Gian Carlo Pajetta: differenze tra le versioni

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Pajetta, da giovane, si formò intellettualmente leggendo i classici del [[movimento operaio]] ed alcuni autori [[Anarchia|anarchici]]. Nei soggiorni di prigionia studiò le [[lingua (linguistica)|lingue]], lesse [[Luigi Einaudi|Einaudi]], [[Gaetano De Sanctis]], [[Giovanni Gentile|Gentile]], [[Benedetto Croce|Croce]], [[Gioacchino Volpe|Volpe]], oltre a [[Giovanni Verga|Verga]] e ai [[romanzo|romanzieri]] [[Letteratura francese|francesi]] e [[Letteratura russa|russi]] dell'[[XIX secolo|Ottocento]].<ref>[[Roberto Gervaso]], ''La mosca al naso, Interviste famose'', Rizzoli Editore, Milano 1980, p.71.</ref>
 
Nel [[1931]] andò in esilio in [[Francia]] e con lo pseudonimo di "Nullo" divenne segretario della [[FGCIfederazione Giovanile Comunista Italiana|federazione giovanile comunista]], direttore di ''Avanguardia'' e rappresentante italiano nell'[[internazionale Comunista|organizzazione comunista internazionale]].
 
Nel [[1933]] fu inviato in missione segreta a [[Parma]] con l'obiettivo di convincere alcuni membri del [[fascismo]] ad abbandonare il [[storia dell'Italia fascista|regime]], ma fu scoperto dalla polizia fascista il 17 febbraio dello stesso anno: fu quindi condannato a ventun anni di carcere per "attività eversiva". Dopo alcuni trasferimenti carcerari (a Roma fu detenuto con l'amico [[Ercole Pace]]), venne liberato a seguito della [[ordine del giorno Grandi|caduta del fascismo]] il 23 agosto del [[1943]] e, successivamente, prese parte alla [[Resistenza italiana|Resistenza]] partigiana, entrando a far parte, con [[Luigi Longo]], [[Pietro Secchia]], [[Giorgio Amendola]] e [[Antonio Carini]], del Comando generale delle [[Brigate Garibaldi|brigate d'assalto Garibaldi]]
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Nel [[1956]] fu inviato dal partito a [[Mosca (Russia)|Mosca]] insieme a [[Celeste Negarville]].
 
Fu più volte direttore de ''[[l'Unità]]'' e, per breve tempo, del [[periodico]] politico-culturale ''[[Rinascita (rivista)|Rinascita]]''. Esponente della corrente [[Riformismo|riformista]] rappresentata da [[Giorgio Amendola]] prima e [[Giorgio Napolitano]] poi, fu uomo di vivace intelligenza, di grande abilità dialettica e molto amato dai militanti (come si vide, da ultimo, nella grande partecipazione di popolo al suo [[rito funebre|funerale]]).
Fu sempre assolutamente leale verso il partito, inteso come entità collettiva rappresentata dai suoi dirigenti, anche quando le sue opinioni personali divergevano dalla linea politica espressa dai segretari, prima [[Palmiro Togliatti]] e poi [[Enrico Berlinguer]]: di quest'ultimo tenne comunque l'orazione funebre, quando la sua morte improvvisa lasciò il partito stordito e in angoscia (i militanti erano allora milioni), proprio perché universalmente riconosciuto come l'uomo che in quel momento ne rappresentava meglio la storia e l'unità.
 
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Quattro anni dopo, alla morte di Almirante nel [[1988]], fu lui stesso a rendere omaggio alla camera ardente dello storico avversario politico, suscitando anche in questo caso una certa sorpresa. Al momento della scelta del successore di Berlinguer, Pajetta era considerato ormai troppo anziano per partecipare alla guerra di successione (ed inoltre egli era molto caro al popolo del PCI ma pochissimo al suo gruppo dirigente) ed inutile fu la sua opposizione al progetto di [[Achille Occhetto]], ovvero la trasformazione del PCI in [[Partito Democratico della Sinistra]].
 
La firma di Pajetta era costantemente presente sulla stampa comunista, sia su ''[[l'Unità]]'' che su ''[[Rinascita (rivista)|Rinascita]]''. Ma fu solo negli anni ottanta, alla fine della sua carriera politica, che, liberato (pur controvoglia) dagli impegni politici pressanti, cominciò a scrivere libri, dalla forte caratterizzazione autobiografica. Pajetta morì all'improvviso la notte del 13 settembre del [[1990]] nella sua casa di [[Roma]], di ritorno da una [[Festa de l'Unità|Festa dell'Unità]], prima di vedere la fine del suo partito.
 
Il suo funerale fu accompagnato dalle note de ''[[L'Internazionale]]'' e di ''[[Bandiera rossa (canzone)|Bandiera Rossa]]'' e la sua [[bara]] fu seguita da una bandiera rossa con [[falce e martello]], proprio come lui stesso aveva sempre immaginato. Alla cerimonia parteciparono circa 200.000 persone, tra cui pure il suo tradizionale rivale, anche nel campo della politica estera, [[Giulio Andreotti]]. [[Miriam Mafai]], giornalista e scrittrice, è stata per gran parte della sua vita la sua compagna, dal [[1962]] fino alla morte.