Archetipo: differenze tra le versioni

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La parola '''archetipo''' deriva dal [[lingua greca|greco antico]] ὰρχέτυπος col significato di ''immagine'': ''arché'' ("originale"), ''tipostípos'' ("modello", "marchio", "esemplare"); è utilizzata per la prima volta da [[Filone di Alessandria]] e, successivamente, da [[Dionigi di Alicarnasso]] e [[Luciano di Samosata]].
 
Il termine viene usato, attualmente, per indicare, in ambito [[filosofia|filosofico]], la ''forma preesistente e primitiva'' di un pensiero (ad esempio l'idea [[Platone|platonica]]); in [[psicologia analitica]] da [[Carl Gustav Jung|Jung]] ed altri autori, per indicare le idee innate e predeterminate dell'inconscio umano; per derivazione in [[mitologia]], le forme primitive alla base delle espressioni mitico-religiose dell'uomo e, in [[narratologia]], i metaconcetti di un'opera letteraria espressi nei suoi personaggi e nella struttura della [[narrazione]]; in [[linguistica]] da [[Jacques Derrida]] per il concetto di «archiscrittura»: la forma ideale della scrittura preesistente nell'uomo prima della creazione del linguaggio e da cui si origina quest'ultimo. L'archetipo è inoltre utilizzato in [[filologia]] per indicare la copia non conservata di un manoscritto (l'originale) alla quale risale tutta la tradizione (le copie del manoscritto originale).