol. III, p. 322}}</ref>. Ugualmente insoddisfacenti furono le azioni di repressione della guerriglia guidata dal balambaras Gherarsù Duchì, il capo dei resistenti nel [[Guraghè]]; il 23 ottobre 1938 quattro colonne italiane, precedute da violenti bombardamenti aerei, iniziarono una manovra concentrica nellenella regione del [[Bedachè]] per schiacciare gli ''arbegnuoc'' di Gherarsù Duchì. In un primo momento l'operazione raggiunse qualche risultatato; gli italo-eritrei effettuarono vasti rastrellamenti, uccisero 866 "ribelli" e agirono, secondo le direttive del viceré e dello stesso Mussolini, "con la massima energia", ma alla fine anche Gherarsù Duchì sfuggì, insieme ai suoi guerriglieri, alla caccia delle forze occupanti<ref>{{cita|Del Boca|vol. III, pp. 322-325}}</ref>. Contemporanemente nel Beghemeder, nell'Amhara settentrionale e nel Goggiam era già ripresa la rivolta; gli ''arbegnuoc'' nel Goggiam colpirono due battaglioni coloniali e nell'Amhara attaccarono gli operai italiani al lavoro sulla strada [[Gondar]]-Debrà Tabor, che rimase permanentemente minacciata dalla guerriglia<ref>{{cita|Del Boca|vol. III, p. 325}}</ref>.
 
=== La guerriglia alla vigilia della seconda guerra mondiale ===