Giornata dell'Aspromonte: differenze tra le versioni

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== L'arresto di Garibaldi ==
[[File:Garibaldi blessé à la bataille de l'Aspromonte, Gerolamo Induno.jpg|upright=1.4|thumb|I volontari trasportano Garibaldi ferito in Aspromonte, [[1862]], olio su tela di [[Gerolamo Induno]]]]
Garibaldi era appoggiato ad un pino, (ancor oggi esistente), con in bocca un mezzo toscano. Veniva soccorso da tre chirurghi ([[Pietro Ripari|Ripari]], Basile e [[Enrico Albanese|Albanese]]), aggregati ai volontari.
 
Sopraggiunse dalle linee del [[Regio Esercito]] il tenente Rotondo a cavallo: senza salutare intimò a Garibaldi la resa. Il Generale lo rimproverò e lo fece disarmare. Intervenne allora il comandante colonnello Pallavicini che ripeté la richiesta, ma dopo essere sceso da cavallo, parlandogli all'orecchio e con la dovuta cortesia. Tra i bersaglieri Garibaldi riconobbe soldati ed ufficiali che erano stati con lui in campagne precedenti: li vide rattristati e contriti.
 
Il Generale venne adagiato su una barella di fortuna, e trasportato a braccia in direzione di Scilla. A tarda sera venne ricoverato nella capanna di un pastore di nome Vincenzo, bevve brodo di capra e dormì su un letto improvvisato fatto dei cappotti offerti dagli ufficiali del suo Stato Maggiore. All'alba riprese la marcia e il Generale venne riparato dal sole con un improvvisato ombrello di rami d'alloro. Giunto al mare, pare che il municipio di [[Scilla (Italia)|Scilla]], evidentemente non del tutto conscio delle circostanze, proponesse di offrire un rinfresco di saluto, ottenendone un prevedibile rifiuto. Garibaldi chiese di essere imbarcato su una nave inglese. Tuttavia era prigioniero e, ovviamente, il permesso gli venne rifiutato.
 
Venne invece imbarcato sulla pirofregata ''[[Duca di Genova (pirofregata)|Duca di Genova]]'', insieme a Menotti, una decina di ufficiali ed i tre medici. Assisteva, dalla tolda della ''Stella d'Italia'', il generale Cialdini incaricato straordinario per la direzione politica e militare della Sicilia e che il 26 agosto, incontrando a [[Napoli]] La Marmora si era riservato anche il comando della zona dove operava Garibaldi. Cialdini non si degnò neppure di salutare il vinto, il che che testimonia l'ostilità con la quale l'avventura era stata accolta dai moderati.
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Sbarcato il 2 settembre nel porto militare della [[La Spezia|Spezia]], il Generale fu destinato al [[Varignano]], un ex-lazzaretto convertito in stabilimento penitenziario, che allora ospitava 250 condannati ai lavori forzati. Venne alloggiato in un'ala della palazzina del comandante del carcere, una stanza per sé e cinque per familiari e visitatori.
 
La ferita più insidiosa era quella al piede destro. La prima relazione medica recitava: “La palla è penetrata a tre linee al di sopra e al davanti del [[malleolo]] interno: la ferita ha una figura triangolare a lembi lacerocontusi del diametro di mezzo pollice circa. Alla parte opposta, mezzo pollice circa al davanti del [[malleolo]] esterno, si avverte un gonfiore che sotto il tatto è resistente...”. Proprio il gonfiore dovuto all'[[artrite]] (che da anni perseguitava il Generale) rese difficile verificare la posizione della pallottola. Né si era certi della sua reale presenza. Essa venne accertata solo a fine ottobre alla Spezia<ref>Tra gli altri fu chiamato a consulto un noto chirurgo e [[Omeopatia|omoepata]] svizzero di [[Schwanden]] del [[Canton Glarona]] di nome Zopfi, che partì per La Spezia domenica 26 ottobre 1862 come riporta la ''Gazette de Lausanne'' in un trafiletto del 30 ottobre 1862 a pagina 2. Successivamente il dott. Zopfi pubblicò una ampia relazione sul ''Glarner-Zeitung'' circa questo storico consulto medico in cui evidenziava come si oppose all'amputazione della gamba ferita a cui lo stesso Garibaldi era fortemente contrario. Il suo consiglio era che lasciando suppurare la ferita l'estrazione della pallotola sarebbe stata facilitata mentre in caso contrario sarebbe stata inglobata nell'osso senza gravi danni per il paziente (''Gazette de Lausanne'' dell'8.11.1862 pag.1).</ref>, e l'estrazione avvenne solo il 23 novembre a Pisa, ad opera del professor [[Ferdinando Zannetti]].
 
Dei circa 3.000 volontari guidati da Garibaldi, solo alcune centinaia riuscirono a fuggire. Vennero arrestati 1&#160;909 garibaldini, riaccompagnati alle loro dimore 232 minorenni, mentre i militi che avevano abbandonati i loro reparti regolari per unirsi a Garibalidi, vennero rinchiusi nelle antiche fortezze [[Regno di Sardegna|sarde]] ([[Alessandria]], [[Vinadio]], [[Forte di Bard|Bard]], [[Forte di Fenestrelle|Fenestrelle]], [[Exilles]], [[Genova]]). Essi (e lo stesso Garibaldi) vennero [[amnistia (diritto italiano)|amnistiati]] alla prima occasione possibile: il matrimonio di [[Maria Pia di Savoia]], figlia di Vittorio Emanuele II con il re del [[Portogallo]] il 5 ottobre [[1862]].
 
Dopo l'amnistia e l'estrazione della pallottola, Garibaldi rientrò a [[Caprera]], da dove non si mosse per i successivi due anni (sino al trionfale viaggio in [[Inghilterra]]). Rientrò in combattimento solo per la [[terza guerra di indipendenza italiana|terza guerra di indipendenza]] guidando una brillante [[Invasione del Trentino (Garibaldi - 1866)|campagna nel Trentino]] culminata nella vittoria di [[Battaglia di Bezzecca|Bezzecca]].