Simposio: differenze tra le versioni

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Veniva fatto girare un recipiente di vino non diluito in modo che ciascuno potesse riempire la propria coppa e berne per poi offrire una [[libagione]] a Dioniso, accompagnata dall'invocazione del suo nome.
A questo punto si cantava un inno al dio, (il ''peana'': si tratta di una forma lirica greca, inizialmente di derivazione dialettale dorica, dedicata alla celebrazione del culto di [[Apollo]] e [[Artemide]]. Il suo uso si diffuse in tutto il mondo greco che lo destinò al culto di tutti gli dei olimpici, per poi estenderlo ad altri usi, come la celebrazione degli uomini illustri. Se ne conosce bene anche l'uso propiziatorio negli istanti che precedevano la battaglia. Nei ''[[I Persiani|Persiani]]'' di [[Eschilo]] (472 a.C.), si descrive l'effetto terrificante prodotto dall'ascolto del «nobile peana», che i persiani udirono levarsi dall'altra parte dello stretto di [[Salamina (isola)|Salamina]]. Lo cantavano i greci, in coro, prima di lanciarsi «in [[Battaglia di Salamina|battaglia]] con cuore intrepido», e solo dopo, a garanzia del buon andamento del simposio, veniva nominato o estratto a sorte con gli astragali, un ''simposiarca'', con il compito di garantirne la riuscita. A lui spettava di stabilire e far osservare le ''regole del gioco'': le proporzioni da rispettare nella miscelazione del vino, la quantità spettante a ciascuno, le regole della festa.
Una regola non convenuta, ma spesso seguita, doveva essere la stessa sana trasgressione delle ''regole'': in tal caso la punizione comminata dal simposiarca era bonaria, spingendosi tuttalpiù a qualche blanda forma di [[penitenza (gioco)|penitenza]] canzonatoria. Il simposio non poteva essere celebrato prima del tramonto; anche se poeti, come Alceo, incitavano a bere sempre, in presenza del sole o meno.