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Il pavimento marmoreo della navata è un progetto del Fanzago. L'architetto non riuscì a portarlo a termine a causa di una violenta controversia con i [[ordine certosino|certosini]], verificatasi nel 1656, che lo spinse ad interrompere ogni rapporto con loro e quindi a lasciare incompiuti molti progetti, che furono però ultimati da [[Bonaventura Presti]], che assunse la direzione dei lavori in tutto il complesso e al quale si deve l'assetto definitivo della chiesa. Il pavimento fu realizzato dal Presti nel 1664-1665 in preziosi marmi policromi, costituendo un grande esempio dell'arte dell'intaglio e della commissione dei marmi; si tratta di una soluzione decorativa che produce un'apparente tridimensionalità e uno straordinario impatto visivo per chi visita la chiesa.
 
 
 
 
In questa sala sono ospitate le [[carrozza|carrozze]] reali: la carrozza degli Eletti, la più antica della Città, e la carrozza di [[Maria Cristina di Savoia]].
 
La carrozza degli Eletti fu realizzata tra la fine del XVII e l'inizio del XVIII secolo per volere del Tribunale di San Lorenzo per trasportare gli Eletti della Città. Essa riveste un ruolo molto importante e emblematico per il popolo partenopeo poiché è stata impiegata nelle più significative parate di Napoli, tra cui quella di Piedigrotta e la Processione del Corpus Domini. Tutte le decorazioni esterne sono nei toni dell'oro e alludono alla tradizione popolare, gli intagli lignei della cassa sono decorati con motivi vegetali o di carattere simbolico e sulla sommità vi è un ornamento in bronzo con elementi floreali, figure allegoriche e gli stemmi di Napoli. Sulle portiere sono stati applicati degli scudi bronzei e dei vasi in lamina metallica decorata, invece gli interni sono in [[velluto]] e [[raso (tessuto)|raso]] e sono probabilmente stati rifatti alla fine del 700 e poi agli inizi dell' 800.
 
La carrozza di Maria Cristina di Savoia fu realizzata nel 1806 per [[Ferdinando I di Borbone]], ma fu quasi certamente utilizzata anche da [[Gioacchino Murat]] nel periodo 1808-1815, quando fu nominato reggente del [[Regno di Napoli]]. Dopo la sua morte fu impiegata dal re [[Ferdinando II delle Due Sicilie]] e dalla sua prima moglie, Maria Cristina di Savoia, per partecipare alle feste civili e religiose; fu quindi costruita per i [[Borbone]] e da loro utilizzata fino alla fine del [[Regno delle Due Sicilie]], e poi con l'[[unità d'Italia]] passò in uso ai [[Casa Savoia|Savoia]].
Presenta delle caratteristiche tipiche della grande tradizione napoletana, la cassa è ricoperta da una lamina di bronzo dorato e tutte le decorazioni e i tessuti sono nei toni dell'oro, le superfici sono adornate con intagli lignei che raffigurano dei motivi allegorici e i simboli del Regno Borbonico, sulla sommità c'è una statua lignea che riproduce i simboli della corona, sostenuta da due angeli.
 
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Nella seconda sala invece, corrispondente alla biblioteca vera e propria, si vede una pavimentazione del 1771 di [[Leonardo Chiaiese]] decorata in [[maiolica]], con la rappresentazione della [[meridiana (indicatore)|meridiana]] a camera oscura di [[Rocco Bovi]]. Questo sofisticato strumento di misurazione del tempo è composto da tre fasce in bronzo, su cui sono intagliate alcune informazioni calendariali, astronomiche e geometriche molto precise, incorniciate da lastre di [[marmo]] e riggiole. Il [[foro gnomonico]] è collocato sulla piattabanda del finestrone, e da esso entrano i raggi solari, che indicano il mezzogiorno in ogni giorno dell'anno e la cui direzione si modifica costantemente; essi costituiscono una piccola [[ellisse|ellissi]], la cui forma varia in base al periodo dell'anno: è più piccola e stretta quando c'è il [[solstizio]] estivo e più grande e lunga con il solstizio invernale. La striscia centrale inizia con una punta arrotondata e sotto la finestra della sala si trova un gradino in pietra su cui è incisa la scritta CAR, simbolo delle [[certosa|certose]] e termine che proviene da Carthusia, poi vi è la scritta PERPENDICULI PARTES DECEM MILLESIMI che concerne la scala ticonica inferiore che è stata suddivisa in cento parti uguali. La meridiana è affiancata da due [[rosa dei venti|rose dei venti]] e su di essa sono rappresentati alcuni [[pianeti]], in ordine partendo da sud: [[Mercurio]], [[Luna]], [[Venere]], [[Saturno]], [[Marte]], [[Giove]]; inoltre sono incise anche sette ellissi che raffigurano il [[sole]] in specifici momenti dell'anno e sulla fascia centrale si leggono delle piccole scritte che si riferiscono a località geografiche, cioè villaggi, paesi e fiumi che sono situati lungo il [[meridiano]] terrestre che attraversa la Città, infine vi sono rappresentate le [[costellazioni]] che passano per il meridiano di Napoli e un calendario ispirato a quello Gregoriano.
 
 
 
 
Nel chiostro grande, lungo la facciata est, sono collocati anche due quadranti di forma circolare, un orologio meccanico e un orologio solare: si tratta di un abbinamento che era molto frequente nella parte esterna di torri municipali, [[campanile|campanili]] e [[monastero|monasteri]]. Sul lato destro della facciata si trova un orologio meccanico a sei ore, con una sola lancetta a forma di chiocciola, che suggerisce le ore dalla I alla VI, e ha la funzione di indicare le ore italiche, il cui calcolo comincia al tramonto e si conteggiano ventiquattro ore fino al seguente crepuscolo. Sul lato sinistro è situato un quadrante solare verticale di cui si è conservato unicamente l'ortostilo, poiché le linee delle ore sono state cancellate dagli agenti atmosferici. La punta dello [[gnomone]] è esposta ai raggi provenienti da est, sud-est e sud quindi l'ortostilo può proiettare la sua ombra dall'alba a mezzogiorno e resta inoperoso nelle ore pomeridiane, però non è possibile decretare con sicurezza se il sistema orario fosse quello italico oppure quello ad usum campanae. L'orologio aveva l'importante scopo di scandire il tempo dei certosini, favorire le attività di preghiera contemplate dalla regola e controllare il simmetrico orologio a sei ore.