Instrumentum regni: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica
Riga 5:
 
Il più antico di essi fu senz'altro lo storico greco Polibio, che, nelle sue ''[[Storie (Polibio)|Storie]]'', così si esprime:
{{quote|Quella [[superstizione religiosa]] religiosa che presso gli altri uomini è oggetto di biasimo, serve in Roma a mantenere unito lo Stato: la religione è più profondamente radicata e le cerimonie pubbliche e private sono celebrate con maggior pompa che presso ogni altro popolo. Ciò potrebbe suscitare la meraviglia di molti; a me sembra che i Romani abbiano istituito questi usi pensando alla natura del volgo. In una nazione formata da soli sapienti, sarebbe infatti inutile ricorrere a mezzi come questi, ma poiché la moltitudine è per sua natura volubile e soggiace a passioni di ogni genere, a sfrenata avidità, ad ira violenta, non c'è che trattenerla con siffatti apparati e con misteriosi timori. Sono per questo del parere che gli antichi non abbiano introdotto senza ragione presso le moltitudini la fede religiosa e le superstizioni sull'Ade, ma che piuttosto siano stolti coloro che cercano di eliminarle ai nostri giorni.<ref>[[Polibio]], ''[[Storie (Polibio)|Storie]]'', VI 56. Mondadori, Milano, 1970, vol. II, pp. 133-4.</ref>}}</blockquote>
 
Nel [[Rinascimento]] il concetto fu ripreso da [[Niccolò Machiavelli]] nel suo ''[[Il Principe#Concezione della religione a servizio della politica e rapporto con la Chiesa|Principe]]''.