Umberto Boccioni: differenze tra le versioni

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Tra le opere pittoriche più rilevanti di Boccioni si ricordano ''[[Il Lavoro (La città che sale)]]'' ([[1910]]), ''[[Rissa in galleria]]'' ([[1910]]), ''[[Stati d'animo n. 1. Gli addii]]'' ([[1911]]) – in cui i moti dell'animo sono espressi attraverso lampi di [[luce]], spirali e linee ondulate disposte diagonalmente – ''[[Forze di una strada]]'' ([[1911]]), dove la [[città]], quasi organismo vivo, ha peso preponderante rispetto alle presenze umane.
 
Nel [[1915]] l'Italia entra in guerra. Boccioni, interventista, si arruola volontario assieme ad un gruppo di artisti nel [[Corpo nazionale volontari ciclisti automobilisti]]. {{P|Questa è un'affermazione priva di fonti e smentita dalla citazione successiva|storia|marzo 2016|sezione=Durante il suo impegno bellico deve ricredersi riguardo alla teoria futurista enunciata da [[Marinetti]], secondo cui la guerra è «sola igiene del mondo»}}. In una lettera dal fronte nell'ottobre 1915 Boccioni scrive che la guerra «quando si attende di battersi, non è che questo: insetti + noia = eroismo oscuro....»<ref>Umberto Boccioni, ''Gli scritti editi e inediti'', Milano, Feltrinelli, 1971, p. 384.</ref>.
 
Il 17 agosto [[1916]] muore all'età di 33 anni in modo del tutto accidentale, cadendo dalla propria [[cavallo|cavalla]], imbizzarritasi alla vista di un [[autocarro]]. La disgrazia avviene durante un'esercitazione militare, a [[Chievo (Verona)|Chievo]], frazione di Verona, dove oggi si trova la sua lapide commemorativa, in una stradina immersa nella campagna<ref>Esattamente la lapide si trova in località Sorte di Chievo, Via Boscomantico (traversa di Via Angelo Berardi). La salma di Boccioni ha trovato invece sepoltura nel cimitero monumentale di Verona, nei calti antichi del secondo campo. Sul marmo che chiude e riporta il nome dell'artista si possono osservare le testimonianze scritte lasciate da altri artisti e conoscenti in visita.</ref>.